Alle porte dell’Impero

In Francia, dietro l'inarrivabile Psg, ci sono due piccole realtà che stanno sbalordendo: Angers e Caen. Pur con filosofie di gioco opposte, reggeranno fino a fine stagione?

Il piatto della Ligue 1 è da anni, ormai, una portata di cui pare potersi cibare soltanto il cannibale Psg. Dal momento dell’innesto di capitali qatarioti all’interno del flusso monetario parigino, la squadra della capitale ha letteralmente fagocitato qualsiasi traguardo possibile sul terreno d’oltralpe. Fatta eccezione per il campionato 2011/12, vinto dal Montpellier di René Girard, nulla è più accaduto in testa alla Ligue 1 da 3 anni a questa parte. Il campionato francese si specchia ogni anno in questa autocrazia alimentata dal Qatar Investment Authority. Una forma di governo totale che ha posto i parigini al centro dell’universo francese; allontanandoli dai tempi in cui la società vivacchiava, placida e bohémien, grazie alla linfa vagamente arty del duo Hechter / Belmondo: una coppia a cui avremmo pensato al massimo per la copertina di una rivista patinata, mentre sorridenti espongono i propri corpi tremanti al sole della Costa Azzurra.

Dal 2011 le uniche fonti di interesse sembrano essere diventate le posizioni appena precedenti a quella dei campioni designati. Unico anfratto di classifica in cui incontrare piccole storie; storie che raccontano di una calcio che tenta di tenere il passo dei colossi nonostante la disparità di bilanci ed investimenti. Alle porte dell’Impero si affacciano quest’anno due realtà dal sostrato che racconta, per ognuna di esse, una storia differente.

ANGERS: Gli angioini della Loira

Angers è una città di circa 150.000 abitanti situata nella Francia occidentale. Posta a circa 300 km a sud-ovest della capitale Parigi,  porta con sé i segni di una storia che è tutt’altro che subordinata all’attività del cuore pulsante di Francia. Capoluogo del dipartimento del Maine e Loira, Angers nasce colonia romana e luogo da cui si sviluppa la dinastia di quei d’Angiò che metteranno radici anche nel regno di Napoli. I fratelli Fortin, nel 1919, sono gli amministratori della banca Crédit de l’Ouest: da qui, il 10 ottobre di quell’anno, decidono di fondare lo Sporting Club du Crédit de l’Ouest – da cui lo SCO, Sporting Club de l’Ouest, in calce al nome della formazione. Nove giorni più tardi la squadra viene battuta 2 a 1 nel suo primo match ufficiale dallo Stade Nantais U.C.

Lo Sporting Club de l’Ouest diventa club professionistico durante la Liberazione, ospitando tra le proprie fila un giovanissimo Raymond Kopa, futuro Pallone d’Oro nel ’58. I massimi risultati sportivi degli angioini, fino ad ora, sono rappresentati da una semifinale di Coppa di Francia 2013-14 – sconfitti dal Rennes – e due gare di Coppa Uefa stagione 1972-1973. Certo nulla di trascendentale.

L’Angers si trova oggi, a 22 anni dall’ultima volta, in Ligue 1. Esattamente al secondo posto della D1 dopo aver battuto sabato scorso il Lione allo Stade de Gerland, le Scoïstes sono alle spalle degli antropofagi parigini. È tornato nell’élite del calcio francese grazie al lavoro del presidente Saïd Chabane, un semifatalista: «Il club deve assumersi delle responsabilità: non possiamo più contare sul governo per continuare a finanziarci. Dobbiamo prendere il nostro destino in mano e  creare risorse sostenibili. Dobbiamo essere in linea con i tempi… dobbiamo accettarlo, trovare nuovi prodotti che interessino i nostri attuali o altri partner che il nostro modello ad oggi non tocca». I modelli a cui guardare secondo il presidente sono ancora quelli francesi. In particolare Lione e Lorient: «Chi non ammira il lavoro che ha fatto Jean-Michel Aulas a Lione? E chi non vorrebbe seguire il percorso di questi 29 anni? Ma è il Lorient il modello di business più vicino a noi. Hanno capacità uniche nel trovare un equilibrio finanziario e sportivo. Noi non dobbiamo cercare di emulare Lione che ha potenzialità economiche più grandi delle nostre!».

