La working class al potere

Gaffe, polemiche, liti: Alan Pardew era l'allenatore più odiato d'Inghilterra, oggi con il Crystal Palace si gioca la Fa Cup. E Ancelotti lo vota per il post Hodgson.

Se tutto fosse andato come avrebbe dovuto, Alan Pardew sarebbe stato un ottimo vetraio con un ampio bouquet di clienti nella Greater London. Quando era giovane apprendista, nella seconda metà degli anni Settanta, giocava da centrocampista con poca tecnica tra i dilettanti inglesi; poi è cresciuto fino ad arrivare in Football League, conquistata a ventisei anni grazie al Crystal Palace. Siede in panchina da fine secolo e in oltre quindici anni di carriera, al netto di qualche promozione, buone salvezze e una finale di FA Cup persa con il West Ham, non ha fatto niente altro. Ma uno che ama il calcio come Carlo Ancelotti lo ha definito «un ottimo allenatore: il miglior candidato per guidare la nazionale inglese dopo Roy Hodgson».

Nel gennaio del 2015 ha riavvolto il nastro della sua carriera ed è tornato – quasi – al punto di partenza. Il Crystal Palace è in piena zona retrocessione e chiama quello che è l’allenatore del Newcastle per cercare una disperata salvezza. Ai bianconeri del Nord vanno 3,5 milioni di sterline come conguaglio e Steve Parish, l’uomo immagine del consorzio che dal 2010 ha la proprietà del Crystal Palace, spiega che erano alla ricerca di «un manager che avesse avuto buoni risultati e con una grande esperienza in Premier League: Alan ha entrambe le qualità. In più è molto legato a questo club e condivide la mia voglia di far fare un salto di qualità alla squadra». Il Palace mette in fila una serie di vittorie che a fine stagione faranno salire la squadra fino al decimo posto, il suo miglior risultato da quando esiste la Premier League. Il debutto da coach degli Eagles è in casa, in uno dei tanti derby londinesi: contro il Tottenham, il Palace vince due a uno in rimonta. Pardew è accolto dai tifosi da top-manager, ma nel primo tempo la squadra non gira, come ammetterà lui stesso a fine partita. Al 49esimo Harry Kane porta avanti gli altri, ma il nuovo Palace spinge, pareggia su rigore e chiude la partita all’ottantesimo: quel giorno Pardew diventerà l’allenatore ad aver conquistato più punti in campionato partendo da una posizione di svantaggio. Il Selhurst Park si esalta.

Il debutto sulla panchina degli Eagles: 2-1 al Tottenham.

Nel suo ambiente e con tre anni di contratto, Pardew si siede in panchina nella stagione 2015-2016 sapendo di poter andare avanti con serenità. A dicembre è in lotta per una qualificazione in Europa e, se non fosse per la stagione da sogno che vive il Leicester di Claudio Ranieri, la vera sorpresa della Premier sarebbero gli Eagles. La squadra vale 121 milioni di euro, ma riesce a battere fuori casa sia il Chelsea sia il Liverpool già rigenerato da Jurgen Klopp, che fino ad allora non aveva mai perso in Inghilterra. «Abbiamo affrontato il Manchester United in punta di piedi e abbiamo pareggiato – ha detto Pardew dopo la vittoria ad Anfield – siamo venuti qui sempre in punta di piedi e abbiamo vinto». È l’8 novembre: Wilfried Zaha è il man of the match scelto dalla Bbc, anche se a segnare sono l’atipico dieci Yannik Bolasie e il centrale Scott Dann che chiude tutto all’82esimo. Finisce due a uno.

Stoke City v Crystal Palace - Premier League«Nella tradizione di questo football club – ha spiegato Pardew a “Men in Blazers”, fortunata trasmissione radiofonica statunitense dedicata al calcio – ci sono calciatori che vengono dalla working class, cresciuti in un ambiente difficile. Noi giochiamo quel calcio di strada che loro sanno fare e non smetteremo mai di mettere in campo gente come Zalah, Bolaise e Sako perché questo siamo noi: nella storia, abbiamo lanciato delle ali che provenivano da un ethnic background, che volevano mostrare al mondo le loro capacità. È questo il calciatore-tipo che mi piace e sono questi quelli che avremo in squadra fino a quando ci sarò io qui».

