Dove può arrivare il Siviglia

Il secondo posto degli andalusi è indice di un campionato spagnolo equilibrato e di un progetto Sampaoli fin qui convincente.

All’indomani di Siviglia-Real Madrid 2-1, giocata domenica scorsa, l’editorialista di As Alfredo Relaño scrive un articolo dal titolo autoevidente: “Si alguien podía, era el Sevilla“. Nel testo, la parte più interessante è quella che racconta la squadra andalusa attraverso la vittoria contro le merengues: «La striscia record del Madrid, 40 partite in fila senza sconfitte, non poteva concludersi che a Siviglia. Gli uomini di Sampaoli sono riusciti a rimontare negli ultimi minuti grazie a una grandissima reazione di gioco e di fede, dopo una partita molto tattica trasformata in un vero e proprio assalto negli ultimi minuti. Un assalto, pure questo, fatto di gioco e di fede».

Il gioco e la fede. Difficile descrivere meglio, per quanto sommariamente, il Siviglia costruito dal tecnico argentino. Difficile trovare termini, quindi concetti chiave, tanto rappresentativi del cortocircuito calcistico innescato alla Bombonera de Nervión, l’affettuoso nomignolo con cui i sevillistas fanno riferimento allo stadio Ramón Sánchez-Pizjuán. Le chiavi narrative sono tante, e riguardano ogni parte del tutto: un club dalla dimensione vincente, soprattutto negli ultimi anni, eppure mai pienamente compiuta ad altissimi livelli; una campagna acquisti, quindi un organico, definiti su queste pagine come «un suggestivo esperimento di autentica bellezza calcistica»; un tecnico che in un’intervista ha confessato di non riuscire a concentrarsi sulla lettura, perché un libro «lo inizio, leggo le prime pagine ma poi mi appare Wayne Rooney, e allora inizio a pensare a come posso fare per marcarlo». Sampaoli, ovviamente, non ha mai allenato in Premier League. E ha affrontato Rooney una sola volta, in un’amichevole tra il suo Cile e l’Inghilterra.

È bello pensare che questa struttura preventiva di significati abbia realmente portato a tutta una serie di conseguenze. A una vittoria sul Real Madrid, ad esempio, che non è propriamente un fatto scontato, figurarsi nel culmine di una striscia record di risultati consecutivi. Oppure a un bellissimo secondo posto nella Liga, o ancora al passaggio agli ottavi di Champions a sette anni dall’ultima volta. È bello pensare che “Si alguien podía, era el Sevilla“. Il Siviglia dell’esperimento suggestivo, il Siviglia gioco e fede, proprio quello lì. È bello pensare che nell’unica partita in cui ha affrontato Rooney, Sampaoli sia riuscito a marcarlo bene, e a vincere. Il 15 novembre del 2013, a Wembley, il Cile ha battuto l’Inghilterra per 2-0.

Siviglia-Real Madrid 2-1

In estate e durante la primissima parte di stagione, la Revolución Sampaolista è il tema di una fervente e fiorente letteratura. Outsideoftheboot, ad esempio, pubblica a fine agosto una “analisi hipster” sul Siviglia. Il pezzo, oltre a chiarire dimensione e caratteristiche dell’attesa intorno a questa squadra – attraverso il termine hipster, che è una particolare quanto mitopoietica categorizzazione -, riesce anche ad anticipare quelli che saranno alcuni temi tattici portanti dell’avventura andalusa di Sampaoli: «L’ex ct del Cile è l’antitesi di Unai Emery. Se Emery è altamente pragmatico, prudente e ossessionato dai piccoli dettagli fino a portare i suoi uomini al punto di massima tensione, Sampaoli offre un approccio entusiasta, caratterizzato dall’utilizzo di tanti giocatori creativi che si sacrificano per recuperare la palla in avanti e attaccare inesorabilmente l’avversario».

Le parole di Jamie Einchcomb sono state assolutamente verificate dalla realtà, nella realtà: il Siviglia di Sampaoli è una squadra ricca di calciatori dalla grande qualità di possesso, specializzata nel recupero immediato del pallone, soprattutto in zone avanzate di campo. Nel match contro il Real Madrid, si sono viste entrambe le facce della medaglia: rispetto agli avversari, gli andalusi hanno giocato più palloni (580 passaggi a 425), hanno fatto lo stesso numero di tiri (10) e hanno costruito un numero maggiore di occasioni in open play (7 a 5). Ovviamente, queste cifre non sono un exploit momentaneo, riferito alla singola partita: il Siviglia è la seconda squadra della Liga per possesso palla medio (56%, il Barcellona arriva al 60%), la terza per passaggi effettuati (dietro i catalani e il Las Palmas) e la quartultima per numero di tiri da fuori area (poco meno di 4 a partita, con un rapporto inferiore al 45% delle conclusioni: il secondo più basso della Liga, subito dopo il Barcellona).

