Baggio a Londra

Una giornata nel nuovo store Diadora di Soho con l'ex Pallone d'oro.

Dentro il negozio c’è una pila di mini album a fumetti. Quattro pagine a colori, in inglese e con la data: 15 luglio 2017. Il titolo della storia dice tanto, ma non tutto: A legend returns. La leggenda è Roberto “Bagghio” (all’inglese appunto) che spunta un sabato pomeriggio nel cuore di Londra a Carnaby Street. Quattro pagine a fumetti per celebrare l’evento ma non solo. Un intero negozio, il punto vendita Pro:Direct LDN19, uno Shop che ha un proprio profilo Social – @ProDirect_LDN – vestito da… Baggio. La sua storia. Le sue storie. Che passano anche attraverso le sue scarpe e il suo storico sponsor. Il numero 10 torna a vestire Diadora e inaugura una nuova collaborazione triennale. Per questo ci vuole una location speciale, appunto, con ospiti speciali, compreso l’Ad di Diadora Enrico Moretti Polegato, con cui Baggio condividerà il “palco” al centro dello store.

È un progetto nuovo che parte con la creazione di una linea di abbigliamento sportivo che si rifà agli anni ‘90. E a mitiche scarpe, ma da usare oggi. Il modello è quello dei Mondiali di Usa ‘94. Ma queste sono state riprodotte in pelle di canguro e riammodernate. Trasformate, perché dai Mondiali americani il calcio è cambiato. Ma Baggio resta Baggio. Il calciatore rivive nelle parole di James Richardson, anchor tv, che nei Novanta ha raccontato le sue imprese e quelle di tutto il calcio italiano attraverso il leggendario Football Italia su Channel 4.

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Ci sono adulti e bambini che ascoltano e guardano Baggio, affascinati da quegli occhi. Il codino non c’è più, e i capelli sono colorati d’argento. Ma quell’aurea di mito che lo circonda, che lo anticipa come un pallone appena calciato, non lo abbandona mai. Anche nella città più frenetica d’Europa, che viaggia a una velocità a cui lui non è abituato. La sua scelta di vita è diversa. C’è Altavilla Vicentina, «a un passo dal casello dell’autostrada», la famiglia, gli amici: è l’Universo Baggio, che non appare sulle pareti dello store, tra una maglia della Nazionale e l’illustrazione che lo celebra in maglia Juve e maglia Milan. Un passaggio che fece rumore e che rimbomba nelle ore di Leonardo Bonucci nuovo capitano rossonero. «Non me l’aspettavo proprio, son rimasto sorpreso», ammette.  Lui che ha cambiato squadre e maglie ma è stato mito di tutti gli italiani. Per i gol, le lacrime, gli errori e le emozioni con la maglia di un colore solo, quello azzurro. Rispettato da tutti. Avversari e tifosi. E rispetto per i grandi. Baggio è a Londra nelle ore che precedono il Gp di Formula 1 di Silverstone, ma soprattutto della finale di Wimbledon. Vedrà entrambi gli eventi da casa, perché domenica mattina è già sull’aereo. Vedrà trionfare ancora una volta Re Roger: «Un campione e una persona meravigliosa», dice, ma sicuramente si sarà fermato a osservare anche le lacrime di Cilic durante la partita. Nervi e muscoli, lo sport ha le sue regole che Baggio conosce bene.

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Da Federer a Rufai. Chi? Il portiere della Nigeria a cui Baggio segnò due gol negli ottavi di finale in America. Peter Rufai è a Londra protagonista (sfortunato: si è fatto male durante una gara) delle Star Sixes, 120 leggende del calcio radunate dentro l’O2 Arena a disputarsi una sorta di Mondiale Over, 6 contro 6 in campo ridotto. Ed è l’occasione per mandare un videomessaggio a colui che ritiene una leggenda vivente. Roberto si emoziona nel rivedere quel volto 23 anni dopo, e sentire le parole, in inglese. «Scusa per quei due gol, ci vedremo presto».

Baggio è così. Come l’hanno visto una quindicina di ragazzi della Pro:direct academy in Sheperd’s Bush all’ora di pranzo. Un po’ di palleggi con loro, uno sguardo all’allenamento («È più divertente allenarsi con il pallone, non c’è solo la corsa») un po’ di domande e risposte. Sul passato, sui successi personali, ma anche sul calcio di oggi. Quello da cui Baggio preferisce tenersi a distanza. La sua distanza. La giusta distanza.