22 maggio 2015: ad Angers si festeggia prima, durante e dopo la vittoria per 3 a 0 contro il Nîmes Olympique. Lo SCO è tornato in Ligue1

Con uno dei fatturati più risibili della Ligue1, una rosa dal valore totale di appena 18 milioni di euro e un mercato fatto di soli acquisti a parametro zero – con annessa cessione di Jonathan Kodjia, secondo miglior marcatore della corsa Ligue 2, al Bristol City -, la mission dell’Angers è più che cristallina: il bilancio in attivo prima di ogni altra cosa.

In molti davano ad inizio anno l’Angers come seria candidata alla istantanea retrocessione in Ligue 2. Con un mercato fatto di soli svincolati, una base formata da una squadra arrivata terza in Ligue 2 l’anno precedente, era scontato per molti vedere nell’Angers di Moulin una vittima sacrificale all’altare della competizione francese.

Stéphane Moulin, allenatore dell’Angers dal 2011 ed ex centrocampista arrivato nella città affacciata sulla Loira nel lontano 1984, si è trovato a dover necessariamente ripartire dalle piccole certezze che una situazione del genere può donare. Si è affidato ad una delle migliori difese della scorsa Ligue 2 (solo 30 reti subite in 38 gare), ha costruito lo spirito della propria squadra sui vari Saïss, Ketkeophomphone e Cheikh Ndoye – un nugolo di pretoriani appena sbarcati ad Angers a costo zero -, prediligendo una formazione dal baricentro basso ed improntata sulla difesa del risultato, sfruttando di sovente la qualità aerea dei proprio uomini.

L’Angers non è una squadra spettacolare: ultima per possesso palla – che viene lasciato sempre a disposizione degli avversari, costretti costantemente a proporre tentativi atti a scardinare le cinta murarie innalzate dagli uomini di Moulin. L’Angers lascia sfogare l’avversario per poi approfittare delle abilità aeree dei propri uomini – ben 9 reti sono state realizzate da sviluppi di calcio piazzato, oltre il 50% del totale di squadra. Cheikh Ndoye, arrivato in estate dal Creteil e divenuto istantaneamente capitano degli angioini, è il pericolo principale per gli avversari quando si apprestano ad affrontare i set piece degli uomini di Moulin: con 5 reti, il ventinovenne centrocampista senegalese è il miglior marcatore della squadra.

La vittoria per 2-0 sul Lione.

Lo 0 a 0 casalingo contro gli uomini di Laurent Blanc ben evidenzia l’approccio dell’Angers alla D1. Allo Stade Jean Bouin si affrontavano le due migliori difese del campionato, rispettivamente 8 (Psg) e 9 (Angers) reti subite: lo zero a zero era quindi prevedibile? Si, ma questo implicherebbe un approccio che tenga conto soltanto dei numeri e non dello squilibrio palese tra forze in campo. Un’armata invincibile da 26 gare di fila con almeno una rete segnata che attacca un piccolo villaggio indifeso: il risultato finale assume, quindi, tutta un’altra prospettiva anche in termini di previsioni pregresse.

Il tecnico della formazione angioina ha preparato il match senza pensare eccessivamente all’avversario, ma piuttosto, cercando di portare i propri uomini a concentrarsi su se stessi. Con Ketkeophomphone schierato nel ruolo di unica punta e un centrocampo a 5, l’ Angers ha chiuso con perizia ogni possibile fonte di gioco degli uomini di Blanc.  La difesa non è passiva e limitata alla propria metà campo, ma, piuttosto, tende ad avanzare verso l’avversario. Lo SCO non vuole portare gli avversari sui lati, aiutandosi nel recupero della palla con la linea di fondo, ma il contrario: l’idea di base è rappresentata dal portare gli avversari all’interno del gioco per poi poterli aggredire. La gara con il PSG si è chiusa con il 75% di possesso palla a favore degli uomini di Blanc. Questi ultimi hanno avuto l’89% di passaggi riusciti a fronte del 67% dei ragazzi di Moulin, questo a dimostrazione di come la perfezione difensiva dell’Angers non venga sempre supportata da un’ altrettanto riuscita precisione nell’appoggio al compagno.

