Il trasferimento del decennio?

Neymar è sempre più vicino al Psg: un po' di riflessioni su quello che diventerebbe il colpo di mercato più costoso - e forse clamoroso - di sempre.

Nella testa di Neymar

Difficilmente Neymar dimenticherà il momento in cui è entrato per la prima volta nello spogliatoio del Barcellona. «Guardai da una parte, c’era Messi. Dall’altra Xavi, Iniesta, Piqué, Dani Alves… Un giorno li sceglievo ai videogame, quello dopo ero accanto a loro. Il primo mese fu molto complicato. Parlare con Messi mi imbarazzava». Era il 2013: da allora, i numeri del brasiliano in Spagna parlano di 105 gol in 186 presenze, che, a vario titolo, hanno fruttato una Champions e due campionati. Dagli esordi in un Barça annacquato, quello ancora nel pieno di una ristrutturazione d’identità dopo l’addio di Guardiola, all’esaltazione nel tridente più spettacolare del mondo, quello completato da Lionel Messi e Luis Suárez. Allora, perché il Paris Saint-Germain?

L’imbarazzo dei primi giorni è una sensazione lontana nel tempo. La sua era un’inadeguatezza giovanile, ancor prima che calcistica. Non più tardi di due anni fa, Neymar diceva: «Imparo ogni giorno da Messi». Oggi, dopo quattro stagioni trascorse insieme e un perfezionamento passato anche dalla compresenza dell’argentino, Neymar sente di poter competere alla pari con la Pulce. Senza presunzione: lo dice la maturità raggiunta dal calciatore, che solo in parte riguarda la sfera tecnica. L’ultima stagione non è stata necessariamente la migliore nella carriera del brasiliano: sicuramente non lo è stata dal punto di vista realizzativo, né da quello dei trofei vinti. Ma ha segnato una prospettiva nuova: quella di un giocatore leader. Forse proprio contro il Psg, nella clamorosa rimonta del Camp Nou, Neymar ha raggiunto, sotto questo aspetto, il livello più alto: è stato il protagonista dei minuti finali del match, con due gol e l’assist per la rete del 6-1 di Sergi Roberto.

Una grande prova nel 6-1 di Barça-Psg, contro quella che potrebbe essere la sua prossima squadra

Una fonte riportata dagli inglesi di Sky Sports sostiene che solo «un miracolo» potrebbe impedire il trasferimento al Psg. Il motivo è chiaro, e prende le mosse da quanto detto sopra: Neymar sarebbe stanco di fare il “secondo violino” di Messi. «A 25 anni, pensa sia arrivato il momento di vincere il Pallone d’Oro». Dal momento che i successi personali sono indissolubilmente legati a quelli di squadra, i trionfi del Barcellona non avrebbero altro padre putativo se non Messi. Ecco perché il Psg: squadra ricca, ambiziosa, ma senza un uomo copertina dopo la partenza di Ibrahimovic. Non solo: in una squadra che ha sempre fallito a livello internazionale, non riuscendo mai a spingersi oltre i quarti di Champions e senza una piena e indelebile affermazione contro una contender europea, un eventuale exploit passerebbe alle cronache come merito unico e inviolabile di Neymar. (Francesco Paolo Giordano)

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Vita a Parigi

Dal punto di vista tecnico, l’arrivo di Neymar a Parigi ridisegnerebbe gli equilibri e i rapporti di forza a livello europeo: per la prima volta nella sua storia, il Psg si metterebbe nella condizione di poter competere con successo anche in Champions League, allineandosi alla tendenza che, per dirla alla Emery, vuole le grandi favorite annoverare almeno uno tra i primi cinque giocatori del mondo. Con il brasiliano, i parigini si assicurerebbero qualcuno al livello di Messi e Cristiano Ronaldo per decisività e massimizzazione degli effetti del volume di gioco prodotto, diventando, con Cavani e Di María, l’ideale braccio armato di una squadra che ha spesso peccato di concretezza e lucidità nei momenti decisivi.

