Il 28 novembre

Quello che doveva essere un articolo sul Palmeiras, ed è diventato un articolo su Palmeiras, Chapecoense e ricordi.

Penso, come ho letto in un tweet ieri, che questa sia una storia che fa schifo. Le storie belle, nel calcio, sono altre. Come quella che avevo finito di scrivere martedì mattina e avevo intenzione di raccontare. Parlava del Palmeiras di Cuca, Zè Roberto, Dudu, Gabriel Jesus campione del Brasile, ventidue anni dopo l’ultima volta, contro il Chapecoense, a una giornata dalla fine. E di come, due anni fa, mentre mi trovavo a San Paolo, il titolare di uno store del Palmeiras mi raccontò orgoglioso le vicende della squadra dalle origini all’epoca di Solari allenatore, quella del Palmeiras squadra del Ventesimo secolo, sponsorizzata Parmalat, quella del Palmeiras squadra con giocatori come Rivaldo e Cesar Sampaio.

Io non parlo portoghese, lui non spiccicava mezza parola d’inglese. Per risolvere l’assenza di un idioma comunicativo, ricorse alle immagini. Cavò da sotto il bancone il suo personale volume deluxe da collezione, non in vendita. Una di quelle robe che paiono le Bibbie in folio di Gutenberg, peso di trenta chili, carta velina sulle riproduzioni dei ritagli di giornali d’epoca, impreziosita da autografi nella parte più recente. Il bello è che è davvero successo per caso. Ero entrata solo per comprarmi una maglia souvenir, io che non le colleziono, le maglie da calcio.

SAO PAULO, BRAZIL - NOVEMBER 27: The team of Palmeiras celebrates with the trophy after winning the match between Palmeiras and Chapecoense for the Brazilian Series A 2016 at Allianz Parque on November 27, 2016 in Sao Paulo, Brazil. (Photo by Friedemann Vogel/Getty Images)
Il Palmeiras festeggia la vittoria del campionato dopo aver battuto il Chapecoense il 27 novembre, a San Paolo, un giorno dopo (Friedemann Vogel/Getty Images)

Ne ho giusto due a caso che uso ogni tanto durante le crisi lavatrici come pigiama o divisa da casa, ed entrambe mi sono state regalate da uomini in momenti di tenerezza. Sono uscita da lì con una maglia da donna perché era opinione di tutto il negozio che mi stesse meglio quella e almeno l’avrei potuta indossare – costava anche meno – un pezzo di lezione di storia del calcio da portare nella memoria, e due regali da parte del titolare tifoso, infilati d’impulso nel sacchetto con lo scontrino: il dvd Santo Marcos e un berretto: «Da mettere quando vai a vedere il Milan». Questo l’ha fatto tradurre da una cliente però, grazie ai gesti, lo avevo capito da me.

La voglia di raccontare questa storia mi è venuta da fine agosto, ed è cresciuta man mano mi aggiornavo sui risultati tenendo d’occhio la classifica, sperando che il Palmeiras non si facesse rimontare dal Flamengo o dal Santos, fino alla partita di domenica. L’avevo quasi finita quando ho appreso la notizia del disastro aereo. Peraltro è strano come a tanti sia importato così poco. Spesso chi segue il calcio ha la fama di persona superficiale che non si occupa di cose serie, e settanta e passa morti, sarà una cosa poco seria rispetto al finto sequestro del rampollo di casa Agnelli? Certo, la seconda notizia fa più ridere. Mentre Palmeiras e Chapecoense… beh, ovvio che non faccia ridere, è una tragedia.

Tra le fondazioni ufficiali dei due club passano 59 anni, e se non sono tantissimi in termini universali, per quello che riguarda la storia contemporanea e calcistica fanno quasi cinque ere geologiche di differenza. Il Palmeiras nasce Palestra Italia nel 1914 ai tempi della Repubblica del Caffè-latte, due mesi dopo l’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando che infiammò l’Europa, con l’Italia unita da poco. Per dire, quando si legge che è il risultato dell’iniziativa d’immigrati italiani di riunirsi con lo scopo di dar vita a una polisportiva di rappresentanza italiana bisogna immaginarsi una stanza piena di veneti, calabresi, napoletani e siciliani dialettofoni che si sforzano di parlare italiano. E non è difficile da immaginare, visto lo striscione che dice «Salve Palestra» delle prime foto seppia. Salve Palestra, rende l’idea. Ricorda l’inno mariano «Salve Regina».

Il Chapecoense invece è frutto della fusione di due club, l’Atletico Chapecoense e l’Indipendente, nel più recente 1973 per ridare corpo ed entusiasmo al calcio della città e nella regione di Chapeco. Quel Brasile attraversa in pieno la dittatura militare, e dopo la persecuzione e l’esilio dei dissidenti, che per rompere la censura rapivano i consoli delle potenze straniere, vive un periodo di ritrovato ottimismo economico, alla viglia della crisi petrolifera.

