A chi serve Gabbiadini

Sempre più lontano da Napoli, dove l'attaccante 25enne potrebbe trovare la sua dimensione ideale?

Negli ultimi tempi, a Napoli, circola una battuta ricorrente su Manolo Gabbiadini: «Se gli avessero detto della cessione a settembre, oggi sarebbe capocannoniere». Tre gol nelle ultime tre partite disputate, di cui due fondamentali in ottica campionato (contro Fiorentina e Sampdoria), danno l’idea di un attaccante sempre decisivo, eppure ai titoli di coda dell’esperienza napoletana, sottolineato ancora una volta dalla panchina per tutti i 90 minuti contro il Pescara.

L’incompatibilità con la visione del calcio di Sarri è evidente, e i numeri (13 gol in 49 presenze – quasi mai da titolare – nell’ultima stagione e mezza) c’entrano fino a un certo punto. È questione di mancata adattabilità ad un sistema che ha esaltato Higuaín, stava esaltando Milik e sta esaltando Mertens, interpreti diversi ma uguali del ruolo di centravanti secondo Sarri: vale a dire il giocatore sul quale appoggiare il gioco in fase di possesso (con sponde, spesso di prima, ad aprire varchi per gli inserimenti degli esterni e/o delle mezzali) e che diventa il principale terminale della manovra soprattutto quando si tratta di attaccare il primo palo per sfruttare i tagli dal lato debole delle ali.

La rete contro la Samp

Da questo punto di vista, Gabbiadini si è dimostrato refrattario al cambiamento e incapace di derogare alla monodimensionalità del proprio gioco: ovvero quella di un attaccante monopiede, che preferisce essere servito in profondità (magari sfruttando il lavoro sporco di una prima punta di riferimento e muovendosi sempre dal centro verso sinistra per cercare sempre il tiro a incrociare sul palo lungo) o, in alternativa, ricevere palla tra i piedi per arrivare alla conclusione (il pezzo forte del repertorio: mai al di sotto del 45% di shot accuracy da quando è in Serie A, con il picco del 74% raggiunto proprio in questa stagione) staccandosi dal marcatore diretto, come accaduto in occasione della gara contro il Chievo. Di fatto, si potrebbe dire che il Gabbiadini di oggi è lo stesso che il 14 dicembre del 2014 segnò uno splendido gol alla Juventus, convincendo De Laurentiis a sborsare 12,5 milioni di euro necessari per assicurarsi il suo cartellino. Senza, per questo, riuscire a migliorarsi tecnicamente e tatticamente.

Gabbiadini è un giocatore che ha dato il meglio di sé quando è stato impiegato da esterno in un 4-3-3 spurio in cui l’omologo sul lato opposto si sacrificava anche in fase di non possesso e il centravanti tornava buono unicamente per aprire uno spazio da attaccare dopo la sponda (come nella Sampdoria di Eder e Okaka: sette gol, due assist e 13 key passes in 13 presenze nella prima parte del 2014/2015) oppure quando è stato schierato immediatamente a ridosso della prima punta per sfruttare la sua immediatezza e qualità di calcio (come nell’ultimo Napoli di Benitez in cui, ferma restando l’insostituibilità di Callejón nel 4-2-3-1, il numero 23 agiva alle spalle di Higuaín: otto reti, un assist e 16 passaggi chiave in 20 presenze). In Italia, le squadre che adottano questo sistema sono essenzialmente quattro: Inter, Roma, Fiorentina e Milan.

