Stadio • Milan-Inter è una rivoluzione

Live report dal derby di Milano: stadio finalmente pieno, Niang devastante e periferie boccioniane con richiami futuristi. E gerarchie cittadine che cambiano.

Ho cominciato a tifare Milan da bambino, sono stato – e sono ancora – a mio modo un doppiofedista. Non saprei dire se ho cominciato ad amare prima l’Avellino o il Milan, so solamente che ho tratto profondo godimento e frustrazioni parimenti consistenti per entrambe. Da ragazzino, nel grande caseggiato in cui vivevo – un palazzo a due scale dal discutibile color aragosta – la maggior parte dei miei amici, compreso mio fratello minore, erano interisti. Non che fosse un periodo particolarmente utile per esserlo, tutto era forse dovuto al fenomeno e a poco altro. C’era Edoardo, l’amico più grande e carismatico che tifava Inter, di conseguenza tutti gli altri lo seguivano pedissequamente. C’erano pomeriggi interi passati ad allenarci: io saltavo colpendo la palla di testa, lateralmente; tentando di imprimerle forza come negli spot della Nike in cui i difensori effettuavano un balzo bellissimo muovendo la testa prima all’indietro e frustando il pallone di lato. Intanto pensavo al Milan mentre ero accerchiato da interisti. Ho scritto temi alle elementari sull’essere milanista, così come essere tifosi dell’Avellino.

Quando Davide mi ha chiesto di venire a San Siro, quindi, avrei forse dovuto mostrare un po’ più di entusiasmo; non l’ho fatto, ma giuro che avrei voluto. L’intera domenica se n’è andata guardando video di partite del sabato precedente. Non è stata una mattinata eccezionale: preso dalle scadenze, dagli spostamenti, dalle impellenze. Sento di non aver ancora assimilato bene il passaggio che mi ha portato ad essere dove sono ora. Quando mi hanno chiesto di andare a vedere il derby per preparare il mio contributo ho risposto con un sì semplice, spontaneo, ma senza troppo riflettere su cosa significasse realmente per me. Una sorta di chiusura di un movimento circolare della mia vita in cui io faccio la parte del me stesso bambino, che si immagina vagamente cresciuto.

MILAN, ITALY - JANUARY 31: FC Internazionale Milano and AC Milan teams line up before the Serie A match between AC Milan and FC Internazionale Milano at Stadio Giuseppe Meazza on January 31, 2016 in Milan, Italy. (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Prima di salire sulla metro che arriva a San Siro, direttamente a ridosso dello stadio, ho lasciato due valigie incerte nelle nuova casa in cui mi sono spostato. È un posto piccolo ma accogliente, un luogo che non conosco affatto e che un po’ mi spaventa. Non c’è stato tempo di rifletterci troppo: il tram è in arrivo, bisogna correre per non perderlo e infilarmi, rapido e deciso, in metro. Attorno a me c’era la periferia milanese. Fino a qualche settimana fa la conoscevo soltanto per i quadri di Boccioni: magari ha concepito La città che sale in una di queste strade in cui corro insicuro per non fare tardi. Nel 1913 si è lasciato affascinare dal calcio, dipingendo Dinamismo di un footballer, composto come se fosse lui stesso un arbitro che invece di limitarsi a descrivere la realtà in maniera didascalica, la trasfigura attraverso una visione fatta di traiettorie mutevoli e “nuova sensibilità futurista”.

Non ero mai stato a San Siro prima di qualche settimana fa, la vittoria con la Fiorentina è stata la mia prima allo stadio da milanista, e immagino questo rappresenti un’onta indelebile per chi si reputa un tifoso e amante del calcio. È tutto incredibilmente vero, solo che le distanze non sono sempre facili da colmare e fino ad oggi sono stato, molto probabilmente, un indolente senza troppa fretta di sistemare le cose.

during the Serie A match between AC Milan and FC Internazionale Milano at Stadio Giuseppe Meazza on January 31, 2016 in Milan, Italy.

