L’eterna battaglia di Giroud

Poco sopportato dai tifosi, stuzzicato dalla stampa, eppure Olivier Giroud è un attaccante completo e funzionale. Nonché il giocatore ideale per riportare il titolo ai Gunners.

Non deve essere facile essere il centravanti titolare dell’Arsenal oggi. Olivier Giroud è il terminale offensivo di una squadra, quella dei Gunners, che sta lottando sinceramente per un titolo che manca dalla stagione 2003/2004. Prima della doppia vittoria con Bournemouth e Leicester, avevano preso ad addensarsi nubi cariche di sventura sulle teste degli uomini di Wenger. Dopo i tre pareggi con Liverpool, Stoke e Southampton, oltre una sconfitta casalinga subita dal Chelsea, si era cominciato a parlare molto dei problemi di forma che stavano costando all’Arsenal punti fondamentali nella corsa al titolo della Premier. Nonostante le ottime prove contro Stoke e Southampton – con Fraser Forster migliore del match -, erano arrivati soltanto tre punti su dodici disponibili: numeri inaccettabili per una formazione che sta provando a giocarsi la vittoria finale.

Come spesso accade negli ultimi anni, in numerosi media inglesi si tende a parlare di Giroud in termini poco entusiastici. Non sono bastate le parole di una ex leggenda come Ian Wright, una figura tra l’epico e il mitologico per quanto riguarda la storia dei Gunners, a instillare un minimo di fiducia nei confronti dell’ex Montpellier. Così come non è servito a molto l’endorsement di un altro ex feticcio del calcio britannico del calibro Gary Lineker, uno che di attaccanti e gol dovrebbe saperne il giusto. Giroud pare scontare una colpa atavica, connaturata nel suo essere un attaccante utilissimo alla costruzione della manovra ma troppo bipolare in area di rigore.

Legare i movimenti dei propri compagni con pochi, apparentemente semplici, ma iridescenti colpi

Olivier Giroud è un Benjamin Malaussène calato in un campo di calcio, ammantato da un alone di negatività riflessa, è il capro espiatorio a cui tutti gridano o vorrebbero sacrificare all’altare di una vittoria attesa da troppo tempo. La dicotomia di commenti che scatena ogni tweet, o articolo che lo riguarda, genera un confronto rabbioso, in cui non sembra esserci alcuno spazio per la moderazione. Non si può moderare il proprio pensiero se quest’ultimo è colmo di un odio così puro e greve come quello di alcuni tifosi dell’Arsenal sembrano riversare sull’attaccante ex Montpellier.

Nonostante dal 2013, anno in cui comincia la propria avventura inglese, abbia mantenuto una media gol costante, gli viene imputato di essere un flâneur dell’aria di rigore: un piccolo parvenu senza storia arrivato in una squadra dal blasone invidiabile (pur se con qualche anno di parziale declino in termine di vittorie), senza portare nulla di sostanziale al progresso generale della squadra.

Prego leggere i commenti al tweet originale

Per trovare la migliore delle stagioni in termini di scoring di Giroud, bisogna tornare indietro sino al 2011/12, la miglior stagione in fatto di gol per l’attaccante francese: nell’annata che porterà il titolo in Linguadoca segnerà 21 reti, ancora oggi il suo massimo storico se si esclude la stagione passata in Ligue 2 al Tours. Quella vittoria del Montpellier assume ancor più i connotati di un’impresa straordinaria se si pensa che dall’anno successivo prenderà il via la lunga dittatura parigina. Giroud comincia la propria esperienza con i blu-arancio il primo luglio del 2010: alla sua prima apparizione per il club, in un turno di qualificazione di Coppa Uefa contro gli ungheresi del Győri ETO, segna la sua prima rete per il Montpellier. In quel gol ci sono molte cose del calcio di Giroud, soprattutto potenza, ma anche l’intelligenza di non stoppare il pallone capitato fra i piedi: invece di fermarlo, Giroud accompagna la corsa della sfera con una gambeta, in modo che il pallone stia ancora rimbalzando quando lo impatta con l’esterno collo incastonandolo nel sette. Il suo primo gol assoluto per il Montpellier è una costosissima cartolina d’epoca di Houdini che tenta una delle sue magic escape. In due stagioni nella massima serie francese realizza un totale di 39 reti, considerando tutte le competizioni, vincendo il titolo di capocannoniere – in coabitazione con Nene del Psg – nella stagione della vittoria dell’Hexagoal.

La sua avventura al Montpellier

Guardando allo storico dei marcatori della Premier ad avere la migliore media goal per game con più di cento gare nella massima divisione, Giroud risulta tra i primi 10 con una percentuale dello 0,45: frutto di 53 reti in 118 partite. Giroud vanta al proprio fianco icone del calcio inglese come Eric Cantona, Wayne Rooney e Andy Cole, com Michael Owen distante un solo 0,01 %.

Allora, verrebbe da chiedersi a cosa sia dovuta tutta questa idiosincrasia che prova per lui una frangia di tifosi dei Gunners. Certo che, abituati a vedere il proprio attacco gestito in passato da giocatori iconici come Titì Henry, van Persie o Ian Wright, tutti nelle prime posizioni della classifica con medie ben superiori a quelle di Giroud, si potrebbero comprendere lo scollamento e le remore nei confornti dall’attuale rendimento offensivo dell’Arsenal. Ma anche in quest’ottica le critiche portate a Giroud trovano una difficile contestualizzazione.