In passato proprio i nerazzurri, con Roberto Mancini in panchina, hanno cercato a più riprese Gabbiadini, ideale per fare la spalla di Icardi nel 4-2-3-1 del tecnico jesino. Oggi, però, la soluzione non sembra più praticabile: Stefano Pioli ha trovato la quadratura tattica del cerchio in un 4-3-3 in cui i due esterni si sacrificano molto anche in fase passiva (fondamentale in cui Gabbiadini non brilla: nel Napoli appena un’azione difensiva di media nella prima  stagione, poi il nulla) che, a partita in corso, si trasforma agilmente in un 4-2-3-1 in cui il giocatore alle spalle di Icardi è il centrocampista più abile ad agire e muoversi tra le due linee (quindi Brozovic o Banega), assicurando il giusto equilibrio su entrambi i lati del campo. Una situazione in cui Manolo faticherebbe a inserirsi, in maniera non dissimile da quanto accadrebbe alla Roma: anche per Spalletti il ruolo del trequartista deve essere affidato a chi, del triangolo di centrocampo, si dimostra particolarmente abile negli inserimenti senza palla e nell’alternare la giocate nella doppia fase (Nainggolan), mentre gli esterni devono equilibrarsi tra loro. E se Perotti è pressoché insostituibile per come cuce il gioco tra i reparti, difficile che Gabbiadini riesca a soffiare il posto a uno come Salah che è in grado di attaccare la profondità anche palla al piede, sfruttando velocità e abilità nell’uno contro uno.

SSC Napoli v FC Internazionale - Serie A

Il Milan, invece, è una suggestione delle ultime ore, eppure anche qui le controindicazioni tattiche sono molteplici. Può una squadra corta e compatta come quella di Montella permettersi un ulteriore esterno che non difende mai oltre allo straripante Suso di questa stagione? La risposta è ovviamente no, sebbene di Gabbiadini in rossonero si fosse già parlato in chiave di sostituzione di Bacca qualora il colombiano avesse chiesto la cessione. Un’ipotesi che avrebbe molto più senso, soprattutto in considerazione della verticalità della manovra rossonera in fase di transizione: caratteristiche che ben si sposerebbero con quelle del ragazzo di Calcinate, la cui ricerca spasmodica della profondità attaccando dal centro verso l’out sinistro costituisce l’unico movimento codificato (e, quindi, di facile lettura alla lunga) senza palla in relazione alla sua grande capacità di incrociare con il piede sinistro.

Perché è questo l’unico modo di essere centravanti che conosce Gabbiadini: aggredire sempre lo stesso spazio, agendo come riferimento unico di una squadra che, al possesso palla sincopato finalizzato alla ricerca dell’uomo sul lato debole, preferisce dei set offensivi le cui azioni si sviluppino tra i cinque e i sette secondi. Ovvero quanto di più lontano ci sia dal “centravanti associativo” (chiamato, cioè, a farsi valere anche in fase di costruzione, facilitando gli inserimenti dei compagni con sponde e movimenti preparati alla lavagna) tipico di chi cerca di dominare il gioco attraverso scambi rapidi e precisi. Valga, a titolo esemplificativo, la gara contro la Roma (vittoriosa 3-1 al San Paolo), la prima da titolare di Gabbiadini dopo l’infortunio di Milik: appena sette i palloni toccati e difficoltà evidenti a muoversi lungo il fronte d’attacco tanto in ampiezza quanto in profondità come da richieste di Sarri.

La heatmap di Gabbiadini contro la Roma: si noti come il giocatore interpreti il ruolo di perno offensivo in maniera statica, senza riuscire a trovare un’adeguata collocazione una volta capito che i difensori giallorossi non avevano difficoltà a leggere i suoi movimenti per vie centrali
La heatmap di Gabbiadini contro la Roma: si noti come il giocatore interpreti il ruolo di perno offensivo in maniera statica, senza riuscire a trovare un’adeguata collocazione una volta capito che i difensori giallorossi non avevano difficoltà a leggere i suoi movimenti per vie centrali

Ci sarebbe ancora la Fiorentina che, però, è un rebus già di suo: Paulo Sousa ha sperimentato molto in questa stagione, compresi  il 4-3-3 e il 4-2-3-1. I viola hanno sia l’esterno offensivo che può agire su entrambe le fasce (Bernardeschi che, tra l’altro, copre molto più di Gabbiadini), sia il centravanti che attacca la profondità in transizione (Kalinic, che ha un repertorio di movimenti molto più ampio) alternando anche un prezioso lavoro di sponda, sia il giocatore dalle ottime qualità balistiche che può entrare a partita in corso a supporto della prima punta (Zarate). Un approdo in viola, quindi, sarebbe complesso, a meno che lo stesso Kalinic non venga effettivamente ceduto ai cinesi del Tianjin.

