Benvenuti in Serie A

I giocatori più interessanti arrivati in Italia in estate: i portoghesi João Mário e Bruno Alves, i blucerchiati Praet e Linetty, e poi Krejcí, Nagy, Simeone, Ocampos.

Chi sono le nuove facce della Serie A a meritare maggiore attenzione? Abbiamo selezionato otto nomi da conoscere e da seguire.

Karol Linetty

Karol Linetty è uno che sorride, e a cui piace il calcio. Lo deduci entrando e scrollando nel suo profilo Instagram, che come frase di riferimento porta “Football is my life” – scritta così, in inglese – e foto piene di gioia e compagni di squadra e vita normale. Lo capisci facendoti un giro su Youtube, quando ti imbatti in un video che comincia con un breve gameplay di un calciatore-Super Mario. Il montaggio continua su un campo di allenamento, dove troviamo Karol insieme ad altri due tizi e poi immerso in sfide di abilità calcistica. Prima dribbla il portiere, poi tira in porta, poi deve colpire la traversa. Nel frattempo, tra una prova e l’altra ma anche durante questi giochi, Karol Linetty sorride. E poi fa belle cose con il pallone, soprattutto con il piede sinistro. Il video fa parte di una serie che si chiama Turbokozak, e sottopone alle stesse prove alcuni calciatori polacchi. Quelli della golden generation di oggi, che hanno sfiorato la semifinale degli Europei e da Lewandowski in giù riempiono gli organici delle top leghe europee (sono 20 tra Premier, Serie A, Liga e Bundes). Linetty, nonostante le zero presenze in Francia, sta perfettamente in questo gruppo: Zibì Boniek, presidente della Federcalcio di Varsavia, l’ha definito «un elemento completo, capace di svolgere in maniera ottimale entrambe le fasi, sia offensiva che di copertura».

Negli highlights personali di Sampdoria-Bassano, match di Coppa Italia giocato alla vigilia di Ferragosto, si vede una parte del Linetty descritto dall’ex calciatore di Juventus e Roma: presenza fisica, capacità di trattare la palla e di leggere il gioco offensivo. In una partita geneticamente diversa, quella al Camp Nou contro il Barça, Linetty mostra l’altra faccia di sé: applicazione tattica e partecipazione attiva e continua alla fase di non possesso. All’esordio in campionato, ad Empoli, 9 eventi difensivi e 5 falli commessi; più 2 key passes e un dribbling riuscito. Nella nuova utopica Sampdoria di Giampaolo, squadra che aspira al bello, questo ragazzo ci sta alla grande. Perché gioca bene, in qualsiasi ruolo e secondo ogni interpretazione della linea mediana. Quasi a voler confermare di essere quel «centrocampista versatile» descritto dal Daily Mail quando si parlava di un interessamento del Manchester City. Era giusto un anno fa, e il 20enne Linetty, stellina del Lech Poznan, aveva già messo insieme 6 presenze in nazionale. Di solito, uno così lo definisci “predestinato”. Promesse e premesse, ad occhio, sorridono a questa aggettivazione. Proprio come fa lui.

In questo video, Karol Linetty ha appena 18 anni

Bruno Alves

Prendiamo il concetto di hype nel calcio, e giochiamo a ribaltarne la dimensione temporale e anagrafica. Facciamo che l’aspettativa per un calciatore sia direttamente proporzionale alla sua età, al valore della sua storia e della sua carriera. In un caso del genere, distopia pura, Bruno Alves al Cagliari sarebbe il colpo assoluto dell’estate 2016. Anche perché uno che, a tre giorni da una finale europea, trova il tempo e il sorriso per pubblicare un video su Instagram in cui parla in inglese e dice «Forza Casteddu», deve essere per forza un grandissimo acquisto.