Durante il tragitto verso lo stadio incontro turchi con sciarpe del Bursaspor e tedeschi gentili, uomini dai lineamenti andini e altri dalla carnagione nobile e candida. Rispetto alla partita con la Fiorentina, nonostante sia partito da casa allo stesso orario, c’è una folla densa, un grande magma umano che si muove calmo. Un ragazzo dai tratti duri e poco rassicuranti mostra fiero e pieno di rabbia una sciarpa dove Ronaldo il fenomeno viene vessato per la sua scelta di qualche anno fa: una scelta apostatica mai perdonata. Il viale che porta ai gate è stipato di gente. Molti hanno la sciarpa rossonera, mentre gli interisti sono intorno a loro: non sembra vero che possano coesistere in quel modo. Attraverso un viale lunghissimo: l’atmosfera è a metà tra la festa pagana e una sagra di paese. Un odore intenso di birra rancida e crauti mi invade le narici, prendo tempo per cercare di attraversare l’orda che mi si muove davanti, mi appare sinceramente un’impresa eroica. Una volta entrato in zona stampa mi lascio attrarre dal tepore del container in cui sono. Ho cominciato a scrivere, sicuro di quello che sto facendo, ma sento che dovrei essere fuori a cercare di vivere questa cosa realmente dalla pancia. Nelle mail in arrivo noto un articolo su Paolo Maldini e penso ad un oracolo, un’autorità infallibile che sta cercando di indirizzare le cose come vuole lei. Decido di scriverlo alla faccia della scaramanzia. Qualche voce corre rapida e vuole Santon già alla Roma, pochi minuti dopo le formazioni lo danno in campo.

Inter Milan's supporters wave flags during the Italian Serie A football match between AC Milan and Inter Milan at San Siro Stadium in Milan on January 31, 2016. / AFP / GIUSEPPE CACACE (Photo credit should read GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)

All’esterno della tribuna, l’aria fresca rende l’atmosfera dura ma non insostenibile. Il Milan ha pronta una coreografia con polemica ad anticipare lo spettacolo. Fischi interisti per Montolivo mentre annuncia un’iniziativa benefica, fischi milanisti per l’Inter appena entra in campo. Quando è il momento del Milan di scendere sul prato, un boato assordante si alza dalla curva, mi ritrovo con i timpani compressi tra due ondate di suoni differenti. Il riscaldamento con i Beastie Boys serve a mettere in moto le catecolammine, attivando i neurotrasmettitori nella speranza che possa servire per i 90 minuti del match.

Nel momento di lucidità che precede il grido delle formazioni mi rendo conto che la Roma ha vinto e che la classifica ci sta lentamente risucchiando nel suo ventre. Sarebbe tautologico sottolineare che non è il derby di qualche anno fa, delle semifinali di Champions e dei lustrini scintillanti, ma vivere un’ennesima stagione di mediocrità sarebbe un avvenimento dai contorni mortiferi. C’è gente intorno a me che la sta vivendo male, sbracciano come ossessi nel tentativo di farsi notare, per segnalare ai cugini tutto il proprio odio. Le coreografie maestose mi risvegliano dal torpore in cui ero caduto: il Milan mostra Hateley mentre svetta su Collovati in un derby di troppi anni fa. La curva dell’Inter si consola specchiandosi in uno sbandieramento senza sosta.

MILAN, ITALY - JANUARY 31: Alex Dias da Costa (2nd L) of AC Milan scores the opening goal during the Serie A match between AC Milan and FC Internazionale Milano at Stadio Giuseppe Meazza on January 31, 2016 in Milan, Italy. (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Non gioca Icardi ma Eder. Niente Bertolacci ma Kucka sì. In poche settimane ho visto per due volte il miglior Milan della stagione, una squadra che ha finalmente fatto proprie l’intensità e la grinta agonistica di chi li dirige. Mihajlovic dirà in conferenza stampa di non aver motivato i propri giocatori, perché se non avessero trovato le motivazioni per un derby così importante per classifica e società, o cambiava mestiere lui o avrebbero dovuto farlo loro per darsi al giardinaggio.

Dopo il fischio d’inizio mi sono ritrovato in una bolla, attratto dal campo e dal contesto, con difficoltà a ricordare tutto come immerso in una sorta di lucidissima allucinazione. Credo che la prima parte di gara fosse riassumibile in due squadre che riescono a divertire giocando male. L’Inter è sicura, più del Milan, e gli spettri che avevo cercato di allontanare poco prima dell’inizio tornano prepotenti. Mancini ha deciso di schierare 4 uomini offensivi per attaccare uno contro uno la difesa del Milan. In alcuni frangenti i quattro avanti nerazzurri ingaggiano un duello face to face che non porta a grandissime occasioni se non ad un colpo di testa mancato di Eder. Le manovre offensive interiste trovano fortuna soprattutto nella catena di destra: l’inizio di Santon e Perisic, è incoraggiante per l’Inter. Finiranno per scomparire entrambi.