Lee Richardson è un suo grande amico, compagno di squadra ai tempi dei dilettanti e osservatore personale quando Pardew allenava il West Ham, a metà del primo decennio del Duemila. Quando prova a spiegare cosa ci sia di diverso in Pardew rispetto agli altri manager della Premier League, Richardson si affida al senso della realtà che gli è rimasto appiccicato addosso da quando, ragazzino, giocava a pallone solo nel tempo libero: «Alan sa – dice – cosa significhi essere su un’impalcatura alle sette della mattina». Questo senso di realtà, mischiato con il sacrificio, le fredde critiche e i pregiudizi, ha forgiato l’uomo che in quindici anni di carriera ha saputo combattere dalla panchina: «Adesso – ha detto Richardson – è meticoloso in qualsiasi cosa faccia e come manager non è secondo a nessuno. Ha imparato tanto vivendo nel mondo reale e non soltanto nel Paese delle meraviglie del calcio». Si racconta che quando nel 2006 raggiunse la finale di FA Cup con il West Ham – persa ai rigori contro il Liverpool dopo un 3 a 3 in campo – abbia festeggiato con gli amici di sempre seduto al bancone di un pub, come un uomo qualunque.

A un soffio dalla Fa Cup con il West Ham, persa nel 2006 contro il Liverpool ai rigori.

Quando arrivò a guidare gli Hammers nel 2003 non fu accolto con grande entusiasmo da tifosi e squadra. C’è chi ricorda i giorni difficili, superati anche grazie all’arguzia e «al senso dell’humour tagliente» di Pardew. «Credo che i tifosi del West Ham – ha spiegato in passato l’attuale tecnico del Crystal Palace – non mi conoscessero e non fossero per niente legati a me: il mio errore è stato quello di non dialogare con la stampa, questo ha ovviamente attirato tante nuove critiche». La società gli piazzò al suo fianco un esperto di media che avrebbe dovuto aiutarlo nella comunicazione. In quei giorni anche la pacata Bbc scrisse: «Con i giocatori può anche non esserci un miglior comunicatore di Pardew. In pubblico e con i media, resta un animale pericoloso e solitario».

Liverpool v Crystal Palace - Premier LeagueDi fatto, Pardew è un gaffeur. Nel 2006 rispose ad Arsene Wenger che lo accusava velatamente di xenofobia. L’Arsenal aveva eliminato il Real Madrid agli ottavi di Champions League senza schierare, tra andata e ritorno, nemmeno un giocatore inglese – tanto meno britannico: «Così – disse Pardew – noi perdiamo l’anima del nostro football, i calciatori inglesi». Wenger, piccato, spiegò che l’obiettivo degli allenatori è quello di «buttar fuori il razzismo dal mondo del calcio: sento la responsabilità di mantenere viva la tradizione di questo club, fondato sui valori e non certo sui passaporti», disse il tecnico francese. Tra i due le polemiche continuarono nei mesi successivi e, quando si sfidarono in campo, Wenger si rifiutò di stringere la mano al coach del West Ham per un gol fin troppo festeggiato.

Javier Mascherano lo odia. Il centrocampista argentino arrivò all’Upton Park insieme a Carlos Tévez nel 2006, dopo l’ottimo mondiale giocato da titolare inamovibile con la sua nazionale in Germania. Un gran colpo di mercato probabilmente non apprezzato dal mister: gioca sette partite tra Premier League e coppa Uefa. «È frustrante arrivare dopo un Mondiale e il tuo tecnico ti chiede: “Tu che in ruolo giochi?”», ha raccontato Mascherano in una recente intervista alla Gazzetta dello Sport nella quale ringrazia Rafa Benitez per averlo «tirato fuori da un pozzo nero profondo 20 metri» chiamato Alan Pardew. Tra i suoi “nemici” anche Manuel Pellegrini, allenatore del Manchester City. Nel gennaio del 2014, quando Pardew lavorava a Newcastle, a fine partita le telecamere, in attesa della pacifica stretta di mano, ripresero il dialogo tra i due chiuso da Pardew che definisce il suo rivale «a fucking old cunt» (un fottuto vecchio stronzo, ndr) al termine di una sconfitta evidentemente mal digerita. «Chiedo scusa al 100% per quello che ho detto: a caldo diciamo parole che noi allenatori usiamo sempre. Dovevo chiedergli scusa e per fortuna ha accettato».