L’ex Zenit e Fenerbahce è arrivato in ritardo al suo appuntamento col nostro calcio: nel giorno della sua presentazione in Sardegna, ha dichiarato di essere stato «vicino alla Juventus durante il periodo in Russia». È un collezionista di titoli nazionali (ne ha vinti 7 tra Portogallo, Russia e Turchia), ed è ancora oggi il difensore più caro nella storia della Russian Premier League (22 milioni per il passaggio dal Porto allo Zenit, nell’estate del 2010). Una ricerca su Youtube rivela le due anime del 35enne centrale portoghese: quella del “duro” e quella dello specialista di calci piazzati (altra roba che ha il sapore dell’hype assoluto). Se la prima è una forzatura mediatica che non trova riscontro nella realtà (103 ammonizioni su 409 partite di club, ma appena 3 espulsioni), se non in qualche intervento effettivamente fuori dalle righe e oltre il regolamento, la seconda vive di ottimi colpi balistici da lontano e di un buon numero di gol in carriera (27 totali nei club più 10 in nazionale). Proprio un calcio da fermo rappresenta la più grande delusione della carriera di Bruno Alves: a Euro 2012, semifinale con la Spagna, è lui a sbagliare il quinto e decisivo penalty della lotteria. Un errore che sarà cancellato quattro anni dopo, giusto agli ultimi Europei, con la prima grande vittoria nella storia della Seleção. Che per Bruno Alves è una specie di bellissima ossessione: già prima della kermesse francese dichiarò che non avrebbe «mai e poi mai» lasciato la selezione portoghese. È andata proprio così: Fernando Santos l’ha convocato per i due match contro Gibilterra e Svizzera, in cui presumibilmente collezionerà le sue presenze numero 87 e 88 con la maglia della sua Nazionale. Nel frattempo, ha già messo insieme una totale di 18 interventi difensivi nel nostro campionato, in soli 180 minuti. Un numero che lo colloca al quinto posto di questa speciale classifica. A volte, basta la sola realtà a ribaltare l’hype.

Bruno Alves tira così le punizioni

João Mário

Jan Hagen, giornalista inglese che collabora con il sito ufficiale della Fifa – e che su Twitter si presenta con una frase emblematica, «Devoting my life to Portuguese futebol» -, riporta sul suo profilo, il 22 maggio del 2015, questa dichiarazione di Jorge Jesus: «La crescita di João Mário è dipesa soprattutto dalla sua intelligenza». Nel momento in cui scriviamo, poche ore dopo la sua presentazione come nuovo acquisto dell’Inter per 40 milioni di euro, la frase migliore per descrivere João Mário è ancora questa. Anche se, nel frattempo, il 23enne di Oporto si è laureato Campione d’Europa da protagonista ed è stato definito da Paulo Futre come «il sostituto naturale di Andrés Iniesta». Sì, perché João Mário è innanzitutto questo: intelligenza. Lo capisci con un viaggio veloce su Youtube e nei suoi video-skills: in questo, per esempio, sono montate sette giocate in sequenza. Quattro di queste, più della metà, sono fatte di prima. E sono un gol o un assist decisivo. In quest’altro, invece, che racconta la sua finale europea contro la Francia, lo vediamo: battere calci di punizione e calci d’angolo; alternarsi con il gemello Renato Sanches ai due lati di William Carvalho e Adrien Silva; intercettare un lancio di Griezmann dopo una gran corsa all’indietro, nel primo tempo supplementare, in una situazione di inferiorità numerica. Tutte cose che, se vuoi farle bene, devi avere per forza una mente calcisticamente superiore.

Il resto della narrazione su João Mário aderisce perfettamente a questa idea: secondo Hugo Tavares da Silva, «è facile immaginarlo in spiaggia, mentre legge buoni libri, in qualsiasi giorno d’estate. Sembra uno che possiede larghe vedute, che vanno oltre il calcio». Suo fratello Wilson Eduardo (attaccante dello Sporting Braga da 6 gol in 12 presenze con l’Under 21), in un’intervista rilasciata subito dopo l’esordio in prima squadra di João Mário, nel 2013, quantificò in «due anni» il tempo necessario perché arrivasse in Nazionale. Lo stesso João Mário sembra fare il possibile per confermare che la sua dote migliore è il cervello: «Una bella responsabilità, ma non ci penso tanto», ha detto dopo aver saputo di essere il secondo giocatore più costoso della storia dell’Inter. Durante gli Europei, invece, ha rilasciato questa dichiarazione: «La critica è parte del gioco, sappiamo come funzionano le cose nel calcio». João Mário è uno che ha le idee chiare, e che gioca (benissimo) in tutti i ruoli del centrocampo. Sulla carta, proprio quello che serve all’Inter.

