Calcio e scommesse al Circolo polare artico

La strana storia di un gruppo di calciatori zambiani al Rovaniemi, nella profonda Finlandia, integrazione difficile, partite truccate, redenzioni.

«Era la giornata più straordinaria dell’anno, quella che racchiudeva tutte le speranze dell’umanità: il giorno dopo sarebbe tornato il sole. Erano quaranta giorni che, privati di quella fonte di vita, le donne e gli uomini del vidda sopravvivevano incurvando la schiena e l’animo. Klemet, poliziotto e razionalista, o razionalista perché poliziotto, vedeva in ciò il segno tangibile di un peccato originale. Altrimenti, perché imporre una sofferenza simile a degli esseri umani? Quaranta giorni senza la propria ombra, tornati a strisciare sulla terra come insetti»
Olivier Truc, L’ultimo lappone

Nella vita ci si abitua a tutto, anche alla Lapponia. Terra dal fascino artico irresistibile per il turista, un po’ meno per coloro che ciclicamente devono fare i conti con inverni lunghi e bui in cui può capitare che l’acqua gettata con un secchio dal primo piano congeli prima di toccare terra, e nei quali è necessario assumere integratori di vitamina D a causa della mancata esposizione alla luce del sole. Lontani dalla cosmopolita Helsinki, dalla colta Vaasa e dalla tecnologica Oulu, una volta sbarcati all’aeroporto Finavia e imboccata la strada statale che porta al capoluogo Rovaniemi, sembra di essere stati catapultati in un mondo sospeso nel tempo e nello spazio. Un mondo abitato solo da chi non ne può fare a meno. E dove a calcio, stando a quanto detto una volta dal giornalista Juha Salminen, nessun finlandese ci vuole andare a giocare.

L'aeroporto di Vaasa(Olivier MORIN/AFP/Getty Images)
L’aeroporto di Vaasa(Olivier Morin/Afp/Getty Images)

Lo scorso anno il RoPS di Rovaniemi è arrivato a uno soffio dal diventare il primo club appartenente al Circolo Polare Artico (anche se in realtà la città nota per Babbo Natale si trova qualche chilometro sotto) a laurearsi campione nazionale. Vero è che la concorrenza è ridotta a sole altre due squadre, le norvegesi Bodø/Glimt e Tromsø, tuttavia il risultato sarebbe stato comunque notevole, viste le difficoltà che permangono nel gestire una società calcistica professionistica a simili latitudini. Problemi in primo luogo di natura logistica. Tre anni fa il sito Escape to Suomi pubblicò un report sui viaggi che i club finnici avrebbero dovuto affrontare nel corso del campionato, che in Finlandia – va ricordato – è strutturato su tre turni: andata, ritorno e un terzo con metà partite in casa e metà fuori. Il chilometraggio totale del RoPS superava i 12mila, con la trasferta più vicina a Jaro, distante “solo” 455 chilometri, e quella più lontana a Mariehamn, sulle isole Åland, 1.234 chilometri. Spostamenti nei quali l’aereo non sempre è contemplato. Nel 2013 la Wiklöf Holding Arena di Mariehamn fu raggiunta dopo 19 ore di viaggio, delle quali 14 in treno e 5 in nave.

Il club più freddo al mondo

Un recente articolo pubblicato da These Football Times ha riacceso i riflettori sul mondo del RoPS attraverso un’intervista a Nchimunya Mweetwa, ex giocatore zambiano del club lappone, la cui carriera si è conclusa quando, assieme ad altri connazionali, è stato squalificato due anni dalla Fifa per match fixing proprio nella Veikkausliiga finlandese (torneo curiosamente sponsorizzato dalla società, totalmente a partecipazione pubblica, che gestisce la lotteria nazionale del Paese). Una storia che inizia da lontano, una favola trasformatasi in incubo per poi concludersi con un epilogo a sorpresa. Tutto ha avuto origine dall’exploit del Camerun a Italia ’90. I Leoni Indomabili di Roger Milla, Thomas N’Kono e Francois Omam-Biyik avevano fatto strage di cuori tra gli appassionati di calcio, diventando nel corso del Mondiale la seconda squadra di ogni tifoso.