La vittoria in semifinale contro il Watford

I tifosi del Newcastle, alcuni mesi prima che un amore mai sbocciato naufragasse, raccolsero sul sito sackpardew.com le gaffe e le scuse che Pardew aveva collezionato nei quattro anni in bianconero per chiedere al patron Mike Ashley l’esonero: «Ti chiediamo di licenziare Alan Pardew e di individuare la persona più adatta in maniera trasparente il prima possibile». A pesare sul giudizio complessivo più dei risultati in Premier League – piuttosto in linea con il valore della rosa, con una qualificazione in Europa League dopo sette anni – furono le prestazioni nei derby contro il Sunderland. In nove stracittadine il suo score è di una sola vittoria, tre pareggi e cinque sconfitte. Tredici i gol subiti e cinque quelli segnati; 0,6 è la media punti, quando pre-Pardew ogni partita valeva 1,76. «Credetemi, in passato il derby Tyne-Wear è stato un evento sportivo locale: a Londra nessuno si è mai interessato a questa partita», disse dopo un pareggio acciuffato da Shola Ameobi contro il Sunderland nel 2012.

Nella Premier League appena conclusa, è stato il migliore degli allenatori inglesi. Ancelotti, nella sua intervista al The Independent, lo ha sponsorizzato per la nazionale, ma non solo: «Pardew – ha detto – è veramente bravo. Ha fatto un ottimo lavoro al Newcastle e sta facendo molto bene al Crystal Palace. Al momento, è uno dei migliori d’Inghilterra». Da quando è in panchina è sempre stata una promessa, ma teme che gli anni trascorsi senza successi lo debbano condannare a chiudere la sua carriera nella seconda metà della classifica. Nei primi anni Duemila, quando già si vedevano i limiti del suo carattere, la Bbc disse che lui e David Moyes – che è sì britannico, ma scozzese – sarebbero potuti diventare due icone nel futuro del football british. Se in più di dieci anni questo non è ancora successo è perché Pardew ha fatto di pregi e difetti un’unica cosa: essere l’uomo qualunque, che festeggia la finale al pub e ricerca il calcio di strada nel suo Palace, fa di lui un personaggio atipico nel calcio moderno, ma lo relega nella periferia dell’impero.

Newcastle United v Hull City - Premier League

Chi giocava con lui nei dilettanti spiega che, «per essere onesti, nessuno credeva potesse avere successo, soprattutto come manager. Era sbadato, si presentava tardi agli allenamenti e faceva questo genere di cose che non piacciono agli allenatori». La chiave è stata quella di saper riconoscere i propri limiti e insistere sugli spigoli di un carattere complesso, fregandosene di litigare con un mito del calcio come Wenger e di irridere un talento naturale come Mascherano. Il rischio è di guadagnarsi l’odio cieco dei tifosi e di avere i fari puntati della stampa; ma in cambio si può conquistare la fiducia della working class del calcio che ha molta voglia di sudare. Quando ha rimesso i piedi in casa, al Crystal Palace, sapeva che sarebbe stata la sua grande chance e da uomo qualunque ha preso in mano il proprio destino facendo del 2015 la sua annata migliore. A 54 anni è diventato un adulto e spera di smentire chi lo ha sempre visto come una promessa e oggi ha smesso di credere in lui.

 

Nell’immagine in evidenza, Pardew prima del match contro il Newcastle. Clive Rose/Getty Images