L’uomo delle promozioni

Leonardo Semplici ha riportato la Spal in Serie A, 49 anni dopo. Intervista a un allenatore da sempre abituato a vincere i campionati.

Leonardo Semplici è uno specialista dell’entusiasmo. Quando parla della sua Spal, sa renderlo una cosa palpabile: è lì, concreto, visibile. È una cosa che non sempre emerge a contatto con un allenatore, ed è verosimile che quell’essere autenticamente appassionato del suo lavoro abbia contagiato molti, i giocatori in primis. L’altro entusiasmo, ovviamente, è quello di una città intera, Ferrara, che lui stesso ha contribuito a creare, riportando la Spal in Serie A dopo 49 anni di assenza, al termine di un campionato prima affrontato da outsider quasi sconosciuta, poi da macchina da guerra capace di raccogliere 20 risultati utili consecutivi tra ottobre e marzo, conquistando la vetta alla 35esima giornata e non lasciandola più.

Leonardo Semplici è, poi, uno specialista di promozioni, perché questa, appena ottenuta, è la sesta in dieci stagioni. Ci era già riuscito una volta con il Sangimignano nel 2004/05, alla sua prima esperienza da allenatore, vincendo l’Eccellenza; tre le ha conquistate alla guida del Figline, portato dall’Eccellenza alla Lega Pro Prima Divisione; infine le due con la Spal, la prima lo scorso anno in Lega Pro, la seconda, ovviamente la più importante della carriera, quest’anno. Se i biancazzurri sono stati la sorpresa tra le squadre in Serie B, Semplici è stato la sorpresa tra gli allenatori, lui che al primo anno di B ha sbaragliato la concorrenza e ora, dopo aver rinnovato con il club di Ferrara fino al 2019, è pronto a stupire anche in Serie A.

SPAL v FC Pro Vercelli - Serie B

Ⓤ Aveva il sentore che questa squadra potesse fare così bene, dopo un anno e mezzo in Lega Pro molto positivo?

Sicuramente c’era la speranza, ma la Serie B era una novità per tutti: per la società, per l’allenatore, per tantissimi giocatori. Quindi non c’era la minima percezione di cosa avremmo potuto fare in questo campionato. Sapevamo di dover lottare fino all’ultimo sabato per raggiungere la salvezza, il nostro obiettivo, era quella la nostra idea iniziale. Dopo qualche tempo è cresciuto il gruppo, e con esso l’identità di gioco. Sicuramente l’aspetto che ha inciso tanto è che molti dei ragazzi dello scorso anno sono rimasti, ragazzi che avevano già acquisito idea di gioco e mentalità. E poi l’aspetto morale dei giocatori, che è la prima cosa che andiamo a ricercare, insieme all’aspetto tecnico: questo ha fatto sì che andassimo oltre le aspettative della società, della piazza, dell’allenatore, di loro stessi. Si è creato questo mix che ci ha permesso di essere a livelli da sogno.

Ⓤ C’è stato un momento in cui è scattato qualcosa?

Sicuramente sì, dopo le prime 5-6 partite. A differenza di altre squadre, eravamo nuovi nella categoria, e quindi dovevamo calarci nel contesto. Inizialmente questo l’abbiamo pagato caro: se l’anno scorso in Lega Pro sapevamo di aver costruito una squadra capace di fare qualcosa di importante, quest’anno gli stessi ragazzi, quando scendevano in campo, non sapevano se erano all’altezza o meno. Quando è arrivata questa consapevolezza del “ci possiamo stare anche noi, possiamo dire la nostra”, è scattato qualcosa all’interno del gruppo. Con la convinzione di mettere in pratica le nostre qualità, abbiamo capito che potevamo toglierci qualche bella soddisfazione anche noi.

SPAL v FC Pro Vercelli - Serie B

Ⓤ L’incertezza iniziale, e poi la freschezza e l’entusiasmo, dei giovani. Meret, Bonifazi, Lazzari, Pontisso, lo stesso Beghetto poi passato al Genoa…

Beghetto è stato preso due anni fa dalla Serie D, anche Lazzari, quando il ds Vagnati l’ha preso alla Giacomense, veniva dai Dilettanti. Sono ragazzi che hanno bisogno di forza, credibilità, fiducia. Assicurare queste cose è un aspetto positivo della nostra realtà. Se consideriamo Meret e Bonifazi, due prestiti da due squadre di Serie A, vediamo che uno veniva dalla Primavera e che non aveva mai giocato a grandi livelli, mentre ora sta attirando l’attenzione di tutti; l’altro aveva fatto qualcosa come sette presenze in Lega Pro lo scorso anno. Sono venuti qua e hanno guadagnato la fiducia sul campo. Sapevamo che avremmo giocato con tanti giovani in più rispetto ad altre squadre. Vorrei mettere in evidenza anche il coraggio dell’allenatore, perché giocare in porta con un ’97, schierare un centrale difensivo del ’96, un regista del ’97, sono cose che non si trovano ovunque. E il contorno della società è fondamentale per far sì che l’allenatore possa fare queste scelte. Qui c’è la giusta serenità, la giusta pressione.

