Sta tornando il vero De Sciglio?

Dopo gli Europei, abbiamo scoperto un giocatore ritrovato: più solido mentalmente, più efficace nel modo di giocare.

Il dizionario Sabatini Coletti definisce la predestinazione come un «destino misteriosamente assegnato a qualcuno». Associando il concetto all’ambiente calcistico, è sull’avverbio misteriosamente che dobbiamo concentrare la nostra attenzione: quando applichiamo l’etichetta di predestinato ad un calciatore, questo è un ragazzetto pienamente nel range di età che gli inglesi definiscono “età con desinenza -teen”, pertanto un atleta tendenzialmente impreparato alla velocità di gioco dei “pro” e che deve ancora dimostrare tutto in uno sport in cui l’atletismo, ovviamente non ancora al top in un adolescente, è elemento fondamentale.

Inizio di maggio 2012: in una serata nefasta per il Milan, quella in cui una sconfitta nel derby con l’Inter consegna matematicamente lo scudetto alla Juventus, Mattia De Sciglio, alla terza presenza in Serie A, anticipa tre volte Zanetti, svernicia Pazzini e solca le fasce di San Siro con la stessa familiarità con cui un ragazzo di 19 anni, la sua età di allora, ingrana con il motorino.

Così, una serie di coincidenze con l’ultimo grande capitano rossonero – l’essere nato a Milano, avere passato più di metà della propria vita vestendo la gloriosa maglia del Milan, avere nel piede destro quello preferito ma ricoprire indifferentemente il ruolo di terzino su entrambi i lati del campo, avere debuttato in Serie A in una partita in trasferta nel Triveneto – ha trasformato misteriosamente Mattia De Sciglio nell’erede designato di Paolo Maldini. Lanciato in prima squadra da Allegri nella stagione 2011/12, il giocatore mostra una tranquillità non comune in campo e, pur non toccando quasi mai la palla col sinistro, l’abilità sulla fascia mancina lo fa sembrare da subito un veterano. La stagione successiva sembra essere quella della consacrazione ad alti livelli, con l’inserimento nella squadra dell’anno 2013 Aic, a seguito di 33 presenze totali fra campionato e coppe.

Poi però 31 partite saltate in campionato nelle stagioni 2013/14 e 2014/15 per infortuni vari, fastidiosi e di difficile recupero, ricacciano Mattia in un limbo di mediocrità dal quale non sembra rialzarsi nemmeno nella stagione 2015/16: pur giocando, bene, tutti i minuti delle sette partite di Coppa Italia fino alla finale persa ai supplementari contro la Juventus, in campionato passa sedici partite – sedici – a sedere in panchina per 90 minuti. In un desolante panorama di risultati di squadra, De Sciglio sembra essere scivolato in una spirale individuale involutiva senza fine: possiamo scegliere alcuni momenti emblematici delle sue difficoltà in queste stagioni.

Momento paradigmatico numero 1: espulsione contro il Napoli

 

Sei nel tunnel sotterraneo che dagli spogliatoi conduce al prato verde di uno degli stadi più importanti d’Italia, prima di una partita serale di Serie A; anche se ormai la stagione è agli sgoccioli e la tua squadra è impelagata in un’anonima posizione di centroclassifica, l’adrenalinica attesa con cui hai compiuto l’iter di vestizione – parastinchi, salvapelle, calzettoni, scarpe, maglia da gioco – sta finalmente per avere il suo culmine al fischio d’inizio dell’arbitro. Sei nel tunnel sotterraneo e non vorresti essere in nessun altro posto al mondo, perché fare il calciatore è sempre stato il tuo sogno, dopo una digressione di un paio d’anni di nuoto, condicio sine qua non imposta dalla mamma prima di potersi iscrivere alla scuola calcio. Poi però un posizionamento sbagliato sul terreno di gioco, un’errata postura del corpo, il solito chirurgico inserimento in area di Hamsik, una scivolata avventata e fuori tempo massimo e rimedi l’espulsione più veloce della storia del calcio italiano. Pochi minuti dopo esserne uscito, sei di nuovo nel tunnel sotterraneo di uno degli stadi più importanti d’Italia, ma vorresti essere da tutt’altra parte del mondo.

Momento paradigmatico numero 2: espulsione contro il Torino

 

De Sciglio, terzino destro in questo Torino-Milan di gennaio 2015, è in posizione ideale per pressare alto Darmian; il passaggio in profondità non dovrebbe metterlo in difficoltà, poiché il vantaggio sul compagno di Nazionale è netto. Ma De Sciglio quel vantaggio lo perde, coi muscoli attanagliati dal dubbio se intervenire in scivolata oppure no. Dopo aver deciso di non farlo, il secondo errore, quello fatale: si dirige verso il punto in cui Darmian stoppa il pallone a seguire, non verso il punto dove è evidente che quello stop a seguire lo porterà. Risultato: intervento in ritardo e secondo giallo al 45’ minuto. Il Milan in quel momento è in vantaggio 1-0, la partita terminerà 1-1.

