Il piano di Mbappé

Da quando era piccolo, Kylian Mbappé ha programmato le tappe della sua carriera. Finora tutto sta andando bene, e ora è l’uomo mercato del 2017.

Diciotto anni di vita riassunti in un’immagine. Kylian Mbappé ha appena messo a segno il suo secondo gol sul campo del Borussia Dortmund nel match di andata dei quarti di finale di Champions League. Nessuna corsa pazza sotto la curva, né tantomeno un passo di dab o un altro tipo di esultanza preparata per l’occasione. Una semplice scivolata sulle ginocchia vecchio stile e uno sguardo alla grande scena, a braccia conserte, con il Muro giallo sullo sfondo, come se tutto fosse normale. Normale aver segnato quattro gol in tre partite di Champions (segnerà il quinto la settimana successiva nel match di ritorno). Normale essere considerato da tutti come il nuovo Thierry Henry. Normale avere una media di un gol ogni 90,8 minuti dall’inizio della stagione in tutte le competizioni (13 in Ligue 1, 5 in Champions League, 3 nella Coppa di Lega e 2 nella Coppa di Francia). Normale aver rubato la scena a Radamel Falcao. E quando qualcuno cerca di fargli comprendere che tutto ciò non è normale bensì straordinario, lui ci ride su: «Non mi sento di dire che è straordinario. Straordinario è un calciatore che fa sessanta gol. Non ce ne sono tanti. Altrimenti finiremmo col rendere banale questo termine. Possiamo dire che sono in una buona fase».

Se Kylian Mbappé non si sorprende affatto di ciò che sta vivendo è perché ha elaborato un piano da sempre. Un piano d’attacco, il cui punto di partenza è la sua stanza da bambino, nella casa della sua famiglia, al numero quattro di Allée des Lilas a Bondy, un municipio situato a 10 chilometri al nord-est di Parigi. La finestra della sua stanza affaccia sul campo di calcio dello stadio Léo Lagrange. Impossibile per Kylian non innamorarsi del pallone: suo padre, Wilfried, è educatore presso l’As Bondy e il suo fratello adottivo, Jirès Kembo-Ekoko, di dieci anni più grande, gioca già nel club (oggi è professionista e gioca nell’Al-Nasr). «Vivevamo al secondo piano e lo sorvegliavo quando andava allo stadio per giocare con Jirès», ricorda il padre Wilfried. «Già da piccolissimo voleva giocare a calcio, ma avevo paura di essere al contempo suo padre e il suo allenatore. Quando ha compiuto cinque o sei anni, mi sono arreso e l’ho iscritto». Quando non è a scuola, il ragazzo è allo stadio. Quando non è allo stadio e ha finito i compiti, guarda le partite in televisione. E quando il padre spegne la tv e Kylian va a dormire, gli stessi sogni si ripropongono: diventare calciatore professionista, vincere il Pallone d’Oro, la Champions League, la Coppa del mondo. Un appassionato, un pazzo del pallone.

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Sul campo di gioco è la stessa cosa. Tutti si rendono subito conto che Kylian è un fenomeno. «Quando iniziò a giocare a settembre, dicemmo tutti olalà», ricorda suo padre. Il suo nome circola nella regione parigina dell’Île de France e addirittura su Internet. Nel giugno 2009 un video intitolato “Il piccolo Robinho” è pubblicato su Youtube. Si vede Kylian, 11 anni, vestito del verde e bianco dell’As Bondy, dribblare tutti i suoi avversari e calciare delle punizioni nel sette. Da lì l’interesse dei grandi club europei, dal Real Madrid al Chelsea. Ma Wilfried ha le idee chiare: suo figlio seguirà i passi del fratello maggiore Jirès e andrà all’Inf Clairefontaine, centro di pre-formazione di élite, dal quale sono usciti, tra gli altri, Hatem Ben Arfa, Thierry Henry, Blaise Matuidi e Mehdi Benatia. Ad accogliere Kylian Mappé nel settembre 2011 è Gerard Prêcheur, direttore dell’Inf all’epoca. «Era ambizioso in quanto cosciente del suo potenziale e convinto del fatto che poteva arrivare ai risultati che si era prefissato», assicura. Jean-Claude Lafargue, che sarà il suo allenatore durante due anni a Clairefontaine, conferma: «Mi avevano parlato di un ragazzo leggero, molto agile nel suo gioco. Quando è arrivato qui ne abbiamo avuto subito la conferma. Ma al di là delle sue qualità ciò che più mi colpì fu la sua grande determinazione. Era una questione di approccio, lui era naturale, non calcolava niente».

Durante i due anni passati a Clairefontaine, Kylian cresce. Sia nel gioco sia nel carattere. «Il primo anno era Kylian “Mbambino”», afferma Jean-Claude Lafargue. «Faceva il muso, rideva a crepapelle. Il secondo anno non più, aveva fatto il salto di qualità». Durante quella seconda annata, ad ogni modo, il giovane fenomeno è invitato dal Real Madrid per una settimana di prova. A Madrid Kylian è ricevuto da Zinédine Zidane in persona, assiste a una partita al Santiago Bernabéu e incontra l’idolo ritratto sui poster che tappezzano la sua stanza: Cristiano Ronaldo. «Non siamo andati a Madrid per sapere qualcosa di più sul potenziale di nostro figlio ma per fargli piacere», asserì all’epoca sua madre, Fayza, ex giocatrice professionista di pallamano. «È tifoso del Real Madrid da quando era piccolo».

