Cento gol per essere Hamsik

Lo slovacco è il quinto giocatore nella storia del Napoli a raggiungere la quota dei 100 gol: una selezione di quelli che più ne raccontano lo stile di gioco.

Sabato sera, contro il Chievo Verona, Marek Hamsik ha segnato il suo centesimo gol con la maglia del Napoli in tutte le competizioni. Di questi 100 ne ha realizzati 61 di destro, 28 di sinistro e 11 di testa. Solo altri 4 giocatori sono riusciti nella storia del Napoli a raggiungere quota 100: Maradona, Sallustro, Cavani e Vojak. Hamsik tra di loro è l’unico centrocampista. Ad agosto ha iniziato la sua decima stagione in maglia azzurra, il che significa che, da quando i partenopei sono tornati in Serie A dopo il fallimento, lo slovacco c’è sempre stato. È il terzo in assoluto per presenze con il club, meglio di lui hanno fatto solo Bruscolotti e Juliano. La dimensione numerica di Hamsik, nel panorama della Ssc Napoli, lo proietta inevitabilmente in un orizzonte mitico. In un’intervista rilasciata a Sky poco dopo il suo arrivo, e che oggi per un tifoso del Napoli sensibile è impossibile vedere senza sprofondare in una voragine emotiva o erompere in una bufera di lacrime, Hamsik dice «mi fa molto piacere che sono seguito e piaccio ai napoletani, è una bella cosa diventare il simbolo di una città».

Con il cappellino e gli occhiali da vista

Difficilmente lo diventerà in senso stretto: il suo carattere riservato, riflessivo e razionale non potrebbe mai rappresentare davvero una città e una tifoseria che non conoscono mezzi termini e che spesso lo hanno addirittura accusato di scarsa personalità. Ma una cosa è certa, e cioè che Hamsik è l’unico vero simbolo della nuova storia calcistica di Napoli, ne è la sua cifra, il suo vertice, il suo uomo più importante. Da quando Maurizio Sarri siede sulla panchina del Napoli la qualità delle prestazioni di Marek è cresciuta ulteriormente, al punto che finalmente sembra aver realizzato quell’upgrade che era mancato con Rafa Benítez. Hamsik ha cambiato diverse volte ruolo nella sua carriera, ma più che ha altro ha cambiato modo di giocare, attraversando moltissime fasi diverse che sarebbe interessante studiare. Ci sono poi dozzine di domande irrisolte su Hamsik. Ha realizzato a pieno il suo potenziale? Che giocatore sarebbe potuto diventare se avesse lasciato il Napoli per un grande club a 23 anni?

Sono quesiti a cui è impossibile rispondere. Ho invece scelto alcuni dei suoi gol più rappresentativi (non più belli) per cercare di mostrare in maniera sintetica quelle che sono le sue qualità più caratteristiche, qual è il noumeno hamsikiano di Hamsik (ma occorrerebbe almeno anche una selezione di assist per essere davvero esaurienti). La speranza è che queste piccole tessere (che non sono ordinate cronologicamente, né secondo alcuna gerarchia), viste nel loro disegno complessivo, possano delineare in maniera approssimativa e parziale ma abbastanza fedele qualche tratto di uno dei centrocampisti più forti e completi in circolazione.

Minuto 1:38

Il 16/09/07 il Napoli di De Laurentiis guadagna i primi 3 punti in Serie A al San Paolo battendo 2-0 la Sampdoria di Mazzarri con reti di Zalayeta e Hamsik. La cosa semplicemente sconcertante del secondo gol in maglia azzurra di questo ventenne slovacco appena acquistato dal Brescia (il primo era arrivato poche settimane prima in Coppa Italia, contro il Cesena), è il suo essere una sorta di lastra di moltissimi suoi gol futuri, che qui sono come contenuti in nuce. Ma il gol è bellissimo di suo: l’azione inizia con Lavezzi che serve Hamsik con un colpo di spalla, Marek avanza qualche metro prima di servire Zalayeta che gli restituisce palla a limite dell’area chiudendo il triangolo: in pochissimo spazio il centrocampista finta di andare verso l’interno per poi sterzare sul lato opposto saltando di netto Sala. A quel punto non gli resta che incrociare un sinistro dosato e preciso con la stessa naturalezza e tranquillità che dimostra oggi a 29 anni. Rivedere questo gol è come fissare la fotografia di un embrione.