Momento paradigmatico numero 3: autogol contro il Parma

 

Pur non essendo un drago nel gioco con i piedi, nel corso della sua lunga carriera da discreto interprete della porta, Diego Lopez avrà ricevuto dai compagni migliaia di retropassaggi, senza mai sbagliare un controllo o un rinvio. In questa incredibile partita a Parma – che il Milan vincerà 5-4 – lo spirito dell’ingegnere statunitense Edward Murphy è appollaiato sulla spalla di De Sciglio. Il retropassaggio del terzino è nello specchio della porta (ok, non si deve fare), rimbalza (ok, non si deve fare), ma l’errore di Diego Lopez è clamoroso. La faccia di Mattia invece è, come si diceva una volta, tutta un programma.

Poi un giorno, nello stadio dell’esordio in Serie A, in una partita che il Milan perde contro l’Hellas Verona praticamente già retrocesso, una scarpata involontaria di Pawel Wszolek rischia di spedire De Sciglio all’ospedale: è il giorno in cui la fenice che è dentro Mattia, dopo aver passato i mesi precedenti ad accatastare piante balsamiche, vi si rannicchia, attende che il sole le incendi e si lascia bruciare per poi risorgere dalle proprie ceneri. «La forza di lottare l’ho sempre avuta, ma questa cicatrice mi farà sempre tornare in mente il periodo che ho passato e come l’ho superato; c’è chi fa il tatuaggio, io ho questa cicatrice come ricordo di un periodo negativo che ho superato con grinta e forza di volontà». Con queste parole Mattia De Sciglio racconta ai giornalisti al seguito della Nazionale italiana la sua strepitosa partita contro la Spagna agli Europei, ma più in generale una trasformazione mentale necessaria per rientrare, alla grande, sul taccuino dei top club europei: un precoce tagliando alla soglia dei 24 anni per passare dal ruolo di fuori serie che gli è stato preventivamente cucito addosso a quello di utilitaria di medio-alto livello delle fasce laterali.

La prova di De Sciglio contro la Spagna

La partita di Saint-Denis contro la Spagna è straordinaria per Mattia, pur con la spada di Damocle di un cartellino giallo nella prima mezz’ora. L’interscambio continuo con Giaccherini manda in tilt la catena di destra spagnola: almeno quattro cross pericolosi, diagonali precise, una forza nelle gambe paurosa per resistere agli uno contro uno di buona parte del secondo tempo. Mattia è tornato e, con Montella alla guida del Milan nell’attuale stagione, sembra proseguire questo buon momento: 16 partite nell’undici iniziale e 2 subentri, mostrando nuovamente un’eleganza ed una pulizia di gioco non indifferenti e la solita tecnica di base invidiabile. Veramente notevole il miglioramento della pass accuracy dal 76% della stagione 2015/16 all’85% di quella attuale, con compiti diversi in fase di impostazione della manovra e di conseguenza in fase di copertura preventiva in caso di perdita del pallone.

La distribuzione dei palloni di De Sciglio nello scorso Milan-Juventus
La distribuzione dei palloni di De Sciglio nello scorso Milan-Juventus

 

Si nota come, in pochi mesi, De Sciglio sia passato dal toccare il pallone in fase d’attacco della squadra solo ed esclusivamente sulla fascia laterale di competenza (normalmente in sovrapposizione all’esterno che gli crea spazio accentrandosi) a toccare la metà dei palloni nel terzo centrale del campo, interpretando bene il ruolo di finto terzo centrale difensivo.

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La heat map sovrapposta di De Sciglio ed Abate mostra come il laterale destro del Milan gioca sostanzialmente più avanti del sinistro di circa 5-8 metri e si limita a calpestare zolle più periferiche, mentre De Sciglio si avvicina al centrale di sinistra (Romagnoli) per creare, fino al rientro di Abate in transizione difensiva, una linea a tre.

Oltre a una nuova interpretazione tattica del ruolo, quella che potrebbe essere definita come una via di mezzo fra il terzino classico e il Lahm guidato da Guardiola, è piuttosto evidente anche una ritrovata libertà mentale, che consente di tentare giocate di questo tipo. Attualmente, con 1,4 intercetti, 3,5 spazzate e 0,3 respinte a partita, Mattia De Sciglio è il terzino più affidabile della banda Montella; è molto interessante notare che il periodo più difficile della stagione del Milan a cavallo fra gennaio e febbraio – una vittoria, due pareggi, tre sconfitte in campionato ed eliminazione in Coppa Italia – corrisponda esattamente a quello in cui De Sciglio è stato out per infortunio o per turnover.

Ripresa la retta via, a 24 anni compiuti ad ottobre, con un terzo di carriera alle spalle ed un contratto in scadenza fra 17 mesi, Mattia De Sciglio deve decidere quale direzione prendere. L’attuale ad rossonero Galliani è abbastanza sicuro di riuscire a trovare un accordo per il rinnovo del contratto, ma l’incertezza sulla trattativa di vendita della società potrebbe spingere il ragazzo a guardare altrove, per lasciare Milano e quell’aura di insoddisfazione che incombe ancora su di lui. Restare rossonero per interpretare l’inedito ruolo di senatore junior nel sempre più giovane Milan di Montella oppure tentare un’avventura altrove, affrancato mentalmente dalle pressanti aspettative dell’ambiente rossonero che probabilmente ne limitano, Europeo docet, le prestazioni? Con quale maglia Mattia segnerà, finalmente dopo più di 160 partite da professionista, il primo gol?