Dentro il Tempio di Wimbledon

Non si tratta solo di tennis: Wimbledon è anche tradizione, regole, rituale collettivo. Viaggio all'interno del torneo londinese, che comincia oggi.

Wimbledon è il Tempio, del tennis e dello sport. Qui, ogni anno, nel sud-ovest di Londra, si recita la liturgia migliore, quella che lascia una traccia indelebile nella storia delle racchette. Perciò, gli inglesi lo chiamano semplicemente The Championships, come col British Open di golf, a indicare che le altre tappe dello Slam sono comunque distanti nella scala dei valori. E che il Centre Court – sigillato ogni anno dopo l’ultima partita del torneo e riaperto soltanto l’anno dopo per la prima partita del campione uscente – è il cuore del tennis. Del resto, cronologicamente, è il secondo torneo dell’immortalità tennistica dell’anno, cade esattamente a metà stagione, fa da spartiacque tra freddo e caldo, e rimarca ogni volta che è il più antico appuntamento di questo sport – è nato nel 1877 – non solo come gara, ma anche come esperimento del nuovo gioco.

LONDON, ENGLAND - JUNE 30: A member of the ground staff mows the grass on centre court on day two of Wimbledon tennis tournament on June 30, 2015 in London, England. The 129th tournament to be hosted at Wimbledon is due to run for two weeks from Monday 29th June. (Photo by Carl Court/Getty Images)
Il Centre Court (Carl Court/Getty Images)

Wimbledon non ha mai avuto cali di popolarità, nemmeno col boicottaggio dei giocatori del 1973, perché va al di là del torneo in sé, che pure è importantissimo, ma è comunque un monumento, il teatro di gara stesso, da visitare in silenzio e con gli occhi sbarrati, un luogo magico, unico nei suoi colori classici: il verde dell’erba – la prima superficie di questo sport – e dello sfondo dei campi di gioco, ed il “prevalentemente bianco” dell’abbigliamento degli atleti (con qualche furbata degli sponsor, negli anni, con gli slip di Serena Williams e Maria Sharapova e le suole delle scarpe di Roger Federer). Senza sponsor a macchiare la visuale, è anche l’unico Major organizzato da un circolo, The All England Lawn Tennis and Croquet Club, e non da una federazione nazionale. E quindi detta le sue regole ferree: le teste di serie sono personalizzate in base alla superficie e ai risultati nel torneo, e quindi questa è l’unica gara che evade della pedissequa traduzione della classifica mondiale; è l’unico Slam che riposa la domenica della prima settimana, anche quando – prima della nascita nel 2009 del tetto retrattile sul Centre Court, al 40% trasparente, per far trapelare la luce naturale – le consuete piogge costringevano campi e giocatori agli straordinari; alla premiazione sono delegati solo il duca (presidente del Club) e la duchessa di Kent. Dal 2003, è abolito l’obbligo per i giocatori di volgersi ed inchinarsi verso il palco reale, all’ingresso sul Centre Court, una regola che resisteva dal 1923 e che oggi permane solo in presenza della regina o del principe di Edimburgo.

LONDON, ENGLAND - JULY 01: A general view of play on Court Number 1 during the Gentlemens Singles Second Round match between Tommy Haas of Germany and Milos Raonic of Cananda during day three of the Wimbledon Lawn Tennis Championships at the All England Lawn Tennis and Croquet Club on July 1, 2015 in London, England. (Photo by Ian Walton/Getty Images)
Uno scatto dal match tra Tommy Haas e Milos Raonic sul campo numero 1, lo scorso anno (Ian Walton/Getty Images)

Rules are rules, le regole sono regole, ma proprio Wimbledon è stato il primo torneo ad aprire al professionismo e quindi al tennis Open, nel 1968, malgrado la minaccia della Federazione internazionale (Itf). E ha continuamente rinnovato le mitiche strutture, rimodernandosi nella tradizione, aumentando i posti a sedere sul centrale, eliminando i caratteristici piloni (per arrivare agli attuali 15mila posti a sedere), buttando giù il meraviglioso campo n. 1, ormai “naif”, per sostituirlo con una vera zona giocatori e spostarlo nel 1997 in un nuovo impianto da 13.800 posti, acquistando nell’81 terreni adiacenti per estendere l’area dell’impianto fino a 17 ettari. Il che significa creare altri quattro campi di gioco e un villaggio commerciale e, soprattutto, accogliere al meglio la consueta invasione di una folla di 300mila durante le due settimane del torneo. Folla che magari non sa di tennis, ma accorre festante e variopinta nei picnic sui prati e incredibilmente silenziosa una volta in tribuna. Folla che spera ancora di vedere la regina Elisabetta, malgrado sia ricomparsa solo nel 2010, dopo 33 anni d’assenza, mentre la terza generazione di sangue blu è spesso a tifare nel Royal box. Folla che non vede l’ora di degustare le famose fragole con panna (che poi è crema) – il cui prezzo è fissato dal 2010 a 3,10 euro – o i Pimms (un super cocktail), o di sorbire il famoso tè delle 5 (che in Italia sono le 6, per via del fuso orario). Folla che s’appassiona per le partite-maratona, decise solo in memorabili cinque set: dalla finale 1980 Borg-McEnroe (col leggendario quarto set al tie-break, ”la guerra del 18-16”) a quella 2009 col 16-14 decisivo col quale Federer beffò Roddick, alla partita infinita del 2010 fra Isner e Mahut, che ha battuto tutti i record, diluita in due giorni, dopo 11 ore e 5 minuti di gioco, e l’incredibile 70-68 conclusivo. Folla che è letteralmente impazzita nel 2013 per lo scozzese Andy Murray che ha riportato un britannico nell’albo d’oro, addirittura 77 anni dopo Fred Perry.