Folgorato sulla via di Yaoundé, ma più in generale da tutto il calcio africano di cui quel Camerun era assurto a simbolo, l’allora presidente del RoPS Jouko Kiistala si era messo in testa di portare nella sua piccola squadra qualche giocatore proveniente dall’Africa. Ci riuscì 4 anni dopo, grazie ai buoni uffici di Milla, conosciuto nel frattempo, e al lavoro di scouting di un amico zambiano che studiava a Londra. Nel gennaio 1994 Zeddy Saileti, il prescelto, sbarcava in Lapponia. Si giocava al coperto, su terreni di sabbia durissima, il Keskuskenttä (lo stadio del RoPS, traducibile letteralmente come “campo sportivo”) non aveva nemmeno l’illuminazione, tanto che nella campagna di Coppa delle Coppe 1987/88 – un’ edizione da tuffo al cuore per nostalgici e retromaniaci, vinta dal Mechelen di Preud’Homme e Ohana dopo che in semifinale eliminarono l’Atalanta, iscritta quell’anno alla Serie B – la squadra era stata costretta a giocare a mezzogiorno contro gli albanesi del Vllaznia, mentre il turno successivo contro l’Olympique Marsiglia disputò la propria partita “casalinga” allo Stadio Via del Mare di Lecce.

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Nchimunya Mweetwa, via These Football Times

Oggi, con il manto in sintetico e un impianto completamente ristrutturato, la situazione è di gran lunga migliorata, almeno sotto il profilo del terreno di gioco. Un’evoluzione che Zaileti ha vissuto in prima persona, avendo disputato 16 stagioni con la maglia del RoPS, di cui è diventato il migliore marcatore di sempre, ricoprendo agli sgoccioli della propria carriera (si è ritirato nel 2009 a 40 anni) anche il ruolo di allenatore e scout. Quest’ultima funzione gli aveva permesso di creare a Rovaniemi una piccola comunità zambiana, tra i quali apparteneva anche il citato Mweetwa, soprannominato dai tifosi locali Drogba perché nel 2007 realizzò 17 reti in 25 partite e fu fondamentale nella promozione del club dall’Ykkonen, la seconda divisione. Con un background come Rovaniemi, parlare di favola dal sapore dal sapore natalizio per quegli africani che giocavano a calcio nel gelo del Nord era come segnare a porta vuota. Tanto più che, a differenza di altri esperimenti di importazione massiccia a livello calcistico (vedi i cubani trasferiti nel 1999 nel club tedesco Sc Bonner, o gli ivoriani al Beveren nel laboratorio del visionario Jean-Marc Guillou), la comunità locale li aveva accolti con favore.

A child plays with a ball in front of a dark grey cloud with fallout, north of Vaasa at sunset, in clear skies, on April 16, 2010. Iceland's second volcano eruption in less than a month has sent plumes of ash and smoke billowing more than 20,000 feet (6,000 metres) into the sky. The massive ash cloud is gradually sweeping across Europe and forcing the continent's biggest air travel shutdown since World War II. AFP PHOTO/OLIVIER MORIN (Photo credit should read OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)
Un bambino gioca a calcio nel tramonto di Vaasa (Olivier Morin/Afp/Getty Images)