L’altro grande key concept del calcio di Sampaoli è l’intensità nella fase difensiva, sublimata in una pressione costante sulla costruzione della manovra avversaria. In un’intervista rilasciata a Marca pochi giorni prima del match contro il Real, il tecnico argentino spiega quali principi di gioco avrebbe cercato di attuare per la sfida con la squadra di Zidane: «L’idea è quella di riuscire a portare i nostri calciatori nel campo del Madrid. Se la palla si trova nella nostra metà del terreno di gioco, soffriremo per forza i loro attaccanti. L’obiettivo, quindi, sarà mantenere alta la pressione, soffocare le loro azioni in uscita e cercare di tenere la palla il più possibile». Le statistiche della partita dicono che la missione è stata compiuta, decisamente.

sevilla
Dall’alto a sinistra, in senso orario, tackle tentati, intercetti e take on del Siviglia nella sfida contro il Real Madrid. I tackle si differenziano in base al colore: in verde quelli riusciti (il 35%), in rosso quelli falliti e in blu quelli terminati con un fallo a favore degli avversari. Stesso criterio per i take-on, in basso. In queste immagini, la capacità del Siviglia di Sampaoli di estendere a tutto campo (e a tutti gli undici calciatori) la fase di recupero del pallone.

In un’intervista dei tempi dell’Universidad de Chile, visibile su Youtube, Sampaoli risponde a una domanda sui sistemi di gioco. Indossa la tuta, quella con la “U” grande e rossa sul petto, per lui non è una novità, anzi è una divisa d’ordinanza. Parla di moduli, snocciola esempi di club sudamericani, soprattutto brasiliani, e nel frattempo pronuncia un paio di frasi che sono un manifesto del suo credo calcistico. Siamo nel periodo 2011-2013, eppure il suo Siviglia di inizio 2017 ragiona esattamente allo stesso modo: «I sistemi tattici convenzionali sono come una moda, nel senso che vanno e vengono. La cosa più importante è la filosofia, la forma, è difendere totalmente un’idea, senza paura».

La conseguenza di queste convinzioni è la variabilità di schemi nel rispetto assoluto delle idee di gioco: nel match contro il Real Madrid, gli andalusi sono schierati con una difesa a quattro, il doble pivote composto da Iborra e N’Zonzi e tre uomini di fantasia a supporto di Ben Yadder, centravanti nominale ma in realtà esterno alto a destra. Nella partita precedente di Liga, vinta per 4-0 a San Sebastián contro la Real Sociedad, Sampaoli aveva invece schierato tre difensori centrali, due cursori di fascia e il solo N’Zonzi davanti la difesa. In un pezzo pubblicato a fine 2016 su Mundo Deportivo, Pablo Planas scrive: «Sampaoli ha costruito una squadra che dispone di un’infinità di soluzioni tattiche, adottate a rotazione in base all’avversario di turno. Una versatilità che fa la differenza rispetto a tutti i suoi predecessori, e che ha riempito di speranza il Sánchez Pizjuán».

Real Sociedad-Siviglia 0-4. Oppure, supremacía sevillista

Pablo Planas di Mundo Deportivo scrive pure che Sampaoli ha trasformato il Siviglia in una delle squadre «más atractivos de ver», più interessanti da guardare in campo. Una definizione impegnativa, soprattutto quando questa squadra gioca in un campionato che può contare sull’apporto spettacolare di Real Madrid, Barcellona e Atlético Madrid. Ovvero Messi-Cristiano Ronaldo-Griezmann, ovvero quattro vittorie nelle ultime sei Champions League e sei posti sui dodici disponibili nelle ultime sei finali della massima manifestazione continentale. Una definizione ancora più impegnativa se si pensa alla totale riscrittura dell’organico operata durante la sessione di calciomercato estate 2016: sedici operazioni in uscita, tra cui gli addii di Gameiro e Krychowiak, praticamente i pilastri dell’ultimo Siviglia di Emery. In cambio, undici giocatori in entrata più altri due colpi invernali, Jovetić e Lenglet. Una vera e propria trasformazione radicale, nel segno dell’hype, dell’estetica calcistica.

Un’operazione di restyling che per rivelarsi ed esplodere compiutamente in campo non ha avuto bisogno di un lungo periodo di incubazione. Merito del diesse Monchi, del suo team specializzato di cercatori di talenti. Ma anche dell’impatto assoluto di Sampaoli sul club e sul calcio spagnolo in generale. Proprio di questo, quindici giorni fa, Juan Jimenez ha scritto su As: «Il calcio eclettico di Sampaoli, a soli sei mesi dal suo sbarco in Spagna, l’ha già trasformato in uno dei personaggi dell’anno, nella nuova stella assoluta costruita dal Siviglia». Proprio di questo, dopo la vittoria col Real Madrid, scrive anche Sid Lowe sul Guardian: «La squadra di Sampaoli lamenta ancora dei difetti strutturali, ma è bella da veder giocare e ha confezionato il miglior inizio di campionato della sua storia. Tutto questo, grazie a un allenatore che in pochissimo tempo ha rinnovato completamente l’identità del club. Una ventata di novità che ha già reso il calcio spagnolo un posto migliore».

