L’evoluzione del nove bianconero

Gonzalo Higuaín è il David Trezeguet degli anni Duemiladieci: attaccante, francese e argentino insieme, juventino. Ma con una consapevolezza diversa in campo.

È probabile che Raymond Domenech si sia accorto di tutto con almeno due anni di ritardo. E che le immani dimensioni del disastro che aveva combinato gli siano piovute tra capo e collo la sera del 9 luglio 2008, nel secondo anniversario della finale di Berlino. David Trezeguet, l’uomo che quella notte consegnò a Lippi la coppa più preziosa con il suo errore dal dischetto, ha appena annunciato il suo addio alla Nazionale. La causa, manco a dirlo, è l’uomo che quella Nazionale la guiderà fino al disastroso Mondiale sudafricano, reo di averlo escluso dagli Europei in Austria e Svizzera. Lo stesso che, nel novembre immediatamente successivo a quel rigore sbagliato, lo aveva di fatto delegittimato del suo ruolo, offrendo il 9 della Francia a un ragazzino che il mondo aveva da poco imparato a conoscere per la doppietta che nell’ottobre 2006 aveva consentito al River Plate di battere 3-1 il Boca Juniors nel Superclásico di Apertura al Monumental.

La doppietta di Higuaín al Boca, nel 2006

Prima di allora, infatti, di Gonzalo Gerardo Higuaín si sapevano essenzialmente tre cose: era uno dei prodotti migliori della cantera dei Millonarios; era soprannominato “El Pipita” per la necessaria continuità con “El Pipa”, il padre Jorge, modesto mestierante della pedata che in carriera si sarebbe segnalato per essere stato uno della “sporca trentina” ad aver indossato sia la maglia del River che quella del Boca; era in possesso del solo passaporto francese, essendo nato il 10 dicembre 1987 a Brest nell’unico anno in cui Jorge decise di tentare l’esperienza all’estero. Ed era questo il dettaglio che aveva spinto Domenech a convocarlo non ancora diciannovenne, convinto di aver trovato il partner ideale per Thierry Henry. Purtroppo per lui, il ragazzino si era dimostrato risoluto nel rifiutare ruolo e convocazione, decidendo di aspettare l’ottenimento della cittadinanza argentina (che sarebbe arrivata nel 2007), nonostante la scelta gli avesse precluso la possibilità di seguire la consueta trafila delle nazionali giovanili dell’Albiceleste. L’allenatore francese, però, era tornato alla carica nell’estate 2008, qualche settimana dopo l’addio di Trezeguet, offrendo nuovamente a Higuaín convocazione e titolarità dopo l’esclusione dalla vittoriosa spedizione olimpica di Pechino. Respinto ancora una volta, si rassegnò all’inevitabile: Higuaín sarebbe stato argentino e avrebbe giocato e segnato per l’Argentina, mentre la Francia sarebbe naufragata di lì a poco con l’attacco nelle mani dei vari Gignac, Govou, Cissé e Anelka.

In questo intreccio c’è molto, se non tutto, di quel filo rosso che sembra legare i destini e le carriere di due centravanti così diversi eppure così uguali. Dal franco-argentinismo delle origini al bianconero della maturità, elementi in comune e di discontinuità si susseguono quasi a voler alimentare di proposito un confronto tra passato e presente (e futuro) dell’attacco juventino. Confronto che, altrimenti, non avrebbe ragion d’essere: calcisticamente parlando, infatti, tra Trezeguet e Higuaín c’è molto più dei 500 chilometri di distanza che separano Rouen da Brest e dei dieci anni di differenza. Parliamo di un modo di essere nove diverso, in epoche diverse, in Juventus diverse. Due i denominatori comuni: la necessità di vincere e il doverlo fare attraverso un congruo bottino di reti del terminale offensivo, sia esso silenzioso e letale come un cobra che colpisce quando nessuno si è accorto della sua presenza o feroce e spavaldo come un leone, che fa precedere l’assalto decisivo da un possente ruggito.

TURIN, ITALY - MARCH 9: David Trezeguet of Juventus scores with a spectacular overhead kick which Ivan Helguera of Real Madrid cannot block during the UEFA Champions League first knock-out round, second leg between Juventus and Real Madrid on March 9, 2005 at the San Siro Stadium in Milan, Italy. (Photo by Mike Hewitt/Getty Images)
Il gol in acrobazia di Trezeguet contro il Real Madrid, nel marzo 2005 (Mike Hewitt/Getty Images)

La Juventus che, nell’estate del 2000, acquista dal Monaco un Trezeguet 23enne per 45 miliardi di lire, è una squadra in profonda evoluzione, soprattutto per quel che riguarda il reparto offensivo. La  coppia Del Piero – Inzaghi stava lentamente scricchiolando tra gelosie e ripicche in campo e fuori, mentre il gioco bianconero aveva bisogno di trovare altri sbocchi che non fossero solo le intuizioni per vie centrali di Zidane. Serviva qualcuno che sapesse coniugare senso del gol, velocità d’esecuzione, stacco aereo, facilità di calcio e di dialogo con i compagni. Chi meglio dell’uomo da 52 gol in 93 presenze con i monegaschi e che aveva appena giustiziato l’Italia nella notte di Rotterdam con uno dei gol più belli e stilisticamente perfetti mai visti in una finale europea?

