Il ritorno di Marco Sau

L'epopea dell'attaccante sardo, dall'esplosione a Foggia con Zeman al ritorno forzato in B. Marco Sau è l'anima del nuovo Cagliari di Giulini.

Non aveva vent’anni, Marco Sau, quando lasciò il vivaio del Cagliari: in prestito a Manfredonia, dava inizio alla propria avventura tra i pro. Cinque anni dopo, conseguito a pieni voti il diploma in serie minori, Marco Sau poteva rientrare alla base direttamente in Serie A: portava con sé, in dotazione, un massivo rifornimento di piedi per terra e testa sulle spalle, frutto di un buon accumulo di alti e altrettanti bassi. Qualche giorno fa – era domenica 28 agosto, intorno alle 22 e 40 – il suddetto attaccante trafiggeva Szczesny, interrompendo con fierezza le scorrerie di Roma in terra isolana e rivendicando una titolarità per nulla scontata. Scorrendo nel dettaglio questi due lustri di carriera, sembra emergere una questione ancora irrisolta: “quanto Sau sia adatto al Cagliari”, ovvero “quanto il Cagliari abbia bisogno di Sau”. Una risposta, benché parziale, siamo già in grado di darla a proposito del “ruolo” di Sau. Posta l’inarrivabilità di Riva e il fatto che, in termini di “ruolo” sul campo, fare la punta (prima o seconda) è solo uno dei molti modi in cui si può non raggiungere il metro e settanta, la risposta è più che altro di tipo simbolico: è un discorso che riguarda Cagliari e il Cagliari.

Ora che l’accenno di stempiatura è sempre più pronunciato e che l’inchiostro nero sull’avambraccio è sempre più scolorito, Sau incarna – più di tutti – la coscienza critica dell’attuale Cagliari di Giulini. Se, in altri termini, il presidente sembra essersi ben coperto affidandosi alle bacheche di Isla, Padoin, Borriello e Alves, questo Cagliari ha bisogno di un ridimensionamento preventivo. Ciò perché si è freschi neo-promossi e bisogna arrivare almeno diciassettesimi, ma soprattutto perché, allo stato attuale, Giulini non può vantare alcuna salvezza ottenuta sul campo. Ecco, allora, che la forza dell’organico sardo si esemplifica al meglio nella conferma, in blocco, del nucleo italiano comprendente i vari Ceppitelli, Di Gennaro, Murru e Storari. Tra questi, prescindendo da gioielli alla Joao Pedro o dall’altra pietra miliare Dessena, Sau esercita il duplice ruolo di leader silenzioso e grillo parlante, ancorato come un reduce all’era-Cellino e proiettato, perché ancora giovane, al nuovo ciclo. Senza poter prevedere l’esito del ballottaggio con il mai domo Farias, questo Sau è la necessaria iniezione di lucidità in un momento delicatissimo per Rastelli. Trait dunion tra passato e presente, Marco Sau è quel che rimane del verbo di Daniele Conti, conserva gelosamente il ricordo di Dely Valdes e Tovalieri, trasuda dribbling di Ibarbo e giocate di Cossu.

GENOA, ITALY - AUGUST 21: Marco Sau of Cagliari Calcio looks on during the Serie A match between Genoa CFC and Cagliari Calcio at Stadio Luigi Ferraris on August 21, 2016 in Genoa, Italy. (Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)
A Genova, alla prima di campionato (Valerio Pennicino/Getty Images)

Le serie minori

Il passaggio del giocatore per le categorie inferiori ha conosciuto alcune costanti: 1) un cartellino che, nonostante un tentativo del Foggia fallito a causa di cavilli legali, è sempre rimasto di proprietà del Cagliari; 2) un andamento oscillante, in bilico tra C e B. Al Manfredonia, dopo un anno in compagnia di Frison e Burrai, avevano iniziato a parlarne bene. Per quanto la stagione, sotto la guida di Novelli prima e Pensabene poi, si fosse conclusa con un disastroso ultimo posto, la doppia cifra di Sau rappresentava uno score importante: i 10 centri facevano il paio con i 24 totali (!) del team. Il ragazzo aveva mostrato di saper reggere l’urto, così da meritarsi un passaggio in B, all’Albinoleffe, nell’ambito dell’operazione-Marchetti. Il buon momento della squadra, che stava attraversando l’epopea di Madonna, coincise però per il giovane con una scelta prematura. Le diciannove presenze complessive senza gol, bilancio amaro e non imputabile alla concorrenza di Ruopolo, Cellini e Gabionetta, comportarono un ritorno in C – di nuovo in prestito – al Lecco. Sotto la guida di Magoni, poi di Tarroni e Ratti, la musica non parve cambiare di molto, come suggerito dal magro bottino di 5 reti in 33 apparizioni e dall’ultimo posto nel girone B, con la seconda retrocessione in tre stagioni (stelle del Lecco erano, al tempo, Corrent e Ciano).

Quel che è avvenuto in seguito, storia nota agli uffici, si è incrociato con i destini di Lorenzo Insigne (l’altro modo di non raggiungere i 170 cm) e del resto della cricca. Forse, semplicemente, la propensione zemaniana a rigenerare talenti sull’orlo del baratro calcistico era ciò di cui anche Sau necessitava. L’annata di Foggia (2010/11), il più epico campionato di Serie C che abbia visto coinvolta una squadra non promossa, è stata il riscatto della punta nei confronti di una Lega Pro che più volte ha rischiato di risucchiarlo. Finalmente divenuto bomber (20 in campionato, 23 totali), il minuto attaccante ha ottenuto il permesso di spiccare il volo: non sarà andato a Pescara come gli altri, ma a Castellammare di Stabia hanno tutti, nessuno escluso, riconosciuto l’operato Zeman.