Babbo Natale però, non esiste. Nemmeno a Rovaniemi, dove chi gestisce il suo business nemmeno pagava le tasse, come emerso poco più di un anno fa, quando il Villaggio di Santa Claus rischiava di chiudere i battenti a causa di arretrati con il fisco ammontanti a circa 200.000 euro. Anche la fiaba del RoPS africano si è rivelata posticcia, con la vita reale entrata a piedi uniti nel febbraio 2011 quando un affarista di nome Wilson Raj Perumal è stato bloccato alla frontiera finlandese e arrestato per possesso di documenti falsi. Erano bastate poche ore di interrogatorio per fargli vuotare il sacco: si trovava in Finlandia per aggiustare le partite del RoPS per conto di un gruppo appartenente alla criminalità organizzata di Singapore. Non era la prima volta che il campionato finlandese finiva nel mirino della mafia asiatica. Nel 2005 un faccendiere cinese legato a una società di scommesse aveva acquistato l’Alliansi, l’aveva mandato in campo con le riserve e fatto perdere 8-0, quindi si era volatilizzato lasciando solo macerie, tanto che meno di un anno dopo il club aveva dichiarato bancarotta. Ma l’impatto emozionale suscitato dallo scandalo RoPS, con le volanti della polizia arrivate ad arrestare i giocatori direttamente al campo di allenamento, non aveva paragoni. Degli otto giocatori condannati per aver aggiustato, dal 2008 al 2011, 28 partite del RoPS, sei erano zambiani e due georgiani. Per loro, squalifica di due anni in Finlandia, poi estesa dalla Fifa al resto del mondo, e condanna a risarcire complessivamente 213.000 euro – di cui 100.000 per fuga degli sponsor e perdita d’immagine – al club di Rovaniemi per danno procurato. Al momento del processo, Zaileti – accusato dai connazionali di essere l’anello di collegamento tra corrotti e corruttori – aveva già salutato, questa volta per sempre, la Lapponia.

TAMPERE, FINLAND - JULY 10: General view of the Tampere Stadium prior to The European Athletics U23 Championships 2013, on July 10, 2013 in Tampere, Finland. (Photo by Ian MacNicol/Getty Images)
Una veduta esterna del Tampere Stadium (Photo by Ian MacNicol/Getty Images)

Secondo Mikko Perälä, fondatore di TopSpot, società che da anni opera come scout sul mercato africano per i club finlandesi, la vicenda del RoPS rappresenta un monito per coloro che ancora commettono l’errore di non considerare inscindibile la figura del calciatore da quella dell’uomo. «La nostra è una sfida che va oltre il semplice scouting, perché si tratta di integrare giovani calciatori africani in un contesto totalmente diverso. Ambientarsi in campo non basta: ciò che conta è quello che accade fuori. Degli zambiani coinvolti nello scandalo scommesse mi colpì una cosa: al processo dissero che lo fecero per noia, perché non si sentivano parte di niente, né del RoPS, né della comunità di Rovaniemi». Mweetwa ha aggiunto anche la componente della paura, parlando di minacce e ricatti. «Ti chiedevano quattro gol in una partita, non riuscivi a farli e si arrabbiavano perché avevano perso un sacco di soldi alle scommesse, quindi tornavano da te per dirti che avevi un debito con loro e avresti fatto meglio a pagarlo. Tu lo volessi o no, c’eri dentro».

Mweetwa si è pentito. Non a parole, con quelle sono bravi tutti. Lui nei due anni di squalifica si è messo a studiare, a documentarsi, a scrivere. Su match-fixing, doping e carte d’identità false, una piaga che affligge in maniera particolare il calcio africano. Ha preso il patentino B di allenatore alla Caf con una tesi sulla corruzione incentrata sulle partite truccate. È diventato un ambasciatore del calcio pulito, nonostante ci sarà sempre qualcuno che non mancherà di presentargli il conto del proprio passato. «Mweetwa è un criminale che ci deve ancora un sacco di soldi», ha dichiarato a These Football Times l’attuale presidente del RoPS, Risto Niva. Va capito. Oltre al danno economico, lo sgretolamento di immagine del club in un Paese con un tasso di corruzione pressoché nullo è stato un disastro incalcolabile. Quel buio, che tanto assomiglia a un inverno lappone, non abbandonerà mai Mweetwa. Schiena e animo, però, non sono più curvi.