Allo stesso modo, sedici anni dopo e in un calcio profondamente mutato, la Juventus ha trovato in Higuaín la risposta ideale alle domande sempre più pressanti di un gruppo che punta al “tutto e subito” nel prossimo biennio. Nessuno meglio dell’ex Napoli riesce a declinare il ruolo di centravanti totale: primo difensore della sua squadra in fase di non possesso (capacità affinatasi sotto Mourinho negli anni madrileni), implacabile negli ultimi 20 metri di campo. L’obiettivo, nemmeno tanto nascosto, era trovare qualcuno che facesse fare un ulteriore salto di qualità senza sacrificare un’impiantistica di gioco collaudata. Una stagione da 25-30 marcature, accompagnata da scatti, sponde, sacrifici sul primo pressing avversario, ripagherebbe ampiamente l’ingente investimento. A patto, ovviamente, di alzare trofei a maggio inoltrato.

Juventus' Argentinian forward Gonzalo Higuain celebrates after scoring during the Italian Serie A football match Juventus versus Fiorentina on August 20, 2016 at the 'Juventus Stadium' in Turin. / AFP / MARCO BERTORELLO (Photo credit should read MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images)
L’esultanza di Gonzalo Higuain per la sua prima rete in bianconero, contro la Fiorentina (Marco Bertorello/AFP/Getty Images)

Ancora una volta, diversi ma uguali. Accomunati dall’indispensabilità dei loro gol per una squadra che punta a vincere tutto, ma anche dalle difficoltà degli esordi con il calcio che conta, spesso chiusi da compagni più blasonati. Ma se a Trezeguet la concorrenza con Del Piero, Inzaghi e Kovacevic non impedisce di diventare il miglior marcatore del reparto nella sua prima stagione italiana (14 gol in 25 presenze), per Higuaín la presenza di ombre ingombranti come quella di Raúl e Van Nistelrooy è stata un notevole banco di prova per sogni e ambizioni. Acquistato nel gennaio 2007 dal Real Madrid su precisa richiesta di Fabio Capello (dopo un temporaneo e poco limpido tesseramento da parte degli svizzeri del Locarno), è nel 2007/2008, sotto Bernd Schuster, che si palesano le prime difficoltà. Il valore del giocatore è indiscutibile, ma l’allenatore tedesco non sa letteralmente che farsene: 25 partite, spesso fuori ruolo, e la miseria di 8 gol con il tecnico che si giustifica in conferenza stampa al grido di «non so dove metterlo».

I 36 gol di Higuaín nella scorsa Serie A

Per entrambi serve una svolta. Che fa rima con cambio di guida tecnica: Marcello Lippi per l’uno e Juande Ramos per l’altro. Il 2001/2002 di Trezeguet, culminato nello scudetto all’ultima giornata, racconta di 24 reti senza rigori e del titolo di capocannoniere ex aequo con Dario Hubner; 22 gol e 9 assist, invece, nel 2008/2009 di Higuaín, miglior marcatore stagionale delle merengues. Da lì in avanti è un crescendo rossiniano. David si affermerà come miglior marcatore straniero nella storia della Juventus (171 marcature nei dieci anni sotto la Mole). Gonzalo nelle sue sette stagioni madridiste troverà il modo di lasciare un segno indelebile nella storia del Real: 264 presenze e 124 gol, compresi il numero 700 dei blancos in Champions League realizzato il 3 novembre 2010 a San Siro contro il Milan e i 22 che nel 2011/2012 gli consentono di formare con Cristiano Ronaldo (46) e Karim Benzema (21) il tridente d’attacco più prolifico della storia della Liga.

Da questo momento in avanti l’unico punto di contatto tra i due sarà la comune militanza al River, maglia che Trezeguet vestirà dal 2011 al 2013: 35 presenze (le stesse di Higuaín), 16 gol (tre in più). A prendere il sopravvento, adesso, sono le differenze. Il Trezeguet di fine carriera è un giocatore che non ha più motivo d’essere nel calcio moderno dei “falsi nueve” e dello spazio da attaccare come nuovo centravanti. Nessuna squadra di vertice potrebbe permettersi, oggi, un bomber completamente avulso dalla manovra e abile e arruolabile solo nei 16 metri avversari. Higuaín, in tal senso, è l’evoluzione della specie, riuscendo ad unire la capacità realizzativa di allora ai movimenti senza palla e alla partecipazione alla manovra di oggi. La stessa stagione del record è stata il perfetto manifesto di quest’assunto: perché è vero che il Napoli di Sarri è stata una squadra che ha giocato con e per Higuaín, ma è altrettanto vero che Higuaín ha giocato con e per la squadra, traendo giovamento da schemi e movimenti in cui lui era parte integrante e non solo mero finalizzatore. Differentemente da Trezeguet che, anche negli anni di massimo fulgore agonistico, ha avuto bisogno di 10 compagni che si muovessero in funzione di garantirgli un tot numero di palle gol pulite e massimizzare il volume di gioco espresso.

I più bei gol di Trezeguet in maglia bianconera

Tradotto in parole povere: Higuaín si fa preferire nella sua modernità per essere in grado di costruirsi anche da solo l’occasione buona senza gravare sull’economia di squadra in fase di non possesso; di contro uno come Trezeguet, maestro nella nobile arte del “one shot, one kill”, torna buono nelle occasioni da dentro o fuori, nelle partite senza domani, nelle gare dove la differenza la fa il singolo episodio. Ciclonico nelle giornate di grazia, irritante quando sembra soffrire improvvise amnesie nei periodi di magra il primo; ornamentale, quasi superfluo il secondo, se squadra e gioco non sono pensati per esaltarne le straordinarie doti di finalizzatore. Di certo c’è che, dopo anni, la Juventus ha di nuovo una prima punta di valore assoluto per provare a dare l’assalto decisivo a quell’Europa che Trezeguet ha solo sfiorato nel 2003 e che Higuaín vorrebbe conquistare per legittimare il suo status di campione assoluto.