Laurent Koscielny, che di Giroud è anche compagno di Nazionale, ha detto di lui: «He’s so massive and that’s one of the best qualities for a striker. When he can play like this, with one or two touches and staying in the box, which is where we want him, we can score in the air», parole proferite dopo le due reti realizzate dal compagno nel 3 a 3 contro il Liverpool. Quello che pare disturbare particolarmente di Giroud non è tanto il fatto che non segni quanto gli altri attaccanti di altissimo livello – dove se per altri intendiamo campioni heritage lui risulta essere un investimento piccolo-borghese -, quanto l’ evidenza marchiana di alcuni suoi errori sotto porta, tipo questo. Se in questi anni si è parlato di lui come di un pharmakos, un obiettivo da immolare durante un rituale di purificazione, lo si è fatto per il suo essere così ostentatamente ricercato, sempre perfettamente azzimato, per i piccoli scandali, per i rapporti tesi con alcuni compagni, come nel caso della rivalità di qualche mese fa con Theo Walcott.

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In un pezzo di dicembre 2015, il Daily Mail sottolineava, esattamente dopo la sua tripletta contro l’Olimpyacos, come Giroud fosse riuscito a superare Dennis Bergkamp – che però era costretto a saltare molte delle sfide in trasferta a causa del terrore di volare – nel numero di gol realizzati in Champions League per il club. In quel momento esatto la sua media era di 1,65 reti per 90 minuti (senza calci di rigore) in Champions; una media invidiabile che, però, crollava verso un più umano 0,82 nei match di campionato. Una media che allora lo vedeva performare meglio, tra gli altri, di alcuni attaccanti heritage: Cristiano Ronaldo, Lionel Messi, Ibrahimovic, Griezmann e Muller non stavano tenendo il passo dell’ attaccante ex Montpellier.

Nel sistema di gioco di Wenger, Giroud rappresenta il collante perfetto, il tipo di giocatore che riesce a creare connessioni e legare i movimenti in velocità con i vari Sanchez, Walcott, Cazorla o gli inserimenti silenziosi di Ramsey. La sua capacità di associarsi con i compagni di reparto è unica in certi casi: se l’area di rigore è il luogo in cui trova senso la sua esistenza come finalizzatore – e in questo il feeling con Ozil è un elemento d’importanza capitale -, l’attaccante francese sa muoversi su tutto il fronte d’attacco. Contro il Leicester ha praticamente agito da boa, il punto di riferimento su cui appoggiare il peso delle difficoltà di una squadra che non riusciva a liberare la corsa degli uomini che gli agiscono solitamente alle spalle. Nell’assist a Walcott per la rete dell’uno a uno c’è un po’ la somma del Giroud che muove se stesso all’interno di un disegno generale di squadra; non un centravanti che si limita ad aspettare che i palloni gli arrivino con serenità ma a cui, piuttosto, piace venire incontro per aiutare lo sviluppo della manovra: cosa che fa spesso muovendosi lungo tutto il fronte offensivo. Di sovente l’ex Montpellier si abbassa per fare da perno intorno a cui far girare il resto dei movimenti offensivi della squadra, come un pivot dalle spiccate doti tecniche capace di giocare per sé ma di essere, al contempo, fondamentale per gli altri.

Tocchi di esterno, palombelle con leggero tocco sotto al pallone, appoggi di tacco: Giroud come rifinitore

È innegabile che a 29 anni stia finalmente arrivando al suo livello migliore: Giroud è un attaccante che fa della versatilità e delle soluzioni molteplici per andare in rete uno dei suoi punti di forza. Allora verrebbe da chiedersi come mai, pur nella costanza con cui partecipa ai risultati offensivi dei Gunners,  nonostante sia l’attaccante che nelle ultime 4 stagioni di Premier ha segnato di testa più di ogni altro attaccante in Premier, capace di gesti tecnici di livello sopraffino anche con la maglia della Nazionale, ci si accanisca troppo facilmente nei suoi confronti.

La gente pare godere delle sventure di Giroud, una schadenfreude immotivata, aggressiva oltre ogni limite. È irreale il trattamento che si tributa a Giroud, così come lo era quello riservato ad Henry quando, quello che sarebbe diventato poi il top-scorer della storia del club, aveva faticato ad andare in rete nelle prime otto gare di Premier League. Provoca un’intensa forma di tristezza vedere quanto forte si urli contro Giroud, quanto si sia più propensi a distruggerne le faticose costruzioni che a esaltarlo per quanto portato in questi anni alla corte di Wenger. Nonostante i numeri siano lì a testimoniarne la bontà di quanto fatto, Giroud continua a non creare alcun livello di empatia con chi lo giudica negativamente, quasi a dover espiare una serie di colpe che sono proprie del suo essere capro espiatorio per antonomasia.

Qualche tempo fa Olivier Giroud ha dichiarato che l’unica cosa che lo turba della Premier è il tempo: non resiste a tutta quella pioggia che scende copiosa ogni fine settimana sui campi inglesi. Allora sarebbe bello vederlo giocare in qualche campionato esotico, segnare caterve di gol senza neanche esultare, dopo ogni gol si sposta al bordo del campo e si lascia baciare dal sole: come un novello Rodolfo Valentino che prende a calci un pallone, fregandosene di tutti.

 

 

Nell’immagine in evidenza, Olivier Giroud dopo la tripletta sul campo dell’Olympiacos, lo scorso 9 dicembre. Michael Regan/Getty Images