Sevilla FC v Real Madrid CF - La Liga

 

Lavoro sul mercato e lavoro di campo, per assoggettare il talento alla forza delle idee. Una definizione minimalista del proyecto sevillista, esaltante perché indefinito, potenzialmente senza confini nel futuro: del resto, l’età media degli ultimi nove acquisti a titolo definitivo è di 24,6 anni. Eppure, guardando la classifica, ti accorgi che i margini per fare bene anche ora, nel presente, ci sono eccome: un solo punto di distacco dal Real Madrid (al netto di un match da recuperare per le merengues), uno di vantaggio sul Barcellona e l’Atlético di Simeone cinque lunghezze più giù. Un rendimento casalingo praticamente perfetto: otto vittorie e una sola sconfitta, contro il Barcellona. Tra l’altro, dopo una partita che Santi Giménez, su As, ha descritto così: «Il Siviglia è stato all’altezza dei suoi avversari, ed è caduto con onore solo perché si è trovato di fronte Lionel Messi. Semplicemente, il miglior calciatore del mondo». Gli altri due contender per il titolo, Zidane e Simeone, sono caduti al Sánchez Pizjuán: non può essere un caso, che sia successo proprio a Siviglia. Non è un caso che sia successo proprio quest’anno.

Siviglia-Atlético Madrid 1-0

La costruzione suggestiva e gli ottimi risultati del Siviglia di Sampaoli appartengono alla stessa bellissima dimensione narrativa. Ora però c’è bisogno di un finale, e da qui il prossimo step: misurare le ambizioni, capire fin dove possono spingersi le speranze, in relazione a sé stessi e al contesto del campionato (e della Champions League). Dopo la vittoria con il Real Madrid, lo stesso tecnico argentino e i suoi calciatori hanno in qualche modo stemperato gli animi, rifiutato la pressione. Quando a Sampaoli è stato chiesto se l’attuale posizione in classifica corrispondesse con le sue aspettative iniziali, la risposta è stata un secco «no»; Vitolo ha sottolineato che, da qui a fine stagione, «sarà durissima contro due avversari come Barça e Real, ma questa squadra ha un’anima e farà il possibile per continuare su questa strada e mantenere questo livello di prestazioni».

Mai come quest’anno, però, il campionato spagnolo appare umano, quasi equilibrato. Le distanze tra le prime sono ancora contenute, non c’è il gap incolmabile che siamo abituati ad associare al torneo iberico. Il Real Madrid e il Barcellona hanno messo insieme, rispettivamente, otto e sette punti negli scontri diretti tra loro e contro Siviglia, Atlético Madrid, Villarreal e Real Sociedad. Proprio gli andalusi sono primi in questa particolare classifica avulsa (10 punti), mentre Simeone è riuscito a cogliere un solo pareggio e quattro sconfitte in cinque sfide incrociate. Insomma, «la Liga 2016/2017 è un campionato in cui è possibile perdere punti ovunque, anche per le grandi squadre. Merito delle idee dei club medi e piccoli, dell’eccezionale lavoro di scouting e di aggiornamento tattico che in qualche modo sostituisce i grandi budget della Premier League e assicura al torneo una reale competitività» (Graham Hunter, su Espnfc).

FBL-EUR-C1-SEVILLA-DINAMO-ZAGREB

Probabilmente, è questa la chiave di lettura che deve supportare le speranze dei sevillistas da qui a fine stagione. Sampaoli, più che adattarsi all’ambiente calcistico in cui si è ritrovato immerso, ha trovato un terreno fertile su cui seminare le sue idee e i suoi esperimenti. Ha avuto la possibilità di comporre un organico ricco e suggestivo, perfetto per esprimere i suoi principi di gioco, e la fortuna di potersi confrontare con una realtà competitiva che permette qualche battuta d’arresto. Prima delle ultime quattro vittorie in fila, ad esempio, il Siviglia ha perso 2-1 sul campo del Granada oggi penultimo in classifica. Era il 3 dicembre scorso.

Al termine del match contro El Graná, Sampaoli parla in conferenza stampa. Le parole pronunciate in quell’occasione dal tecnico argentino permettono alla nostra analisi di diventare circolare, di chiudersi come un cerchio perfetto: «Oggi abbiamo perso, e sono molto deluso. Perché non abbiamo offerto il meglio di noi, perché non siamo riusciti a fare quello che spesso ci riesce con facilità. Perché abbiamo avuto un blocco, siamo stati meno convinti del solito». Sampaoli si è detto deluso perché al Siviglia, in una partita, è mancato il gioco, ed è mancata la fede. Ovvero, ciò che è servito per mettersi accanto a un Real Madrid quasi umano e a un Barcellona terrestre. Ciò che servirà per continuare così. Ciò che caratterizza questa squadra, sei mesi dopo una rivoluzione.