Tutte le reti di Marco Sau con la maglia del Foggia guidato da Zdenek Zeman

Ascesa e declino

Nell’estate del 2012, dopo i 21 gol alla Juve Stabia e sull’onda dei trasferimenti di Sansone al Torino e Insigne a Napoli, Cellino si decide a riaccogliere Sau, per rimpolpare un reparto che poteva già contare su Ibarbo, Nenè e Pinilla. Nel giro di qualche minuto di stagione regolare, venne a crearsi un equilibrio così configurato: Pinilla sarebbe stato titolare solo a condizione che fosse stato almeno al 70%; Ibarbo, in ogni caso il miglior “spaccapartite” possibile, sarebbe stato inserito per lo più a gara in corso; Nenè, con tutti gli onori del caso, avrebbe fatto il quarto in rotazione. Per Sau si trattava, a conti fatti, di diventare l’intoccabile del gruppo. Questo non tanto in nome di una gratuita preferenza accordata ai sardi di nascita, quanto per il fatto che Sau iniziò a segnare con costanza (divenne, a tratti, il rigorista designato). I 12 sigilli collezionati nell’arco della stagione, rappresentarono per la squadra un bottino degno dei tempi di Muzzi e Oliveira, quegli atleti – guarda caso – su cui si era formato il cagliaritanesimo del Sau bambino. Vigile e sempre sul pezzo, Prandelli fece esordire il calciatore a fine stagione, premiandolo con quaranta minuti contro San Marino.

Eppure, da buon tormentato, Sau trovò in quell’esordio in azzurro la sola (l’ultima, per il momento) presenza per una rappresentativa nazionale. Il suo successivo e repentino declassamento non lo ha riportato proprio al Lecco in Serie C, ma quel che è accaduto ha assunto tutti i caratteri di un’involuzione. Gli infortuni con cui la punta ha convissuto, non meno delle questioni legate agli allenatori, ne hanno condizionato irrimediabilmente il calo di rendimento: 30 e 6 con Lopez; 28 e 7 (9 stagionali) nell’anno del ricongiungimento con Zeman. Ci ricordano le fonti come il seguente campionato sia stato viziato da alcuni dissapori con lo stesso Lopez, mentre l’anno dopo è coinciso nientemeno che con il fallimento del primo, ambizioso progetto di Giulini: gli inutili proclami della vigilia hanno sancito, al contempo, un’inattesa retrocessione del Cagliari in B dopo dieci anni e i raggiunti limiti di anzianità del tecnico boemo.

Tutte le abilità di Marco Sau in maglia Cagliari

Purgatorio e risalita

Al ritorno in cadetteria, che Sau accetta non senza remore, le gerarchie sono del tutto cambiate. Passati i fasti, in cui si mormorava di un interessamento della Fiorentina per il giocatore, la stagione inizia con un rifiuto al Bologna e con Farias sugli scudi, in virtù delle cifre messe insieme nella stagione precedente. D’altra parte, Sau e Farias possono completarsi, con quest’ultimo che, forse, è solo “diversamente” motivato: senza il peso di essere sardo, l’altro fedele di Zeman non vive l’eterna diatriba tra terra di provenienza e città di adozione. Melchiorri, poi, non ha davvero niente da perdere, come pure il giovane Cerri. Ad ogni modo – ma non è il caso di scomodare Riva – Sau resta a Cagliari con l’intento, dichiarato, di tornare in A per direttissima. Il percorso dei sardi è impervio come solo un campionato da 22 squadre può essere. Ma il copione, a parte qualche momento di tensione, va come deve andare, nonostante la pressione e i sorpassi del Crotone. Sorprende non poco, anche tra i non addetti ai lavori, che solo a fine stagione ci si sia resi conto della doppia cifra di Sau, che per un campionato intero è parso demotivato (se non svogliato), a fronte di una malcelata malcontento per il forzato ri-ambientamento in B. Non così però sembra a un occhio attento: le 10 marcature (11 con la coppa) acquistano tanto più peso se pensiamo agli immancabili problemi fisici, ai molti subentri e alle segnature decisive contro dirette avversarie, come Crotone e Cesena all’inizio (4 gol nelle prime 7) e ai 4 gol negli ultimi due mesi, tra cui spicca quello al 95’ a Modena, due minuti dopo il pareggio di Farias (che comunque, alla fine, ne ha messi 14).

Le marcature di Marco Sau nella B 2015/16

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Delle cinque reti con cui, a ferragosto, i rastelliani hanno asfaltato la Spal, la sola non messa segno da Borriello porta la firma di Marco Sau. Si è trattato di un gol normale, un tocco ravvicinato da accompagnare in porta di sinistro, ma dal sapore particolare: il suggerimento arrivava, generoso, dal compagno di reparto, che ha voluto a tutti i costi che il collega si sbloccasse. Per Sau è stato un modo per ribadire la propria presenza, per confermare di essere degno della squadra assemblata in estate e poter pacificamente convivere con l’omonimo Borriello. Poi la rete a Szczesny, una rimonta imprevedibile, un punto preziosissimo e un’esultanza rabbiosa. Insomma, sembra fatta. Sau ha sofferto, e ora che è tornato difficilmente brucerà questa importantissima chance: ora, per lui e per i compagni, non rimane che salvarsi.