De Laurentiis, dal canto suo, preferirebbe cedere il giocatore all’estero: le offerte più concrete arrivano dalla Bundesliga e dalla Premier. I primi a farsi avanti, già in estate, sono stati i tedeschi del Wolfsburg che, dopo la cessione di Draxler al Paris Saint-Germain, sono alla ricerca di una seconda punta da affiancare a Mario Gomez nel 3-1-4-2 di Valérien Ismael (subentrato a Hecking in ottobre). L’ultima esperienza di Gabbiadini schierato in linea con un altro attaccante risale al 2-2 di Empoli all’inizio della scorsa stagione, quando Maurizio Sarri era ancora convinto di trapiantare nel Napoli il 4-3-1-2 (con Insigne alle spalle dei due terminali offensivi e con la seconda punta chiamata ad allargarsi lateralmente per aprire spazi aggredibili centralmente) della sua esperienza empolese: già dalla partita contro la Lazio il tecnico toscano sarebbe passato all’attuale 4-3-3 ma, in quell’occasione, Gabbiadini fece molto bene fornendo gli assist per le reti di Insigne e Allan.

Empoli-Napoli 2-2: una delle prime gare di Sarri sulla panchina napoletana e una convincente prestazione di Gabbiadini

In Germania lo attenderebbero compiti leggermente diversi: il Wolfsburg, pur non essendo una squadra che fa del consolidamento del possesso la sua arma migliore (undicesimo nella speciale classifica del proprio campionato), è abituato a portare su palla con molti uomini a supporto dell’azione delle due punte. Il ruolo di Gababiadini sarebbe quello della seconda punta classica, con i movimenti regolati in funzione di quelli dell’ariete centrale, da supportare o sfruttare a seconda dello sviluppo dell’azione e cercando di migliorare la capacità di read and react delle singole situazioni situazioni di gioco.

Questo trovarsi a proprio agio accanto a un puntero puro renderebbe praticabile anche l’opzione Leicester, a patto che Ranieri decida di alternare più frequentemente l’amato 4-4-2 al 4-3-3 asimmetrico (con Okazaki a correre per due in ripiegamento, Mahrez libero di cercarsi la posizione ideale a seconda dei momenti della partita, convergendo da sinistra verso il centro) che tante soddisfazioni gli ha regalato nell’ultimo anno e mezzo. Gabbiadini, quindi, dovrebbe essere schierato accanto (e non al posto) a Vardy, molto più adatto dell’italiano a svariare su tutto il fronte offensivo, in un sistema di kick and run in cui l’adattamento non sarebbe eccessivamente complicato.

SSC Napoli v AC ChievoVerona - Serie A

Interessante anche la candidatura del West Bromwich Albion (18 i milioni di euro messi sul piatto), ottavo in Premier League e guidato da Tony Pulis: allenatore pragmatico e abituato a lavorare con quello che ha, variando i suoi principi tattici a seconda della rosa a disposizione. Il WBA versione 2016/2017 sembra essere la squadra perfetta per Gabbiadini: 4-2-3-1 scolastico e improntato alla ripartenza (penultimo possesso palla della Premier con il 43% di media, 72% di pass accuracy con il 66% dei tocchi in verticale) una punta di peso (Robson Kanu o Rondon) per fare a sportellate con i centrali avversari e aprire gli spazi per la batteria di trequartisti (principalmente Brunt, Chadli e Phillips con Morrison primo cambio) i quali, a loro volta, si scambiano continuamente di posizione (e di compiti) nell’arco dei 90 minuti per evitare di fornire punti di riferimento alla retroguardia altrui. In questo caso, però, il problema sarebbe l’eccessiva concorrenza nel ruolo, dettaglio che Manolo ha sofferto spesso nel recente passato. Nonostante il suo agente abbia assicurato che l’esperienza partenopea sia giunta al termine, il futuro di Gabbiadini non appare ancora chiaro. Di certo siamo al possibile spartiacque della carriera di un giocatore 25enne che deve decidere cosa fare da grande e, quindi, mantenere le grandi promesse che ancora lo accompagnano.