Lo 0-0 dell’Angers contro il Psg.

È difficile dire dove sarà da qui a fine Ligue 1 questa piccola realtà del calcio transalpino. Restare nelle zone alte della classifica pare un’impresa abnorme ma che, se realizzata, iscriverebbe di fatto i dirigenti dell’Angers e il tecnico Moulin in quell’universo stellato e scintillante in cui vivono i miracoli sportivi. Lo SCO potrà puntare ancora su un’organizzazione tattica esemplare, indipendente dagli interpreti in campo, e su una difesa tra le meno battute d’Europa: meglio hanno fatto soltanto Atletico Madrid e Psg (con 11 gare senza subire gol dall’inizio della Ligue1 l’Angers è primo in questa speciale classifica).

 

CAEN: Calvados e poeti

Lo Stade Malherbe Caen Calvados Basse-Normandie porta all’interno del proprio nome tutte le caratteristiche del territorio su cui si sviluppa la storia del club: François de Malherbe (a cui è dedicato anche il nome dello stadio), poeta di corte presso Enrico IV, e il Calvados, il distillato invecchiato in querce normanne, che solo grazie allo scorrere parsimonioso del tempo acquista il proprio tono ambrato. L’S.M. Caen 1913 – abbreviazione del nome originale – rappresenta il club della bassa Normandia che, insieme all’Angers, sta portando una ventata di novità tra le posizioni di testa del calcio francese.

Il Caen si è affacciato al professionismo soltanto a partire dal 1934-38, ma è dal dopoguerra che riesce a rimanere saldamente nel calcio che conta. La storia recente del club ha vissuto su di una dicotomica alternanza tra Inferno e Paradiso. Ligue 2 e Ligue 1. Dopo l’ennesima retrocessione in D2, il Caen è riuscito a risalire nella massima divisione nella stagione 2013/14: proprio nell’anno del centenario del club. Appena ritornati in massima serie, dopo pochi mesi, la situazione appariva perfettamente coerente con la storia recente del club. Nemmeno il tempo di festeggiare la promozione che a Natale il Caen pare spacciato: nonostante un calcio attraente è tra le candidate più serie al ritorno in Ligue 2.

Il Caen in Ligue 1.

Un anno fa, prima del risveglio repentino, lo scenario prospettato ai tifosi del Caen era quantomeno desolante. Ultimi in Ligue 1 con soli 15 punti in 19 partite e coinvolti in un’indagine di partite truccate a causa dell’ 1-1 contro il Nimes nella penultima partita della stagione 2013-14. Alla luce di tale pregresso il 2015 della formazione normanna – forse il migliore nella storia del club – assume i contorni di un sogno selvaggio, una fase REM in cui la donna più avvenente del pianeta decide di andare a letto proprio con te. Pensando al terzo posto della formazione di Patrice Garande si esce dalla sfera del ponderabile e del razionale per ricadere in quella, più attraente, del non conforme alla ragione.

Se confrontato con altri overachievement ottenuti da altre realtà in giro per l’Europa, quella di Angers e Caen (che questa settimana si sono scambiati la posizione in classifica), appare ancor più notevole di quella, ad esempio, del Leicester in Premier. Soprattutto se consideriamo il potere di spesa del proprietario dei Foxes. Come per i diretti rivali nella corsa al titolo di runner up della lega, anche i normanni riportano uno  dei fatturati più ristretti della lega: appena 25 milioni di euro. Dopo che a marzo scorso il Caen è stato assolto dal reato di illecito sportivo, le cose hanno preso a migliorare anche sul terreno di gioco.

La gara della svolta?

