Wenger, i giovani, lo sguardo

L'allenatore dell'Arsenal spiega come si scova un talento, come lo si segue, rischi e metodologie.

Come si fa a scoprire un talento? Da cosa si intuiscono le qualità, e come si fa a non sbagliare? A FourFourTwo, Arsène Wenger ha provato a rispondere a queste e altre domande. Una sorta di guida tarata sull’esperienza, quella di un allenatore che negli anni ha scoperto e lanciato innumerevoli talenti: tra questi Robin Van Persie, Cesc Fàbregas, Patrick Vieira, Thierry Henry, Aaron Ramsey, Emmanuel Petit, Theo Walcott, Alex Song, Kolo Touré, Jack Wilshere, Nicolas Anelka. Ma, stando a quanto dice lui, quello che più lo ha sorpreso, per rapporto premesse/carriera, è stato Lilian Thuram: «È stato fantastico lanciare un giocatore che avrebbe collezionato 142 presenze in Nazionale francese. Se qualcuno me lo avesse detto quando Lilian era un ragazzino, gli avrei dato del pazzo. Non era il più talentuoso di tutti, ma ammirare l’impegno che ci metteva era qualcosa di coinvolgente».

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Qui entra in gioco il primo discrimine: chi ha un talento appariscente, e chi non ce l’ha. «Lionel Messi, ad esempio. A 13 anni avrebbe avuto bisogno di un solo minuto per farsi notare. Lo so perché ho visto alcuni suoi video a quell’età: prende palla, dribbla tutti e segna. Però, per la maggior parte dei giocatori non è così. A volte hai bisogno addirittura di mesi per renderti conto delle qualità di un ragazzino. Generalmente, la prima impressione è di vitale importanza, e servono almeno 20 minuti per testare il potenziale di un giocatore».

Coglierlo, quel potenziale, non è cosa facile, ma Wenger ammette che esiste quella capacità definibile come “avere occhio per un giocatore”. «Ci si lavora, anche, e io ci ho lavorato per tanto, tanto tempo. Ma in questo il contributo di scout e assistenti è fondamentale». Oggi, grazie al fatto che ogni club ha una rete di scouting efficiente è collaudata, è meno probabile “dimenticare” un giocatore di talento: «Io arrivavo da una realtà dove era praticamente impossibile farsi notare – ricorda Wenger -, oggi non è più così, puoi sfondare anche se arrivi dal posto più remoto d’Inghilterra. E oggi gli allenamenti sono molto più specifici, sin da giovanissimi. Il mio primo – vero – allenatore l’ho avuto a 19 anni, oggi lo si può avere già a 5».

Arsenal Training And Press Conference

A seconda dell’età, ci sono vari step su cui far aderire le reali possibilità di un ragazzino di diventare calciatore: a 12 anni si valuta il potenziale tecnico; dai 14 ai 16 la struttura fisica; dai 16 ai 18 la capacità di inserirsi in un contesto di squadra; a 20 l’aspetto mentale. «Questo è un lavoro in cui ti devi far trovare pronto: osservi i modi di preparazione di un ragazzo, la predisposizione a fare sacrifici, a evitare distrazioni. Ho visto tanti ragazzi che si sbriciolano sotto pressione. I giocatori devono svegliarsi felici e arrivare di corsa all’allenamento. Sembra ovvio, ma non è una cosa garantita».

Una riflessione sulla qualità dei giovani in Inghilterra:«Ai miei colleghi ho detto che, in tutti questi anni di Premier, mai come oggi vedo così tanti buoni giocatori inglesi. Dieci anni fa il livello era indietro, oggi possiamo dire di essere alla pari. Prima c’era un divario molto importante a livello di tecnica, ora no, e questo lo si è visto nei risultati delle Under 17 e Under 19».

 

Nell’immagine in evidenza, Arsène Wenger durante un allenamento dell’Arsenal a St Albans. Michael Regan/Getty Images