Il passato del Palmeiras è costellato da prove che si potrebbero definire diplomatiche, oltre che da successi e sconfitte, da trofei e da retrocessioni. Di fronte agli ostacoli, hanno sempre scelto di agire in modo saggio e non di ritirarsi sull’Aventino. Non bisogna mai dimenticare che il calcio ai suoi albori è un gioco da cortile e non l’istituzione mondiale di oggi e il Palestra Italia ha dimostrato, soprattutto nel corso dei primi anni, di possedere una sorta di attitudine alla sopravvivenza, uno spirito paraculo, inteso nel senso migliore del termine.

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Gabriel Jesus dopo la vittoria contro il Chapecoense e la conquista del titolo (Nelson Almeida/Afp/Getty Images)

La difficoltà iniziale nel farsi accettare dalle competizioni istituzionali fu risolta con l’offerta delle proprie strutture alla Croce Rossa per l’emergenza d’influenza spagnola. La resa alla dittatura per il cambio di nome, nel 1942, quando il Brasile si schierò con gli alleati e cercò di epurare il Paese dai riferimenti italiani, tedeschi e giapponesi, è un altro esempio. Dopo aver eliminato il rosso dalle divise, e l’Italia dal nome, i censori non diedero il benestare al termine Palestra, che i fondatori avevano inteso “alla greca”, con il significato di “accademia”, e il direttivo decise di abbandonarlo per sempre e mettendo a verbale la seguente frase: non vogliamo dare lezioni, il Palmeiras è nato per essere campione. Il 20 settembre dello stesso anno, il Palmeiras, con nuovo nome e divisa verde-bianca, scese in campo contro il San Paolo a testa bassa, portando una gigantesca bandiera del Brasile, per sconfiggere, prima dell’avversario, le stigmate di squadra nemica della nazione. E ne uscì vittorioso. Fu il San Paolo a fare la brutta figura, rifiutandosi di continuare a giocare dopo il 3 a 1. I tifosi lo ricordano come “il giorno del Palmeiras”, il giorno dell’ Arrancada Heroica, l’eroica impresa.

La più breve storia del Chape viene accostata a quella delle Cenerentole del calcio europeo, anche se la sua presenza in Serie A brasiliana è stata un ritorno, più che un’arrampicata, visto che ci aveva già militato nel 1978, con un’altra formula. Ma sono dettagli: il suo è stato sicuramente un ritorno in salita, dalla Serie D fino alla promozione in A, dove ha disputato gli ultimi tre campionati, il miglior risultato di un palmarès composto da trofei regionali. Il finale del loro incontro, il 27 novembre, con il Palmeiras campione e il Chapecoense finalista della Sudamericana, che per intenderci, è paragonabile all’Europa League – in caso di vittoria avrebbe avuto accesso alla Libertadores, che sarebbe come la Champions League – è stato una profusione di abbracci, congratulazioni e auguri. Ecco perché questa storia fa schifo.

People attend a mass in memoriam of the players of Brazilian team Chapecoense Real killed in a plane crash in the Colombian mountains, in Chapeco, in the southern Brazilian state of Santa Catarina, on November 29, 2016. Players of the Chapecoense were among 81 people on board the doomed flight that crashed into mountains in northwestern Colombia, in which officials said just six people were thought to have survived, including three of the players. Chapecoense had risen from obscurity to make it to the Copa Sudamericana finals scheduled for Wednesday against Atletico Nacional of Colombia. / AFP / Nelson Almeida (Photo credit should read NELSON ALMEIDA/AFP/Getty Images)
Una messa in memoriam, a Chapeco (Nelson Almeida/Afp/Getty Images)

Oggi, dopo aver dominato il campionato per mesi, il Palmeiras si ritrova affiancato da un’ombra nera. I club brasiliani hanno aderito all’iniziativa di “prestito” di emergenza e alla richiesta di misure straordinarie per fare in modo che l’incidente non spazzi completamente via dal calcio brasiliano il Chapecoense. Quest’ultimo, invece, ha limitato il suo sito web a una sola pagina, su cui è riportato il contenuto di comunicati ufficiali. Poche righe, con sotto il video dei giocatori che festeggiano in spogliatoio la vittoria sul San Lorenzo, senza altri commenti.

Il Chapecoense nell’incidente ha perso più di due terzi di rosa e gran parte della dirigenza – senza dimenticare che fra le vittime ci sono anche i giornalisti e il personale di bordo. Doveva essere l’anno del Chapecoense. Oggi lo ricordano in tutto il mondo per essere arrivato a un passo dalla fama, vicino a Medellin, a poche ore dalla prima parte di finale.