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Il suo percorso all’Inf finisce nel maggio 2013. Bisogna trovargli una squadra. Il Real Madrid? Il Manchester City? L’Arsenal? Il Psg? In quel momento è essenziale il ruolo dei genitori, come ricorda ancora Jean-Claude Lafargue. «Incontravamo spesso i suoi genitori per fare dei bilanci. Era stabilito, sapevamo che loro erano lì per gestirlo. Wilfried era educatore, dunque sapeva come funzionavano contratti, agenti, ed era molto attento. Voleva un club che si sarebbe adattato perfettamente al profilo mentale di suo figlio». Questo club, nella sorpresa generale, sarebbe stato il Monaco. I monegaschi erano appena risaliti in Ligue 1 e volevano imbastire una squadra per il futuro. Gli osservatori del Monaco, che hanno già sentito parlare di lui, vanno a vederlo. Una volta, due volte, cinque volte, otto volte. Il responsabile del reclutamento in quel momento, Souleymane Camara, viene conquistato da questo piccolo ma eccellente dribblatore. «L’ho visto durante un incontro tra Clairefontaine e Torcy, aveva dimostrato di essere abile in tutto: nell’intelligenza di gioco, nelle scelte, nel comportamento. Egoista sotto porta per andare in gol, altruista nel far segnare i suoi compagni. Fu dopo quell’incontro che mi convinsi a ingaggiarlo». L’affare viene ufficializzato il 3 luglio 2013. Un mese dopo aver ingaggiato Falcao, James Rodríguez e João Moutinho per 130 milioni di euro, il Monaco acquista Kylian Mbappé, 14 anni e mezzo, 1,61 metri.

Gli inizi nelle giovanili del Monaco non sono semplici. Kylian deve dimostrare il suo valore. Approdato nel Principato con l’etichetta di «colui che doveva andare al Real Madrid», non riceve regali da nessuno, soprattutto dai suoi allenatori di allora. «Con Kylian non è andata benissimo», afferma uno dei precedenti membri dello staff del Monaco, che preferisce restare anonimo. «Non si impegnava molto, non lavorava per migliorare i suoi punti deboli, ma questo era il risultato dell’educazione da star che aveva ricevuto. Era molto coccolato, con un entourage opprimente. Così giovane e già con dei problemi finanziari, ed era difficile da gestire». Ma il suo miglioramento non si ferma. Il predestinato tiene botta e, la stagione successiva, arriva un nuovo formatore, che risponde al nome di Frédéric Barilaro. Una svolta, perché Barilaro crede in lui e gli dà tutto il tempo necessario. Più sereno, Mbappé inanella dribbling e gol fino a essere convocato in prima squadra da Leonardo Jardim nel novembre 2015, quando non ha ancora compiuto 17 anni. In quel momento, tutto accelera. La prima presenza in Ligue 1 è datata 2 dicembre 2015; il primo gol il 20 febbraio 2016; il primo contratto da professionista è firmato il 6 marzo 2016; la vittoria della Coppa Gambardella (equivalente del torneo di Viareggio) è datata 21 maggio 2016 e condita da una doppietta in finale contro Lens.

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Mbappé ormai non può più nascondersi. Il Manchester City tenta un assalto in estate mettendo sul tavolo un’offerta di 40 milioni. Il Monaco rifiuta. Jardim ha degli obiettivi ben precisi in mente. La stagione 2016/17 sarà quella della consacrazione. Prima come riserva di lusso della coppia Falcao-Germain, Mbappé si gioca bene le sue carte appena entra in gioco. L’offensivo 4-4-2 è perfetto per le sue caratteristiche. Corre veloce, gioca ugualmente bene sia in fascia sia da punta. Il 7 febbraio è titolare con il Montpellier, e segna. Da quel momento in poi non lascerà più l’undici titolare. Il seguito somiglia a tutto ciò che aveva predetto da anni: un’esplosione programmata che si basa su cifre allucinanti. Tra il febbraio e il maggio 2017, Kylian Mbappé mette a segno 17 reti in 17 partite, ossia uno ogni 75 minuti. È convocato in nazionale da Didier Deschamps, fa i primi passi con i Bleus, distrugge prima il Manchester City e poi il Borussia Dortmund in Champions League e diventa il nuovo idolo dei francesi. Ed ecco ripresentarsi l’interesse delle più grandi squadre europee. Un’ascesa vertiginosa che farebbe girare la testa a chiunque. Ma non nel caso di Kylian. «Non dirò che me l’aspettavo, ma mi ero preparato, questo sì. Ho un piano di carriera che ho elaborato da quando ero giovane. So quello che voglio fare, dove voglio andare e non lascerò che niente mi perturbi». Come se il bambino, nella sua stanza, avesse previsto e immaginato tutto. Come se tutto ciò fosse normale.

 

 

Tratto dal numero 16 di Undici