Lavagnette – Le transizioni difensive

Come si sventa un contropiede: un po' di esempi, spiegati graficamente, dalla ventiquattresima giornata di Serie A.

Il calcio è in perenne evoluzione: c’è stato un tempo in cui dominavano le ali à la Garrincha e un tempo in cui la miglior soluzione era il più classico dei “catenacci”; gli anni ’70 sono stati quelli del “calcio totale”, mentre il nuovo millennio ha portato a un nuovo livello il ruolo del trequartista. Ora, nell’era del “calcio statistico”, i migliori allenatori in circolazione si pongono l’obiettivo di ottimizzare al meglio la fase di transizione minimizzandone i tempi.

Per transizione s’intende l’arco di tempo che intercorre tra la fase di possesso palla e quella di non possesso. La transizione è positiva quando si passa dalla fase di non possesso a quella di possesso palla; viceversa si parla di transizione negativa. L’obiettivo, chiaramente, è di rendere il più immediato possibile il passaggio tra le due fasi, in modo da avere una squadra dinamica e reattiva, pronta a ripartire e a chiudere tutti gli spazi in caso di palla persa. Questo richiede, oltre a una pregevole capacità di lettura dei singoli, un eccellente e duraturo lavoro pratico da svolgersi durante gli allenamenti. Un’ottima transizione permette di saper sfruttare con efficacia le cosiddette “seconde palle”, in modo da arrivare per primi sul pallone e poter attaccare fronte alla porta. Inoltre, seguendo il più classico dei dogmi calcistici secondo cui “la miglior difesa è l’attacco”, una fase difensiva che miri a pressare gli avversari in fase d’impostazione può migliorare la qualità offensiva della squadra. Un esempio è dato dalla “regola dei 6 secondi” che Guardiola applica al suo (ancora per poco) Bayern Monaco e prima ancora al Barcellona.

L’obiettivo della strategia impostata dal mister catalano è di compiere un pressing esasperato (il che non vuol dire male organizzato) negli immediati 6 secondi che seguono la perdita del pallone. Se la squadra non dovesse riuscire a riconquistare il pallone in quel frangente, allora parte la riorganizzazione difensiva. In Italia a utilizzare questa strategia di pressing sistematico accompagnato da un’attenta copertura degli spazi in difesa sono le squadre che si trovano nelle prime tre posizioni in classifica (sarà un caso?): Fiorentina, Juventus e Napoli.

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Hamsik sbaglia il passaggio per Insigne. Ma subito Higuain, Callejon, Allan e Valdifiori corrono a pressare il portatore di palla e il compagno in appoggio. Eseguendo i movimenti con maestria controllano tutte le linee di passaggio, inducendo il passaggio verso Martinho che perderà palla.

 

Questa contromossa del Napoli ci permette di introdurre un’altra regola fondamentale per rendere le transizioni passive il più efficaci possibili. Come si vede, sebbene venga chiusa la linea di passaggio bassa, Lasagna viene lasciato libero di ricevere un passaggio alto senza nessun uomo in marcatura. Un rischio calcolato: la ricezione di un passaggio alto richiede più tempo di un passaggio diretto, dovuta anche al fatto di dover stoppare un pallone difficile, e permette di attivare la seconda fase della transizione passiva: il “movimento a piramide”.

lI movimento a piramide si attua per proteggersi da un contropiede avversario rallentando la manovra, spostandola nelle zone esterne del campo e permettendo ai compagni di recuperare la posizione. Le azioni da compiere sono molto semplici, ma vanno eseguite con un’armonia perfetta, o si rischia di lasciare grossi “buchi” davanti al portiere. Prendendo ad esempio una situazione di contropiede 3 contro 3, la piramide consiste nell’attacco improvviso, in leggera diagonale, al portatore di palla da parte di uno dei due centrali (o del centrale di mezzo in una difesa a 3). Allo stesso tempo il centrale e il terzino rimasti in seconda linea andranno a compiere un ripiegamento in diagonale verso il centro del campo così da creare idealmente un imbuto. In questo modo si crea maggiore densità al centro dell’area, invitando gli attaccanti avversari ad allargarsi sugli esterni dove la conduzione della manovra è più semplice visti gli ampi spazi, ma allo stesso tempo meno efficace e più lenta. Certamente questa è una situazione semplificata, ma utile a darci un’idea del suo funzionamento e utilità.

Tra le partite giocate nell’ultima giornata di campionato in Serie A, Genoa-Lazio è quella che ha offerto i migliori spunti per analizzare l’importanza del lavoro di transizione passiva.