Una pancoramica dei campi over Court 5 and 4 during day seven of the Wimbledon Lawn Tennis Championships at the All England Lawn Tennis and Croquet Club on July 6, 2015 in London, England. (Photo by Julian Finney/Getty Images)
Una panoramica dei campi 5 e 4, lo scorso anno (Julian Finney/Getty Images)

A Wimbledon tutto è più grande e indimenticabile: i cinque titoli consecutivi del terraiolo Bjorn Borg, il nono titolo di singolare di Martina Navratilova, il record di precocità del 17enne Boris Becker, il pianto di Jana Novanta sulla spalla della duchessa di Kent dopo l’harakiri contro Steffi Graf, il settimo sigillo ai Championships di Pete Sampras a pareggiare il record dell’800 di William Renshaw (poi eguagliato anche da Federer), il miracoloso successo della prima wild card di sempre, Goran Ivanisevic, con la spalla da operare. A Wimbledon, dal 2000, l’erba non è più l’erba dei grandi attaccanti, ma è piuttosto “erba battuta”, più resistente per il gioco da fondocampo, ma servizio e volée rimangono atout imbattibili, così come tecnica sopraffina e ginocchia sempre basse per intercettare traiettorie traditrici a fior di campo. A Wimbledon, i biglietti si trovano più di prima, ma vige ancora la tradizione dei tifosi che si accampano fin dalla notte precedente a Wimbledon Park e passano la mattina in una lunghissima fila sperando di aggiudicarsi un biglietto, con l’opzione del “ballot” per i più fortunati.

LONDON, ENGLAND - JUNE 22: A worker checks the grass on Day Three of the Wimbledon Lawn Tennis Championships at the All England Lawn Tennis and Croquet Club on June 22, 2011 in London, England. (Photo by Oli Scarff/Getty Images)
L’accurata cura dell’erba durante il torneo, nel 2011 (Oli Scarff/Getty Images)

Nel Tempio, dove tutto è più veloce ed imprevedibile, il favorito, anche quest’anno, sarà ancora, sulla carta, Novak Djokovic, campione delle ultime due edizioni, come anche del 2011, e finalista nel 2013, motivatissimo dalla possibilità di chiudere lo storico Grande Slam (come riuscì per ultimo a Rod Laver nel 1969), dopo aver vinto Melbourne a gennaio ed aver appena sfatato il tabù terra rossa al Roland Garros. In realtà, molto si deciderà al sorteggio, perché le mine vaganti, soprattutto ai Championships, dove tutti hanno una motivazione in più, sono tante. E hanno nomi magari meno noti, come gli ultimi giocatori servizio-volée, Masut e Muller, o come i super battitori Raonic, Isner, Berdych, Wawrinka, Tsonga. Oltre ai soliti Murray e Federer, ed ai giovani rampanti, da Kyrgios, a Thiem a Zverev. Mentre, fra le donne, Serena Williams, insieme alla neo regina di Parigi, Muguruza (finalista uscente a Church Road), la mancina Kvitova, due volte campionessa sull’erba magica, e magari la sua connazionale ceca, Karolina Pliskova, si staccano nettamente nei pronostici. L’Italia, al di là della tradizione negativa, ha giocatori abili anche sull’erba, come Andreas Seppi, Roberta Vinci e Camila Giorgi. Ma, tanto, il protagonista numero 1 rimarrà lui, Wimbledon, sempre ben difeso dai Doherty Gates e dalle regole della storia.

 

Nell’immagine in evidenza, il Centre Court di Wimbledon con Roger Federer al servizio, nel giugno 2014 (Jan Kruger/Getty Images)