Si potrebbe individuare il turning point dei rossoblù nel 4-1 sul Reims nel mese di gennaio scorso: da lì, il Caen si è tramutato in una implacabile macchina da gol. Sei vittorie in sette partite, con 20 gol segnati, hanno aiutato il club a risalire verso una ben più accogliente metà classifica. 54 reti totali realizzate e un atteggiamento e stile di gioco riconoscibili, hanno fruttato più del doppio dei punti accumulati nella prima parte di stagione. Gran parte dei meriti di un 2015 tanto imponente sono da attribuire a Patrice Garande.

Per Garande, il calcio votato all’attacco è qualcosa di immanente. Una caratteristica che gli aderisce alla pelle come un marchio, da ex attaccante non può che specchiarsi continuamente nel se stesso di un tempo passato. Forse sottovalutato durante la propria carriera – cresciuto nell’academy del Saint Etienne –, dopo una parentesi con l’Asse da cui partì a causa dell’arrivo di Michel Platini, è ad Auxerre che è esploso. Il futuro lo ha costruito insieme a Guy Roux, l’uomo passato alla storia per essere rimasto sulla panchina dell’A.J. per oltre 40 anni. Con Roux alla guida, Garande diventa nel 1983-84 il più giovane capocannoniere della Ligue 1 con 21 gol. Nonostante abbia vinto un torneo olimpico nel 1984, con la nazionale francese conta soltanto una presenza.

Tocco sotto sul portiere in uscita, gran colpo di testa e fiuto all’interno dell’area di rigore. Il Garande calciatore sapeva come segnare.

«Con Roux nulla era stato lasciato al caso. Ha sempre avuto cura di tutto, e la sua etica del lavoro mi ha influenzato enormemente», ha detto Garande nel 2013 quando il Caen era ancora in Ligue 2. Dopo aver girovagato ancora tra Nantes, St. Etienne, Lens, Montpellier, Le Havre e Sochaux, Garande ha trascorso sette anni come assistente a Caen prima di essere promosso, all’età di 51 al posto di Franck Dumas. Come un ottimo Calvados invecchiato bene prima di essere aperto, sprigionando così tutti gli aromi migliori.

Il Caen è una squadra tra le più corrette della D1. Come per l’Angers lascia l’iniziativa agli avversari – il dato medio (42,6% di possesso palla) è il più basso riportato, e anche per quanto riguarda la qualità dei passaggi è ultimo con un percentage poco incoraggiante. La squadra di Garande primeggia per duelli aerei vinti, nei tackle per gara ha uno score positivo e concede relativamente poche possibilità di calcio agli avversari – il dato aumenta sensibilmente per i tiri da fuori.

Il Caen impressiona in particolare per i cross effettuati, dato in cui risulta in testa alle statistiche con una media di 26 per gara. L’obiettivo degli uomini di Garande è servire al meglio Andy Delort, un toro di 1,82 cm, per cui sono già stati spesi paragoni importanti con Papin e Tévez. Il paragone con Tévez, per quanto esagerato, appare più calzante: certo il francese non ha la fantasia disequilibrante dell’Apache, ma ne condivide una certa fisicità densa e lo spirito di sacrificio anche in fase di ripiegamento. Appena tornato in Francia dopo una parentesi al Wigan, Delort, con 6 reti, è il miglior marcatore degli uomini di Garande.

Delort in immagini.

È complesso poter dire se lo Stade Malherbe Caen di oggi giochi un calcio poetico: di certo gioca un calcio efficace, fatto d’attesa e ripartenze iper-dinamiche. Ai tifosi del Caen piace dire che “(sono) un gruppo di poeti”, e questo segna in qualche modo lo spirito con cui viene, se non giocato, almeno vissuto il calcio in Normandia.

Da qui alla conclusione della Ligue 1, Angers e Caen potrebbero pagare lo scotto dell’ overperforming che sta facendo da trait d’union alla stagione di entrambe. Nel caso la classifica finale dovesse vederle ancora lì in alto, si instaurerebbe un processo ucronico per cui il tempo potrebbe smettere di apparire per quello che è. La storia prenderebbe  riscriversi assumendo i tratti sfumati di una visione difficilmente ripetibile.