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L’uscita alta di Mauricio su Pavoletti permette di rallentare il contropiede del Genoa lasciando il tempo a Parolo di recuperare la posizione e dare superiorità numerica. Konko copre Suso. Patric e Hoedt arretrano in diagonale verso il centro lasciando un enorme corridoio sulla fascia dove Muñoz si lancia e viene servito da Tachtsidis. Nel frattempo rientra anche Milinkovic-Savic e Muñoz è costretto da quella posizione a provare un lancio lungo che sarà intercettato. Contropiede neutralizzato.

 

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La fondamentale importanza di Rigoni: con Izzo fuori posizione assume il controllo della difesa e lavora come centrale aggiunto. In situazione di 4vs4 si sgancia in leggera diagonale su Parolo portatore di palla nel contropiede laziale invitando il passaggio a Keita e bloccando la linea d’appoggio verso Djordjevic. Muñoz e Burdisso compiono alla perfezione il movimento ad imbuto, lasciando liberi gli esterni e ingolosendo ancora di più il passaggio per l’esterno. Una volta ricevuta palla, Keita prova ad accentrarsi per dribblare Muñoz; Rigoni (ancora punta alta della piramide) va in raddoppio e il numero 14 è costretto ad allargarsi nuovamente e concludere in porta. Debole e prevedibile per Perin.

 

Le perfette transizioni difensive di entrambe le squadre per tutti i 90 minuti hanno fatto sì che la partita rimanesse bloccata sullo 0-0. Il Genoa è una squadra che attacca molto bene in contropiede sugli esterni, e con la partenza di Perotti non ha più il giocatore in grado di saltare costantemente l’uomo e rompere le tattiche difensive avversarie. Nella Lazio hanno pesato l’assenza di Biglia, in grado di inventare gioco per vie centrali, e la poca ispirazione di Felipe Anderson e Keita.

Se ce ne fosse ancora bisogno, Milan-Udinese ci ha offerto la riprova dell’importanza della transizione difensiva mostrandoci come, se eseguita male, possa creare dei buchi tra le maglie della retroguardia che gli attaccanti avversari sfruttano per creare occasioni da goal. L’Udinese vince 0-1 e all’inizio del secondo tempo va vicinissima al raddoppio con un’azione elaborata; ma da una palla recuperata il Milan, in tre passaggi, ribalta il fronte dell’azione cogliendo la difesa friulana impreparata e mandando Niang ad agguantare il pareggio.

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Montolivo riceve palla dalla difesa e coglie la retroguardia friulana posizionata malissimo. Danilo (preposto a coordinare il reparto arretrato) fa mantenere la sua linea troppo bassa durante l’azione offensiva della sua squadra. Al momento del contropiede milanista si trova molto distante dal punto in cui riceve palla Montolivo e in pochi secondi deve decidere se provare un’uscita sul portatore di palla azzardatissima o andare a scalare su Bacca lasciando Wague libero di contrastare l’arrivo di Niang e sperando nel recupero sul capitano del Milan da parte di uno tra Badu e Armero. Nel dubbio resta fermo tra le due situazioni: Montolivo serve Bacca che stoppa e traccia velocemente un filtrante verso Niang che sopraggiunge a tutta velocità libero da ogni marcatura. Con Danilo in ritardo e con Wague costretto a rincorrerlo dopo aver provato a contrastare Bacca, l’attaccante francese si trova libero di insaccare alle spalle di Karnezis.

 

Va tenuto presente che l’errore di Danilo mostrato in questa situazione non è tanto quello di prendere la decisione sbagliata nel momento decisivo, quanto quello di non aver saputo predisporre la propria retroguardia a coprire un’eventuale ripartenza avversaria.

Le transizioni stanno diventando, insomma, sempre più fondamentali per fare la differenza: approfittare delle incertezze e della scarsa reattività delle squadre avversarie in certi istanti del match è ormai divenuto il leitmotiv di molte sedute tattiche di allenamento. Questo non vale solo nel calcio; basti pensare, ad esempio, al basket Nba: i Golden State Warriors stanno dominando la Lega grazie alla loro maestria nel saper sfruttare le errate fasi di transizione di alcune avversarie impreparate, con azioni veloci ed efficaci (ovviamente non solo per questo. Siano lodati gli splash brothers).

 

Nell’immagine in evidenza, Mbaye Niang segna il gol del Milan contro l’Udinese (Olivier Morin/Afp/Getty Images)