Dopo la prima metà della frazione le offensive dell’Inter sono vagamente sterili, non bastano quattro attaccanti se non riescono a partire in velocità; nessuna costruzione dal basso e uomini che staticamente si posizionano sulla linea di centrocampo. Kucka mi sta sorprendendo, ha le gambe grosse e la corsa sicura di un caterpillar. Quando Honda mette in mezzo un pallone dalla destra dopo essere rientrato sul sinistro, San Siro è avvolto da un boato ruggente: Alex di testa fa 1 a 0. Quando il brasiliano segna, un’onda mi investe dal vertice destro dello stadio. Non so se meritiamo il vantaggio ma sto gridando qualcosa ed ho un braccio teso.

MILAN, ITALY - JANUARY 31: Mauro Emanuel Icardi (R) of FC Internazionale Milano strikes the post from the penalty spot during the Serie A match between AC Milan and FC Internazionale Milano at Stadio Giuseppe Meazza on January 31, 2016 in Milan, Italy. (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Siamo in vantaggio ed è la mia seconda partita allo stadio. Nel secondo tempo rientro tardi, ho bisogno di un caffè perché l’aria si è fatta rigida, resistere è diventato di colpo più complesso. Donnarumma sbaglia e travolge Eder toccando il pallone sul proprio errore in disimpegno: sarebbe punizione a due in area ma l’arbitro non fischia. Mancini perde il controllo e viene espulso. Quando Icardi vola in aria procurandosi il rigore del possibile 1 a 1 mi ricordo di aver suggerito alla mia ragazza di giocarlo come risultato esatto per un qualche concorso a premi. Il palo trema, e la gara si mette in discesa. Segniamo secondo e terzo goal nel giro di pochi minuti, Niang è dominante, Honda sembra un giocatore nuovo, e c’è una gioia sincera a San Siro. Un uomo attempato che vedo poco distante da me in tribuna comincia a gesticolare nervoso, non è Salvini ma la prossemica direbbe che è molto simile. Non è stato un match bello in senso canonico, ma in prospettiva potrebbe spostare gli equilibri della città. L’inesattezza di alcuni movimenti, le traiettorie sbagliate e l’insicurezza reciproca passano in secondo piano stasera se sei milanista.

AC Milan's Colombian forward Carlos Bacca (C, down) scores a goal during the Italian Serie A football match between AC Milan and Inter Milan at San Siro Stadium in Milan on January 31, 2015. / AFP / GIUSEPPE CACACE (Photo credit should read GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)

Nel ventre dello stadio c’è Martin Jorgensen che aspetta qualcuno. È un mio mito, un giocatore che ho apprezzato molto da ragazzo: gli stringo la mano e sorrido mentre mi risponde con un freddo “piacere”. Non mi spiego cosa stia facendo, forse il commentatore per la tv danese con supporto tecnico alla telecronaca. Arriva Felipe Melo e lo abbraccia, gli chiede della famiglia e Martin è dimesso nel dirgli che è tutto ok. Il brasiliano gli propone di andare con lui, in quel momento Jorgensen mi appare piccolo e poco sicuro. Che giocatore è stato. Le interviste sono tutte un domandare a Mancini del dito medio, del mercato, delle scuse e di cosa succederà ora. Ci attenderà un’altra settimana di discussioni in cui il calcio passerà in secondo piano.

L’esterno di San Siro a fine derby restituisce un panorama post evento fatto di spazi vuoti e paninari con le insegne ancora accese. Sembra un non luogo che sarebbe bello vedere in un corto girato da Nicolas Winding Refn. Il timer della metro mi dice che posso entrare, un’ora di viaggio e sono ancora una volta nella periferia iniziale. La nebbia sta abbracciando i palazzi intorno a me, alberi spogli fanno da sfondo all’istantanea che mi appare appena superate le scale. Penso a come la dipingerebbe Boccioni questa scena, in una periferia che non conosco, di una città che conosco poco mi sento stanco e intorpidito, ma allo stesso tempo felice.

 

Immagini via Getty. Marco Luzzani/Getty Images