João Mário sa fare tutto

Ladislav Krejcí

Futbol Mundial, format televisivo di narrazione calcistica curato dalla Fifa, ha dedicato parte di una sua puntata a Ladislav KrejcíIl documentario, che risale alla stagione antecedente al Mondiale del 2014, non concede grosse divagazioni: le interviste e le inquadrature sono impostate, le dichiarazioni sono istituzionali. Ladislav parla alla telecamera, indossa una maglia rossa e si dichiara «onorato e contento di giocare nello Sparta Praga». L’unico momento di brio è quello che si concede Vítězslav Lavička, oggi alla guida della Nazionale Under 21 della Repubblica Ceca e allora tecnico dello Sparta Praga, e di Krejci: «Ladislav è molto veloce, molto tecnico. E poi, ha una grandissima voglia di vincere e di primeggiare».

Da allora a oggi, la voglia di primeggiare: Krejci è riuscito a imporsi come uno dei migliori calciatori cechi della sua generazione, è diventato uno degli insostituibili della Nazionale maggiore (non ha saltato un solo minuto della sfortunata spedizione della Repubblica Ceca a Euro 2016) ed è riuscito ad arrivare nel calcio italiano. In cui ha esordito col botto, in Bologna-Trapani di Coppa Italia: il primo gol ufficiale della stagione dei felsinei è suo, ed è tutto tempismo e tecnica e velocità. Cross basso al centro di Verdi, tacco di Destro che smorza la corsa del pallone e scatto di Krejci, bravo ad arrivare sulla palla e a colpire di prima, col sinistro, il suo piede, sul primo palo. Gran partita anche all’esordio in campionato, al Dall’Ara col Crotone: 93% di pass accuracy, key passes, 7 cross tentati, 2 conclusioni verso la porta e un legno. Nella partita di ieri, Donadoni ha deciso di farlo iniziare dalla panchina. Forse è un caso o forse no, ma il Bologna ha perso per 5-1 in casa del Torino. Krejci, al di là di ambientamento e concorrenza per un posto da titolare, ha le potenzialità per fare benissimo nel nostro campionato. E l’ha dimostrato anche prima di firmare col Bologna. Una (ulteriore) referenza arriva dall’ultima sorprendente Europa League dello Sparta Praga, che venne a prendersi i quarti a Roma, con un indimenticabile 0-3 all’Olimpico contro la Lazio. Per Ladislav, quel giorno, un gol e un assist. E la certezza di un luminoso futuro: Bologna e l’Italia, forse, gli offriranno lo spazio giusto per consacrarsi. Speriamo, almeno: a occhio, le qualità per fare la differenza ci sono proprio tutte. Non sarebbe male vederlo sempre in campo.

Piacere, Ladislav Krejci

Giovanni Simeone

Una delle cose più belle che viene fuori interrogando Google con la chiave Giovanni Simeone è una foto risalente all’anno 2000, pubblicata da El Grafico: ci sono un padre di 30 anni e un figlio di 5 che giocano a calcio, e il padre sorride mentre sta per intervenire in scivolata sul figlio. Raramente abbiamo visto Diego Pablo Cholo Simeone sorridere così, di gusto, ma questa volta succede. Un’altra cosa interessante è un’intervista che il giovane Gio rilascia a Olé subito dopo la fine della sua esperienza al Banfield – il club che ha allevato, tra gli altri, Javier Zanetti -, un prestito da 29 presenze e 12 gol: «Tornare al River? C’è sempre questa possibilità, ma per adesso non ci penso. Ne ho parlato con mio padre, certo. Anche se lui è Diego Pablo Simeone, è ancora molto importante per me e per le scelte che riguardano la mia carriera. Magari glielo chiedo dopo la finale di Champions League, che è più tranquillo». Magari sì.