Minuto 1:20

Nella stessa intervista che ho citato all’inizio dell’articolo Marek dice, un po’ scherzando un po’ no, che la cosa di cui ha più paura è «di non trovare spazio per gli inserimenti». Evidentemente non è il caso di Genoa-Napoli della stagione 2009/10, dove lo trova in maniera incantevole. Hamsik è in possesso poco dopo la linea di centrocampo. Allarga verso Pazienza, che è più defilato verso destra. Mentre il foggiano cerca di non perdere il possesso sotto la pressione avversaria, Hamsik taglia il campo da sinistra verso destra con un movimento a uncino, sfruttando lo spazio che si stava venendo a creare tra le linee difensive dei genoani. Il passaggio di Pazienza per Quagliarella è sulla linea di corsa di Marekiaro, che però lascia sfilare il pallone al compagno per inserirsi rapidamente alle spalle di Moretti, troppo attratto dalla sfera per badare ad Hamsik (anche se va detto, come attenuante per il difensore, che solo 2-secondi-2 prima lo slovacco era in tutt’altra zona del campo). Il passaggio di Quagliarella è delizioso, passa tra Biava e Moretti, Marek ci arriva velocissimo, evita il portiere e la mette in rete da una posizione niente affatto semplice, non lontanissimo dalla linea di fondo. È praticamente impossibile descrivere scrivendo la velocità con cui Hamsik pensa ed esegue tutta una serie di azioni e vede spazi e passaggi e negativi di passaggi dove noi vediamo solo zolle verdi. Questo gol è hamsikiano al quadrato.

Nonostante non sia un giocatore che faccia particolari trick in campo, Hamsik è dotato di una notevolissima tecnica. Se si osservano le partite dei suoi primi mesi con Reja, lo si vede spesso tentare veroniche e elastici, che però con il tempo tuttavia si diradano. L’impressione è che in tutti questi anni lo slovacco abbia lavorato (per migliorare tatticamente, nei tempi di inserimento e a livello difensivo) quasi contro la sua tecnica, per padroneggiarla pienamente e piegarla alla propria volontà. La tecnica di Hamsik è sempre asservita a un fine, in ogni movimento del suo corpo brilla uno scopo: è un giocatore che punta a non dissipare alcuna energia inutilmente, a ottimizzare a pieno le proprie qualità in funzione delle diverse circostanze di gioco. Da questa aspirazione igienica deriva quella parvenza di compassatezza, quel totale autocontrollo che con gli anni è riuscito a conquistare e che paradossalmente è ciò per cui più è stato criticato. È invece ciò che più lo rappresenta come calciatore, e che ne determina insieme sia la forza che i limiti.

Minuto 2:36

Faccio psicoanalisi spicciola: questa caratteristica del suo gioco ha sicuramente a che fare con il suo carattere: in un’altra intervista in cui è molto giovane dice che il suo difetto più grande è «che faccio troppe pulizie in casa, sono così e… faccio troppa pulizia, anche ultimamente… quando è venuta la mia famiglia e mi sporcava casa… sempre andavo in giro a fare pulizia». E se si rivedono tutti i 100 gol di Marekiaro ce ne sono davvero pochi sporchi. Questo qui con la Sampdoria di Montella la scorsa stagione (un 2-4 abbastanza comodo per il Napoli) più che sporco come sembra a una prima visione è semplicemente non limpido, e soprattutto getta una chiazza di luce sul rapporto Marek che intrattiene con la propria tecnica.