Ⓤ Come si allenano i giovani?

Instaurando un certo tipo di mentalità, di convinzione, rispettando i giocatori, parlando chiaro ed essendo trasparente con loro.

Ⓤ Un altro aspetto rilevante di questa Spal è il fatto di aver cambiato spesso formazione tipo, senza che questo incidesse sui risultati. In una partita infrasettimanale, contro la Salernitana, erano stati addirittura nove su undici i giocatori cambiati rispetto alla gara precedente.

Ho sempre detto ai miei ragazzi: qui siamo tutti determinanti. È normale che su 25, 26 giocatori c’è chi gioca più e chi gioca meno. Ma loro sanno che in qualsiasi momento li posso chiamare. E do a tutti la possibilità di mettermi in difficoltà nelle scelte. Bonifazi, per esempio, all’inizio faceva tribuna o panchina. Poi a un certo punto l’ho ritenuto utile alla causa: è entrato tra i titolari e non è più uscito. Spiego anche perché, a Salerno, ne ho cambiati così tanti. Avevamo tutti la convinzione, io e il mio staff, che la mentalità non sarebbe cambiata, e di conseguenza sarebbe arrivata anche la prestazione. Così è stato, anzi, è arrivata anche la vittoria. Questo ci ha dato ulteriore forza. La competizione alza il livello negli allenamenti: chi gioca sempre deve dare il massimo, non può fermarsi, perché sa che dietro c’è uno che spinge per diventare titolare.

SPAL v FC Pro Vercelli - Serie B

Ⓤ Tanti ragazzi emergenti, ma anche un allenatore emergente.

Mi ricordo quando ho iniziato ad allenare: ho vinto subito il campionato di Eccellenza. Per me, all’epoca, allenare in Serie D era come allenare in Serie A, era il massimo a cui potevo aspirare in quel momento. Poi ci fu una telefonata improvvisa dal direttore del Figline, la squadra che in quel campionato era arrivata seconda. Lui era stato un mio allenatore, e scherzando gli dissi: “Se avete bisogno di un allenatore vincente, chiamatemi”. Fu una battuta. E invece dopo mi chiamò e mi chiese sul serio se volevo allenare il Figline. In quattro anni siamo passati dall’Eccellenza alla Lega Pro Prima Divisione. Sicuramente lì mi sono fatto notare anche a livelli maggiori. In più, con il Figline, ho avuto la fortuna di disputare alcune amichevoli con la Fiorentina. Così l’allora direttore Corvino mi propose di allenare la Primavera dei viola. Dissi di sì, anche se a livello giovanile non avevo mai lavorato, perché andavo ad allenare una formazione importante, la squadra della mia città. Un’esperienza formativa, che poi ho riportato alla Spal attraverso l’inserimento dei giovani. Oggi sono un allenatore più predisposto a farlo.

Ⓤ Poi, a dicembre 2014, la chiamata della Spal.

Ero stato già chiamato in estate, poi avevano preso un altro allenatore. Nel frattempo ho avuto altre possibilità, ma volevo una società che mi permettesse di lavorare in una certa maniera, che avesse ambizione, perché dopo l’esperienza con la Fiorentina mi piaceva provare a fare qualcosa di concreto.

Ⓤ Cosa ha trovato a Ferrara?

Una società con una storia particolare, una storia unica. questo entusiasmo che si percepisce si è creato con il duro lavoro, con i sacrifici. Aver risvegliato un popolo, dopo anni di fallimenti, mi riempie di orgoglio.

Ⓤ Ed è arrivata la sesta promozione in carriera. A cosa si deve questa abilità?

Nasce dal desiderio di non accontentarsi mai. Di mettermi sempre in discussione. Quando finisce la partita, mi prendo sempre tempo per riflettere, anche se le cose vanno bene. Bisogna fare sempre qualcosa in più.