Alla fine, non è andata così. Non è stato River Plate. Gio Simeone, oggi, è un calciatore del Genoa. È uno dei cinque uomini della colonia argentina (Gentiletti, Munoz, Burdisso e Ocampos) agli ordini di un croato, Ivan Juric. È la seconda opzione come punta centrale dopo il titolare Pavoletti. Lui, proprio lui, che di Pavoletti sembra l’esatto contrario solo a guardarlo: l’ex Sassuolo è un centravanti dalla figura old school, uno muscolare e bravo a sfruttare lo spazio attraverso la stazza imponente. Il Cholito si presenta invece con una fisicità diversa. Più tozza, più quadrata, eppure prorompente allo stesso modo: 1,75 x 80 kg, scatto e agilità ma pure un tempo perfetto nel salto e nella giocata aerea. In un video-skills su Youtube che raccoglie il meglio della sua parentesi al Banfield, ci sono 11 dei 29 gol realizzati. Di questi, 6 sono segnati grazie a un colpo di testa. Una statistica veloce che ci permette di affermare che un gol di testa di Gio Simeone non è un caso; e che il suo è un caso raro di nueve che studia da attaccante completo perché ne ha le possibilità, fisiche e tecniche. Se ne è accorto a suo tempo anche Humberto Grondona, figlio di Julio, che ne ha fatto il centravanti dell’Under 20 argentina. La stessa Under 20 che ha vinto un anno fa il Sudamericano di categoria. Il capocannoniere della manifestazione, con 9 gol, è stato proprio Simeone. In rossoblu ha scelto la maglia numero nove, e si è presentato affermando di essere uno che «ama sfruttare gli spazi». E dicendo che suo padre «ha approvato la scelta di venire al Genoa». Magari pure stavolta, chissà, è riuscito a sorridere di gusto. Sedici anni dopo la foto di un intervento in scivolata.

Un altro Simeone con la maglia della Selección

Bonus track

Adam Nagy

È stato acquistato dal Bologna, giocherà accanto a Krejci. È il calciatore che ha colpito più di tutti a Euro 2016 con la maglia dell’Ungheria. L’abbiamo già presentato in un pezzo sulla nazionale magiara, in cui riportammo una frase scritta da Tomasz Mortimer di Espnfc. Per il quale Adam Nagy è un calciatore «rapido e tatticamente intelligente, che copre bene gli spazi alla sua difesa e gestisce bene il possesso palla». Ha giocato la prima partita da titolare, e il Bologna ha vinto. Ha iniziato in panchina la seconda, e il Bologna ha perso. Proprio come Krejci. Forse, proprio come per Krejci, non è un caso che al Bologna sia andata così.

Lucas Ocampos

Ne scrivevamo un anno fa in Classe Novanta, avevamo una gran voglia che facesse bene a Marsiglia. Non è andata proprio così (25 presenze e 4 gol in tutte le competizioni), ora ci riprova al Genoa. Con i rossoblu ha giocato entrambe le partite, da esterno del tridente. Non ha proprio impressionato, ma Juric lo tiene in forte considerazione. Non possiamo nascondere quanto ci faccia piacere, anche perché le doti sono quelle del grande calciatore.

Dennis Praet

Anche lui era tra gli eletti di Classe Novanta, ora ce lo ritroviamo alla Sampdoria. Una squadra bella da pensare, da vedere, da immaginare mentre gioca. Soprattutto ora, che c’è questo ragazzo dal tiro mortifero e dalla grande capacità di lettura dei passaggi filtranti. Un potenziale fuoriclasse, tutto da crescere. Marco Giampaolo, quest’anno, ha veramente una grande occasione.

 

Nell’immagine in evidenza, Joao Mario a San Siro prima di Inter-Palermo (Tullio M. Puglia/Getty Images)