Stadio • Le lezioni americane di Roma-Fiorentina

Live report dall'Olimpico: tra dediche al maestro Morricone, lezioni calviniane e una Roma sempre più bella da vedere.

Re minore, sol, re minore, do, re minore, do, re minore, sol, re minore, re minore. Se non fosse abbastanza chiaro a tutti quanto Roma-Fiorentina sia una sfida di frontiera, una specie di finale a viso aperto tra due abili pistoleri, all’atmosfera dello stadio viene chiesto di adeguarsi al clima da duello già prima del fischio d’inizio, sugli accordi e le note del Buono, del brutto e del cattivo. In questa occasione l’omaggio al maestro Ennio Morricone, tifoso di casa e fresco vincitore dell’Oscar, si è rivelato calzante. La frontiera in questione è infatti quella del gioco: da un lato quello sorprendente e consolidato della Fiorentina, dall’altra quello ritrovato, rivitalizzato, della Roma, da quando lo sceriffo Spalletti è tornato in città. Si tratta di una sfida tra due squadre che sono abituate a segnare numerose tacche sulla loro pistola e, come in tutti i western che si rispettino, anche stavolta ha vinto chi ha sparato per primo, perché lo ha fatto due volte, e in questo caso anche tre, e poi quattro.

Roma's Argentinian midfielder Diego Perotti shoots the ball during the Italian Serie A football match AS Roma vs ACF Fiorentina at the Olympic Stadium in Rome on March 4, 2016. / AFP / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Diego Perotti in azione. L’argentino ieri è stato uno dei migliori in campo per la Roma (FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

 

Ridurre tutto a una sfida all’OK Corral sarebbe però ingiusto, perché ci sono da considerare almeno altri due fattori che hanno inciso sulla preparazione della partita: quello emotivo e quello estetico. Il primo è stato raramente così poco netto in un ambiente come quello capitolino, da sempre abituato all’assenza di colori intermedi ma, poche volte come quest’anno, sottoposto a vere e proprie altalene di Sturm und Drang. Ne sono esempio i sentimenti contrastanti verso l’allenatore di casa, al cui indirizzo sono stati rivolti prima pochi, a dire il vero, ma severi fischi all’annuncio delle formazioni – dovuti probabilmente al piglio deciso con cui lo stesso si era espresso in settimana sullo sciopero della curva – e poi ben più numerosi e roboanti cori di affetto e incitamento, man mano che la partita seguiva il suo corso e la vittoria si delineava. A queste bizze da innamorati volubili si sono aggiunti i conti aperti dei tifosi fiorentini con Mohamed Salah, reo di averli abbandonati e poi trafitti per ben tre volte nell’arco di soli due incontri stagionali. Insomma una girandola di emozioni pulsanti che ha acceso un confronto tra due filosofie affini, ma distanti. E qui veniamo al secondo punto di vista, quello estetico, perché difficilmente si potrebbe obiettare che, a prescindere da quale vestito tattico avrebbero indossato per l’occasione, in campo sarebbero scese due tra le più belle e fiere del campionato.

during the Serie A match between AS Roma and ACF Fiorentina at Stadio Olimpico on March 4, 2016 in Rome, Italy.
La tifoseria Viola durante la gara di ieri

 

Il 4-2-3-1 viola con Kalinic centravanti è il manifesto autorevole di una volontà precisa: dominare il campo con un buon giro del pallone e con un’aspettativa di superiorità fisica. Il 4-3-3 di casa, invece, privo di Dzeko ma con un terzetto di funamboli ad attaccare gli spazi, suona come un’affermazione strafottente, come un fa’ pure tu, e prova a prendermi, ché io sono bella per fatti miei. Ed è qui che viene meno la lettura western della gara, che è interessante ma assai riduttiva, a giudicare dalla relativa difficoltà con cui la squadra di casa ha chiuso la pratica viola: se infatti la Roma ha vinto la partita con un risultato così largo non lo deve tanto a un atteggiamento da Clint Eastwood, quando al fatto di aver letto Calvino. Sì, perché stando a quello che si è visto in campo durante questo incontro viene il dubbio che Spalletti faccia leggere Calvino ai suoi giocatori, in allenamento. Le fasi con cui i giallorossi hanno preso le misure e poi messo all’angolo gli ospiti toscani, infatti, possono essere facilmente ricondotte ai titoli delle sei Lezioni Americane.