Hamsik inizia l’azione e serve Insigne largo a sinistra, il napoletano fa orientare verso di sé tre giocatori della Samp (la squadra si stava riassettando dopo l’espulsione di Cassani del minuto prima) prima di appoggiare col piatto a Hamsik che è appena dentro l’area di rigore, vicino al vertice di sinistra. Il capitano è quasi sorpreso dall’assenza di pressione e forse aspetta un tempo di troppo, ma quando Álvarez alle sue spalle torna a insidiarlo e Moisander gli si avvicina frontalmente capisce che l’unico modo per non perdere la palla e creare un pericolo è tentare il dribbling. Prova una grande giocata, pesca nel fondo della sua tecnica, ma solo per stretta necessità. Tocca leggermente la palla con il destro tre volte (interno-esterno-interno) passando nella maniera più essenziale possibile in mezzo ai due avversarsi (che ok, potevano fare di più). Il tutto in un coriandolo di campo. Poi in spaccata batte Viviano.

Minuto 1:00

Penultima partita della stagione 2007/08, il Milan di Ancelotti si gioca l’accesso ai preliminari di Champions League ma perde 3-1 contro la squadra di Reja e viene sorpassato dalla Fiorentina. Il primo gol lo realizza Marek Hamsik, che si fa 50 metri di campo (i rossoneri si trovano sbilanciati dopo un corner) prima di saltare Kaladze con un dribbling secco (fa finta di volere tirare col sinistro poi rientra sul destro) e calciare rasoterra sul palo del portiere, che si aspettava una conclusione dall’altro lato. Rivedendo più volte il gol e la lucidità con cui Hamsik arriva a finalizzare il contropiede, sono dell’idea che lo slovacco abbia deciso di dribblare in quel modo Kaladze probabilmente poco dopo aver superato la trequarti. Ha un istante di buffering, vede il movimento di Lavezzi, che non crea una vera e propria possibilità di passaggio ma gli toglie l’uomo lasciandolo uno contro uno con il georgiano, mentre dall’altro lato sta arrivando leggiadro come un treno merci José Sosa, poi riprende a correre quasi a testa bassa, Kaladze abbocca alla finta, e riesce ad eseguire con efficacia quanto già calcolato in un istante.

Minuto 1:02

Tra gli 11 gol che MH ha fatto di testa questo è quasi sicuramente il più bello. Genoa-Napoli stagione 2010/11. Punizione di Gargano dalla trequarti destra, la palla è molto forte e prende il giusto giro, Hamsik è bravissimo a rimanere sempre in linea con l’ultimo difensore muovendosi con i tempi giusti. Gargano ha calciato così bene che lo slovacco non ha nemmeno bisogno di saltare granché per impattare con una frustata plastica la palla, che diventa semplicemente invisibile per il portiere dei Grifoni. Il repertorio del capitano del Napoli è piuttosto completo.

Minuto 7:45

Ok, vedendo questo gol e in generale la mirabile tecnica di tiro di Hamsik si è portati a credere che anche fiondate del genere siano in qualche maniera “tipiche”. In realtà lo slovacco è un amante tiepido e scostante delle botte da fuori (segnalo almeno il 3-2 in Steaua Bucarest-Napoli e il 2-0 in Napoli-Catania 2013/14). Nonostante abbia nel tiro una delle sue armi migliori (usa indifferentemente il destro e il sinistro con un mix di precisione e forza che ha pochi eguali in Europa) Hamsik di solito non calcia dalla distanza se non costretto, preferisce mantenere il possesso o servire un compagno con un filtrante, insomma sviluppare un’azione che porti a una conclusione da dentro l’area, con maggiore possibilità che questa si tramuti in gol. È la sua filosofia, quella che in maniera un po’ pigra potremmo chiamare funzionalismo, e che sembra sposarsi benissimo con le idee di gioco del suo nuovo allenatore Maurizio Sarri. Se proprio deve calciare da fuori area, Marek tende a effettuare tiri rasoterra abbastanza forti e tesi e molto molto angolati, che sono un po’ la sua specialità (ad esempio il gol segnato a Bilbao nel ritorno del preliminare di Champions o quello dell’anno scorso in casa contro il Villarreal).

