La nuova Roma funziona

Solidità e tensione verticale, così i giallorossi hanno prevalso contro un'Inter che, invece, dovrà interrogarsi sull'inefficacia delle sue fasce.

La vittoria a San Siro è l’ennesimo segnale di come la Roma abbia trovato la sua versione migliore, consolidando le nuove certezze maturate nel corso del nuovo anno solare. Con relativa sorpresa, la nuova versione della squadra di Spalletti si è fondata su una fase difensiva ferrea, senza pertanto rinunciare al marchio di fabbrica: un’irriducibile tensione verticale. La Roma ha vinto 11 partite nelle ultime 13 tra campionato e coppe, macchiando il cammino solo con il passo falso contro la Sampdoria e la sconfitta indolore di giovedì scorso contro il Villarreal. Affermazioni in cui non ha mai subito più di un gol, mantenendo la porta inviolata in sette occasioni (a fronte di 29 gol segnati).

Nella conferenza pre-partita Pioli ha descritto le statistiche delle due squadre definendole “molto vicine”. Ha parlato di similitudini in termini di baricentro, possesso e conclusioni. Al netto degli 8 punti di distacco in classifica, secondo l’allenatore nerazzurro i valori in campo sono simili. In virtù di queste somiglianze, Pioli ha scelto di schierare la propria squadra a specchio. Ora, replicare lo schieramento avversario ha l’innegabile vantaggio di minimizzare i rischi, dal momento che la partita viaggia sui binari imposti dai duelli individuali con cui i tecnici hanno costellato il terreno di gioco. Il contraltare invece è la rinuncia a qualsivoglia forma di imprevedibilità, e il riferimento dell’incontro sarà sempre l’uomo, più che lo spazio.

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Sin dai primi minuti è stato possibile individuare i punti di maggiore interesse: Nainggolan vs Gagliardini e i duelli in fascia.

 

La nuova Inter di Pioli basa gran parte della propria produzione offensiva sul lavoro svolto dalle catene laterali; la risalita del campo infatti non può prescindere dai triangoli che si vanno a comporre in fascia. Il grande merito di Spalletti è aver saputo destrutturarli a piacimento. Una delle chiavi di lettura più importanti della gara è stato infatti il lavoro di Bruno Peres da un lato e Juan Jesus dall’altro. Perisic è un tipo di giocatore che soffre moltissimo la mancanza di orizzonte davanti a sé: Peres è stato bravissimo ad oscurargli la porzione di campo alle sue spalle e a costringerlo a riciclare il possesso giocando di sponda verso D’Ambrosio. Dall’altro lato del campo, la squadra non ha saputo isolare Candreva per permettergli di puntare Juan Jesus: Gagliardini, con l’intenzione di favorire un’uscita del pallone più pulita dalla difesa ed uscire dalla schermatura di Nainggolan, portava i flussi del gioco nerazzurro sulla destra, col risultato di spingere l’esterno italiano verso la tana di Juan Jesus.

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Brozović taglia internamente e viene preso da Strootman. De Rossi esce in pressione su Kondogbia, e Nainggolan tiene Gagliardini, che nemmeno così largo riesce a ricevere. Esterni bloccati e centro del campo troppo statico.

L’Inter è riuscita ad abbozzare una proposta offensiva solo con i tagli avanzati dei suoi esterni. Nonostante Candreva e Perisic siano due giocatori estremamente verticali, i loro movimenti ad entrare dentro al campo sono risultati fondamentali per dare respiro e nuova ampiezza alla manovra. L’Inter è riuscita ad andare sul fondo praticamente solo quando ha fatto saltare la guardia dei due esterni brasiliani sui propri: il taglio interno liberava spazio per João Mário a destra e Brozovic a sinistra.

Dal canto suo, la Roma versione 2017 non attua un pressing forsennato, che si limita anzi alla pressione isolata di Dzeko. Al contrario, bada piuttosto con Nainggolan e Salah ad impedire la ricezione all’apertissimo doble pivote nerazzurro. L’unica vera concessione ad una pressione più aggressiva è, chiaramente, quella in uscita sugli esterni. In fase positiva, Spalletti interpreta il suo 3-4-2-1 in maniera molto più fluida di quanto non riesca a fare l’Inter. L’ortodossia delle posizioni è messa in dubbio dall’asimmetria tra Peres e Juan Jesus, con quest’ultimo più bloccato e meno incline a venire dentro al campo rispetto al connazionale. Ma anche, in maniera forse più evidente, da Salah, spesso accanto a Dzeko, e Nainggolan.

 

In questo momento della stagione, la cartina tornasole delle prestazioni della Roma è indubbiamente lo stesso Nainggolan. Da trequartista atipico, il belga aveva licenza di aprirsi in fase di possesso, obbligando Gagliardini a seguirlo fuori posizione e aprendo così un corridoio centrale per De Rossi e – più spesso – Strootman, che non potevano esser tenuti dal solo Kondogbia. Non è un caso se la rete del vantaggio giallorosso sia arrivata proprio da una corsa a due vinta dal belga sul giovane centrocampista azzurro.

