Aspettando Hamsik

Il "timido" Marek e la sua eterna battaglia per consacrarsi trascinatore nella città, Napoli, di cui sposa tutte le sfaccettature

Marek Hamsik era in panchina a Kiev, come allo Juventus Stadium, mentre è stato impalpabile e bellissimo allo stesso tempo nei 90 minuti contro la Lazio. Il finale di campionato del Napoli è scivolato in bilico tra trionfo e disfatta. Ha vissuto slanci di speranza quando il suo capitano ha acceso la luce nelle tenebre di una squadra in confusione. È precipitato nel vuoto quando lo slovacco è finito ai margini. La stagione passa agli archivi nella generale amarezza dei tifosi, che hanno visto tutti gli obiettivi sfumare a un passo dal traguardo. Per il club e per lo slovacco si pone ora la stessa domanda: vogliono conoscere davvero la gloria, o preferiscono rimanere ai limiti del grande calcio?

È tempo che si risolva questo interrogativo. Il teatro è in tre atti, l’epica è in tre atti, anche il cinema è spesso in tre atti. Marek Hamsik s’è fermato da tempo al confine tra seconda e ultima partitura della sua carriera: è stato giovane di luminosissime prospettive (atto I), poi vertice di basso di un terzetto da sogno (atto II), ora che è al culmine della maturità si aspetta di capire che giocatore voglia diventare. Se un campione definitivo o una definitiva occasione mancata.

Francesco Pecoraro/Getty Images
Francesco Pecoraro/Getty Images

La pretesa dei tifosi napoletani di vedere il capitano titolare negli ultimi match clou non era ispirata dal semplice affetto, ma dai valori del campo. La stagione degli azzurri sembrava già finita a metà aprile. La sconfitta di campionato a Roma pareva chiudere la questione Champions, quella casalinga con la Lazio sanciva l’eliminazione dalla Coppa Italia, lo scontro alle porte con il Wolfsburg in Europa League sembrava fuori portata per una squadra in crisi di risultati. Se Rafa Benitez è arrivato invece a un soffio dalla finale di Europa League e ha sperato fino all’ultimo in un piazzamento nell’Europa che conta, lo deve anche (non solo, ma soprattutto) a Marek Hamsik. Tornato, dopo un lungo periodo di spaesamento più personale che tattico, ai suoi migliori livelli.

Il 27enne di Banska Bystrica ha eguagliato il suo record di marcature stagionali: 13, come nel 2010-2011. In totale con la maglia azzurra ne ha realizzate 102 (più 82 assist) in 430 gare ufficiali. Hamsik non è solo un centrocampista decisivo sotto porta, ma anche un giocatore abituato a legare i suoi gol alle partite dal forte valore simbolico. Sua, ad esempio, la doppietta alla Volkswagen-Arena che metteva in cassaforte i quarti di Europa League. La prima volta che ha messo piede al San Paolo, nel dicembre 2006, quando era ancora un prospetto del Brescia in odore di trasferimento al Napoli, ha segnato. La prima volta che ci ha giocato con la maglia azzurra, una sfida di Coppa Italia dell’agosto 2007, pure. La prima vittoria casalinga degli azzurri in un torneo Uefa dopo tre lustri di assenza dai palcoscenici continentali (Napoli-Panionios, Intertoto 2008-2009) porta la sua firma. Ha marcato contro tutte le big della Serie A. Ha segnato in tutte le competizioni in cui ha giocato. Ha siglato il raddoppio nello scontro diretto di Villareal che è valso il superamento del “girone della morte” nella Champions League del 2011-2012 e messo il suo nome in calce al tabellino marcatori della finale di Coppa Italia dello stesso anno, il primo titolo vinto dal club nella gestione De Laurentiis. Non c‘è momento felice della storia recente degli azzurri, in pratica, in cui non spicchi la cresta dello slovacco.

Wolfsburg-Napoli 1-4, Hamsik è protagonista di una doppietta

Hamsik veste la maglia del Napoli da 8 anni. Si può definire una bandiera della squadra e un riferimento del pubblico, che quando è irrequieto fischia gli undici in campo: ha fischiato Lavezzi, ha fischiato Cavani, ha fischiato Insigne, ma non si è mai accanito su di lui. Eppure si è arrivati a metterne in discussione la permanenza. Nell’ultimo anno e mezzo qualcosa si è inceppato e il centrocampista slovacco ha fluttuato a lungo al di sotto delle sue possibilità. Molti hanno ricondotto la sua crisi personale a questioni tattiche relative alla posizione in campo nel 4-2-3-1 di Benitez: «Troppo schiacciato sulla prima punta: gioca spalle alla porta e non ha lo spazio per gli inserimenti», la sintesi dell’argomentazione. Altri aggiungono l’influenza dell’infortunio dell’autunno del 2013, il primo di una certa rilevanza della sua carriera, che lo ha costretto due mesi lontano dai campi e quattro senza segnare. Ma la principale ragione dell’involuzione, con ogni probabilità, va cercata nel suo carattere.