Leggerezza: complice una partenza molto aggressiva, la Fiorentina concede molti spazi che esaltano i velocisti della Roma, Perotti, El Shaarawy e Salah. A loro volta, questi vengono ispirati dai passaggi precisi di Miralem Pjanic, che della leggerezza ieri sera si è fatto quintessenza. Gli ospiti sono presi di sorpresa e non gli riesce tanto facile neanche ciò in genere gli viene bene, cioè intercettare molti palloni per spezzare il gioco avversario. Basta vedere l’agilità con cui Salah sfugge a una doppia marcatura in area nei primi minuti, saltando in mezzo alle ginocchia avversarie. Da uno di questi spazi concessi di troppo al 21esimo Stephan El Shaarawy trova l’inserimento giusto per l’uno a zero.

during the Serie A match between AS Roma and ACF Fiorentina at Stadio Olimpico on March 4, 2016 in Rome, Italy.
I festeggiamenti della Roma al gol realizzato da di El Shaarawy

 

Rapidità: quella, già citata dei tre attaccanti della Roma, in particolare di Perotti e Salah, uno imprendibile nelle vaste fette di campo che percorre, l’altro nel penetrare lateralmente palla al piede, suggerendo spesso lo scarico, come avviene circa quattro minuti dopo la prima rete, quando un suo tiro dalla distanza trova la deviazione di Astori per il due a zero.

Esattezza: quella che in un primo momento viene meno a Perotti, quando intercetta un pallone da solo davanti al portiere, e il suo destro rasoterra si stampa sul palo, ma di cui in generale le triangolazioni della Roma abbondano. Nel primo tempo la Fiorentina si guarda troppo nello specchio, senza trovarsi bella come al solito, e la cinica Roma ne approfitta. Per la squadra di Paulo Sousa le cose si mettono male troppo presto con i doppi infortuni di Borja Valerio prima e Vecino poi. Al centrocampo viola vengono quindi meno polmoni e visione di gioco, quantità e qualità, e agli ospiti non rimane che affidarsi alle iniziative di Ilicic e Bernardeschi, troppo poco preciso l’uno, troppo lontano dalla porta l’altro.

Visibilità: quella con cui Digne scova El Shaarawy e con cui a sua volta il Faraone trova Perotti in area, per il tre a zero. Visibilità è anche il continuo proporsi sulla trequarti di Nainggolan, ma soprattutto l’ordine geometrico dato da Pjanic alla manovra giallorossa. Grazie ai frutti di questi rapporti oculari, gli attaccanti della Roma si cercano e si trovano con una facilità disarmante.

Roma's Egyptian midfielder Mohamed Salah (L) vies with Fiorentina's Argentinian defender Facundo Roncaglia during the Italian Serie A football match AS Roma vs ACF Fiorentina at the Olympic Stadium in Rome on March 4, 2016. / AFP / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Roncaglia tenta di entrare in tackle su Salah (FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

 

Molteplicità: non è solo la capacità da parte della squadra di Spalletti di rendere fluida la manovra offensiva e ordinata quella difensiva, ma anche l’abilità di trasformare un episodio svantaggioso, come quello del rigore trasformato da Ilicic nel recupero del primo tempo, quando Digne atterra Tello in area. Molteplicità è l’attitudine a ribaltare un episodio negativo e renderlo, nel secondo tempo, un viatico per il successo definitivo. Se la Fiorentina infatti si presenta assai più arrembante nel secondo tempo, si trova anche a concedere, inevitabilmente. ulteriori spazi. Ed è in uno di questi spazi che Pjanic trova il corridoio per Salah, che al 57esimo infila Tatarusanu, chiudendo di fatto il risultato.

Coerenza: perché la Roma nell’ultima mezz’ora non ripiega su se stessa né tira il freno, rimane alta. Dal canto suo la Fiorentina, fiaccata dal risultato, perde il filo del gioco e spreca molti palloni, proponendosi in avanti in maniera non altrettanto ordinata rispetto ai più rapidi e lucidi padroni di casa. Con l’ingresso di Mati Fernandez per Ilicic gli ospiti ritrovano la verve, ma la Roma fa buona guardia, non prestando mai il fianco e anzi concedendo sempre meno con l’ingresso di Vainqueur.

Roma's Italian forward Francesco Totti (R) prepares to enter the pitch as Roma's Italian coach Luciano Spalletti looks on, during the Italian Serie A football match AS Roma vs ACF Fiorentina at the Olympic Stadium in Rome on March 4, 2016. / AFP / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Francesco Totti si prepara ad entrare in campo sotto lo sguardo di Luciano Spalletti (FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

 

Da qui in poi, esaurita la vena calviniana, a questo incontro cruciale rimane un ultimo elemento molto americano: il mestiere. Il mestiere nella composizione di una sceneggiatura che per i padroni di casa sembrava già perfetta, ma che invece sceglie di concedersi anche un climax finale, dal retrogusto religioso. Non sono tanti gli stadi, e lo diciamo fuor di retorica, in cui un essere umano possa sentirsi amato come succede a Francesco Totti qui all’Olimpico. L’ingresso in campo del numero 10 giallorosso viene accolto dal pubblico con lunghi cori e applausi, ma è all’89esimo che il tributo diventa rito collettivo: punizione per la Roma, Totti sul pallone, e i 30mila dell’Olimpico accendono gli spalti con le luci dei loro cellulari, in attesa di una parabola annunciata che però finisce sul palo. Di una rivelazione che viene rimandata. Ma per stasera, probabilmente, va bene così.