Il momentaneo 2-1 all’Udinese ai supplementari degli ottavi di finale della Coppa Italia 2014/15 è un’eccezione che merita di essere rivista. Hamsik riceva palla vicino alla linea laterale di sinistra, Gabriel Silva lo lascia andare verso l’interno ma nessuno dei suoi compagni esce a mettergli pressione. Hamsik così ha tempo e spazio per lanciare in porta questa cosa qui. Calcia di collo interno, con la palla che traccia in aria una sorta di C, ma con una potenza davvero notevole, non comune per una conclusione a giro. Il tiro entra un mezzo metro sotto l’incrocio, con Scuffet che si chiede perché quella sera non sia rimasto a casa a tradurre il De fato di Cicerone.

Minuto 2:27

Questa rete con il Chievo è rilevante (al di là del suo discreto gradiente estetico) soprattutto perché è molto caratteristica dell’Hamsik post-Lavezzi. Il gioco del Napoli sia con Reja che con Mazzarri (che con Donadoni) si basava a tal punto sulle sfrenate e sui dribbling del Pocho (e conseguentemente sulla loro capacità di allargare le linee difensive) che Marek ha dovuto trovare nuovi modi per presentarsi in zona gol senza il sodale e gli spazi vuoti di campo che gli consegnava. Qui ad esempio (stagione 2012/13) osserviamo in provetta l’infanzia di quella catena di sinistra che sta facendo la fortuna del Napoli di Sarri (solo con il miglior Juan Camilo Zuniga di sempre al posto di Ghoulam). Hamsik occupa lo spazio lasciatogli da Insigne che è andato a ricevere largo, è di spalle alla porta ma già orientato verso di essa, con il corpo leggermente di sbieco. Appena Zuniga gli serve la palla non ha nemmeno bisogno di stopparla: gli basta una piccola rotazione per scivolare alle spalle di Dainelli e trovarsi fronte a fronte con Sorrentino, che supera con il solito diagonale di sinistro sul palo lontano.

Minuti 1:40 e 3:00

Se i movimenti del Napoli di Benítez avessero funzionato sempre così bene, a un tale livello di sincronismo, coordinazione e convinzione, e non solo contro lo sciagurato (a livello di organizzazione difensiva) Wolfsburg, non so cosa sarebbe potuto succedere in quei due anni. Ho detto sempre, ma ho sbagliato: ci saremmo accontentati anche di vedere cose simili 1 partita su 2. Quello che è molto probabile è che la carriera di Marek Hamsik avrebbe preso un’altra piega, perché l’impressione è che quel lasso di tempo abbia segnato una brusca interruzione nella sua crescita.