Ne “L’uomo in più”, film d’esordio di Paolo Sorrentino, Antonio Pisapia è un difensore che ha appena appeso gli scarpini al chiodo. Ospite di un salotto televisivo spiega così le sue difficoltà d’ambientamento nel calcio in mutazione degli anni 80: «I timidi decidono di fare i difensori, si nascondono dietro gli attaccanti e passano inosservati. Questo fino a quando c’è stata la marcatura a uomo. Da quando è stata introdotta quella a zona per i timidi non c’è più spazio: bisogna farsi vedere. E io questo non l’ho mai saputo fare». Ecco, Hamsik non è uno stopper e il discorso di Pisapia gli si confà fino a un certo punto. Ma è un timido, e il vero appuntamento che fin qui ha mancato è la presa del centro della scena.

Quando è arrivato a Napoli, lo slovacco nel volitivo ensemble di Reja era sì protagonista, ma non il principale: le prime donne erano Lavezzi e Gargano, mentre altrettanto importante era la vecchia guardia della risalita in A (Bogliacino, Iezzo, Grava, Cannavaro). Nell’epopea mazzarriana dei “Tre Tenori” formava con il Pocho e con Edinson Cavani una formidabile triarchia, nella quale però viveva all’ombra dei due colossi sudamericani. Quando il top player argentino è volato a Parigi, Hamsik ha disputato forse la sua migliore stagione, ma pur sempre in coreggenza con il Matador. Poi anche il numero 7 uruguaiano è decollato alla volta della capitale francese, Walter Mazzarri ha fatto le valigie per Milano e Paolo Cannavaro, fin lì capitano e titolare indiscusso, è stato messo gradualmente alla porta. Al nastro di partenza del campionato 2013-2014 allo slovacco, che fino a quel momento era stato ottimo colonnello ma mai generale, era richiesto di caricarsi sulle spalle la storia della squadra e le sue ambizioni. Di farsi rappresentante della sua identità. Non ci è riuscito.

Tutti i 90 gol segnati da Hamsik con il Napoli

Non è troppo tardi. Napoli è una città verticale, dove nello stesso quartiere, spesso nello stesso palazzo, convivono tutte le classi sociali. Il critico lucano Beniamino Placido parlava di due popoli che vivono lo stesso territorio: gli anglo-napoletani e i turco-napoletani (è chiaro dove collocasse la distinzione). Hamsik incarna perfettamente entrambe le anime. La sua biografia, scritta dal decano del giornalismo sportivo Mimmo Carratelli, si intitola “Il Principe Azzurro” (Ultra Sport edizioni), in riferimento proprio all’eleganza dei suoi modi e al suo portamento signorile. Ma i tatuaggi, il gusto in fatto di look e di musica mettono il centrocampista slovacco in contatto con la parte popolare della città. Hamsik è allo stesso tempo il Vomero e Forcella.

In un’intervista al Guerin Sportivo del giugno 2013 lo slovacco non si dice pentito del fallimento della trattativa che due anni prima l’avrebbe potuto portare al Milan: «Io a Napoli ci sto benissimo – le sue parole –. La gente mi vuole bene e mi apprezza per quello che sono. Ho un grande desiderio in fondo al cuore: entrare nella storia del Napoli». La storia, appunto. L’obiettivo è ancora alla portata. Malgrado il mini-ciclo Benitez sia andato parzialmente a vuoto, di tempo perché la squadra campana da crisalide si trasformi in farfalla capace di correre per la vittoria in Italia e in Europa ce n’è ancora. Dipende dalla volontà di alzare la posta in palio del presidente De Laurentiis, che non pare voler abdicare dalle proprie ambizioni, e dalle idee dello slovacco, che non vuole cambiar aria. Aspettiamo il terzo atto. Il Napoli ha bisogno di Hamsik, e Hamsik ha bisogno del Napoli.

 

Nell’immagine in evidenza, l’esultanza di Hamsik contro la sua vecchia squadra, lo Slovan Bratislava. Francesco Pecoraro/Getty Images