Un altro elemento capitale per comprendere i limiti dell’Inter è la difesa in avanti del centrocampo. Il pressing di Pioli prevedeva che i tre davanti si spalmassero sui tre vertici del rombo di costruzione giallorosso per impedire l’uscita pulita del pallone; le capacità di palleggio dei tre difensori della Roma però, unite ad uscite a singhiozzo sul proprio uomo di Joao Mario e Brozovic, ha comunque permesso alla difesa di legare con il centrocampo. Gagliardini e Kondogbia hanno dovuto giocoforza uscire in pressione sui mediani avversari, ma questo ha comportato un vuoto enorme alle loro spalle. Si tratta di una criticità già evidenziata nelle partite contro Lazio in Coppa Italia e Juventus in campionato. Le mezze posizioni, amplificate con questa poco puntuale difesa in avanti hanno ingolosito Salah e Nainggolan, che han potuto trovare un facile terreno di ricezione sia per raccogliere i suggerimenti dal basso che per prendere le sponde e le seconde palle di Džeko.

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L’Inter ha appena perso palla per un errore in impostazione. Gagliardini e Kondobgia sono fuori posizione, Nainggolan ha trovato la sponda di Salah che ha appoggiato per Strootman: la difesa dell’Inter scappa all’indietro, il centrocampo è tagliato fuori e non può recuperare. L’olandese avanzerà per 30 metri indisturbato, prima di servire Dzeko.

Ad ogni modo, questa Roma non disdegna il lancio lungo per risalire il campo, e la verticalità di Spalletti viene quasi incoraggiata. Ogni volta che i centrocampisti della Roma si trovano con la fronte alla porta tutti, a cominciare da De Rossi e Strootman, cercano sempre l’opzione più avanzata, meglio ancora se tra le linee. Dzeko è venuto spesso a giocare fuori, alle spalle di Gagliardini, proponendosi per quel gioco di sponda e rilancio che fa(ceva) Totti con la maglia giallorossa. In questo, Spalletti è riuscito non solamente a rivitalizzare l’abulico Dzeko dell’anno scorso, ma anche a trasformarlo in un rifinitore, quando serve.

Nel secondo tempo il copione non cambia. L’ennesimo duello, stavolta fisico, portato a casa in virtù del mismatch atletico con Gagliardini, regala a Nainggolan praterie per il raddoppio. Dalla situazione di doppio vantaggio, per la Roma è stato facile abbassare il baricentro e badare a proteggere il centro. Alla fine la Roma avrà avuto un’altezza media di 48 metri, mentre l’Inter, forte di una ripresa stabilmente in avanti, di 52.

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Coppie formate e campo chiuso, Murillo cercherà un improbabile lancio verso Icardi.

 

La doppia (a volte tripla) cerniera ha concesso soltanto sterili cross e corner – ben 10 alla fine – alla compagine di Pioli, ed ha avuto gioco facile nel disinnescare le velleità dell’Inter. La manovra nerazzurra ha risentito di una velocità di circolazione troppo bassa, che non ha potuto così scalfire la struttura posizionale avversaria. Solo una distrazione di Rüdiger ha permesso ai nerazzurri di coltivare speranze di pareggio, un’opzione peraltro mai veramente sul piatto.

Pioli dovrà interrogarsi sull’inefficacia delle sue fasce, pur in campo con gli uomini più offensivi. Alla Roma è bastato chiudere la manovra avversaria sugli out per mettere la museruola alla fase offensiva dei nerazzurri. Altri cronici problemi si sono poi manifestati in tutta la loro criticità: le linee non sembrano in grado di supportare il pressing portato con i tre uomini avanzati e la squadra è parsa disporsi in tronconi più che in reparti. Infine, e ancora una volta, le sorprese in formazione non sono state sufficienti per risolvere a proprio favore uno scontro al vertice. Questa volta all’abulicità in attacco si sono aggiunte prestazioni opache di alcuni uomini chiave (Joao Mario e Gagliardini su tutti).

 

San Siro invece sembra consigliare a Spalletti di proseguire sulla strada del cinismo. Questa versione della sua Roma è sicuramente meno spettacolare rispetto alle passate release, ma può sfoggiare una solidità difensiva invidiabile. Oggi il canovaccio tattico del match ha permesso di valorizzare gli attributi tecnici in rosa (Nainggolan, Bruno Peres), ma ha anche offerto conferme sulla tenuta atletica di giocatori centrali (Rudiger e soprattutto Fazio, con 17 clearence all’attivo). Insomma, la Roma ribadisce il suo ruolo di contender più credibile della Juventus. Se scalfire il dominio bianconero sembra quantomeno improbabile, ieri sera si sono viste le qualità che rendono la squadra di Spalletti la miglior seconda della Serie A.