Nel 1-4 a casa dei tedeschi (quarti di Europa League, stagione 2014/15) Marek segna una doppietta. In questo primo gol fa quello che con il tecnico madrileno non gli è quasi mai riuscito: un inserimento da dietro, in cui attacca la porta frontalmente. Benítez schierava Hamsik trequartista centrale nel 4-2-3-1, ma in realtà i suoi compiti erano molto simili a quelli di un attaccante a tutti gli effetti: quando gli avversari avevano il controllo del gioco rimaneva quasi sempre alto insieme al centravanti (il Napoli in fase passiva si schierava di solito con un 4-4-2), i suoi compiti difensivi si limitavano a schermare le linee di passaggio tra difesa e centrocampo nel primo possesso avversario. In fase attiva aveva però moltissime difficoltà a trovare spazi per tentare le sue giocate tipiche, trovandosi spesso schiacciato sui difensori centrali, o spalle alla porta, o comunque congestionato nei movimenti. Non partendo più fronte alla porta Hamsik non riusciva a trovare il solito posizionamento ambiguo tra le linee avversarie e i giusti tempi d’inserimento. Va però detto che proprio grazie a questo ruolo più avanzato Marek ha totalizzato nei due anni di gestione Benítez 20 gol e 25 assist (numeri solo leggermente inferiori alle sue medie), pur non giocando il suo miglior calcio.
Il gol. Higuaín si allarga sulla destra per aiutare Maggio, che forse fa le cose che preferisco di questa azione: una finta suola-tacco con cui si porta il pallone dal destro al sinistro e il conseguente servizio al Pipita nello strettissimo parallelepipedo di campo in mezzo a Luiz Gustavo e Schürrle. Appena l’argentino riceve Hamsik inizia a muoversi nello spazio lasciato libero da Guilavogui, puntando la frattura che c’è tra Naldo e Vierinha (che non stringe verso il centrale). Higuaín vede l’inserimento del compagno e gli serve un pallone arcuato di sorgiva bellezza che toglie qualsiasi possibilità di intervento ai difensori avversari. La conclusione di Marek ha un che di insolito (molto forte e a mezza altezza, non è il suo modo di calciare) il che rende il gol nel complesso ancora più bello e prezioso.

Minuto 2:48

Il 20 maggio 2012 allo Stadio Olimpico il Napoli di Mazzarri e la Juventus di Conte si giocano la coppa Italia in una finale molto equilibrata. La squadra del tecnico pugliese ha appena vinto il campionato ed è ancora imbattuta, quella del livornese viene da una stagione altalenante, conclusasi con una sfortunata sconfitta a Bologna che ne ha precluso l’accesso per il secondo anno consecutivo in Champions League. È l’ultima partita di Lavezzi con il gli azzurri e di Del Piero con i bianconeri. Il 2-0 di Hamsik non è il suo gol più bello ma forse è tra i più importanti che abbia mai realizzato. In più è abbastanza hamsikiano per finire in questa selezione. Siamo al minuto 83. La Juve è sbilanciata e Pandev avanza centralmente verso l’aria avversaria piuttosto liberamente, perché Bonucci e Barzagli sono presi in mezzo da Cavani e Hamsik che minacciano di inserirsi ai loro lati (Caceres e Isla sulle fasce sono abbastanza distanti per aiutarli). Pandev sceglie Hamsik che controlla benissimo in corsa e incrocia con un impercettibile colpo sotto.

Probabilmente ho compreso l’esultanza che segue solo adesso, a 4 anni di distanza, o forse le sovrappongo un senso che originariamente non le apparteneva. Fatto sta che Hamsik sa, a pochi minuti dal termine, di aver deciso una partita che consegnerà a De Laurentiis il primo titolo della sua presidenza e ai tifosi partenopei la vittoria di un trofeo, gioia che mancava da 22 anni, cioè dalla Supercoppa Italiana della stagione 1990-91. Ma il tuffo sullo striscione pubblicitario e l’urlo che segue (che a chiunque avrebbe compromesso irrimediabilmente l’apparato fonatorio) sembrano travalicare l’importanza dell’incontro. Durante l’estate Hamsik è stato molto vicino al Milan prima di decidere di rimanere a Napoli, anche spinto dall’idea di giocare in Champions con gli azzurri, e adesso si trova ad alzare quello che è anche il primo trofeo della sua carriera, mentre il Milan non è riuscito a vincere di nuovo il campionato, e proprio allora inizierà una lenta dismissione. Quello che voglio dire è che impossibile non vedere in questo gol qualcosa di mitico e di destinale. Se Hamsik non è andato ancora via da Napoli e ne sta diventando una sorta di significante calcistico, di imago, di emblema, forse le ragioni sono da andare a ricercare anche all’83° minuto di quella notte di Roma.

 

Nell’immagine in evidenza, Marek Hamsik saluta i tifosi al San Paolo, lo scorso febbraio (Maurizio Lagana/Getty Images)