Tanto più che l’inserimento nel sistema di gioco di Emery richiederebbe un apprendistato relativo: posto che Neymar si troverebbe a suo agio come esterno offensivo sinistro tanto in un 4-2-3-1 quanto in un 4-3-3, è probabile che l’ex tecnico del Siviglia, per non esporre Verratti al costante rischio di inferiorità numerica in fase di non possesso, possa affiancargli Rabiot e il Fideo in quel ruolo di mezzala atipica (con licenza di galleggiare tra le linee alla ricerca della posizione ottimale) ed equilibrando la squadra sul lato destro del campo lasciando Dani Alves esterno alto coperto da Meunier o Aurier (con la possibilità di alzare ulteriormente il baricentro, arretrando l’ex Juve sulla linea dei difensori e inserendo uno tra Draxler e Lucas Moura).

I compiti di Neymar non sarebbero diversi da quelli di Barcellona: in fase di possesso a difesa avversaria schierata, riceverebbe molto largo, sia per garantire sufficiente ampiezza allo sviluppo della manovra (e non intasare la zona palla) che per aprire gli spazi per gli inserimenti della mezzala sul lato di riferimento. A questo punto le alternative sarebbero due: o mettersi in proprio, puntando il fondo e/o accentrando costantemente il proprio raggio d’azione grazie alle sue capacità nell’uno contro uno (55% di dribbling riusciti nell’ultima stagione); oppure surrogarsi al regista in fase di prima costruzione della giocata, sfruttando l’intera metà campo avversaria per creare i presupposti dell’azione da gol (18 assist e 86 passaggi chiave nel 2016/2017), sfruttando l’inserimento della mezzala opposta alle spalle della prima punta.

Il gol contro la Juventus, nell’amichevole statunitense di luglio 2017

In fase di conduzione della transizione, poi, la sua capacità di creare costantemente la superiorità numerica anche ricevendo lontano dalla porta (e con i difensori costretti a rinculare piuttosto che cercare l’anticipo), lo renderebbe il terminale offensivo ideale di una squadra che ha saputo offrire le migliori versioni di sé quando ha saputo attaccare in verticale lo spazio creatosi dietro la linea difensiva avversaria. Di fatto l’efficacia e la varietà di soluzioni offensive del Psg aumenterebbe in maniera esponenziale, così come le possibilità di successo nel medio-lungo periodo. A patto, però, di registrare una fase difensiva non ancora troppo porosa a livello di automatismi e di armonizzare le grandi individualità a disposizione in uno spartito di squadra coerente, costante e credibile. (Claudio Pellecchia)

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Il brand Neymar

Perché vale la pena spendere così tanto per acquistare Neymar? Se lo è chiesto Rory Smith del New York Times e in generale le cifre che girano intorno all’operazione sanno di grande follia: Neymar verrebbe acquistato attraverso un accordo con la Qatar Sports Investments di Nasser al-Khelaifi (presidente del Psg), che lo pagherebbe come testimonial principe dei prossimi Mondiali 2022. Dal punto di vista del marketing legato all’operazione, se parliamo di “brand Neymar” parliamo di un rientro sicuro del capitale investito: c’è una marketability del giocatore in fatto di endorsement, presenza sui social media, potenzialità attrattiva dovuta alla «autenticità da Millennial». Neymar è, inoltre, più giovane e maggiormente sfruttabile rispetto ad altri colleghi. Le entrate di Neymar legate agli endorsement, 61%, doppiano quelle ottenute da Ronaldo (36%) e Messi (34%). Fox Sports ha riportato in un vecchio articolo come Neymar abbia già realizzato (a 24 anni) quasi il doppio dei gol fatti da Ronaldo alla stessa età.

Neymar rappresenta più di Ronaldo, che pure era stata la prima idea dei qatarioti di Francia, il massimo a cui aspirare in fatto di marketing e portata social. Oltre che al prestigio calcistico siamo di fronte a un calciatore che potrebbe aiutare lo sviluppo del Psg verso il tetto di squadra sportiva con l’immagine migliore in epoca digitale. Accrescendo non solo la propria popolarità, ma anche la profittabilità legata all’immagine del suo nuovo uomo simbolo. (Oscar Cini)

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Cosa fare con 222 milioni

Il primo nome sulla lista dei papabili, quello di Coutinho, è anche il più vicino. È tuttavia evidente che il solo trequartista del Liverpool non sia sufficiente a sopperire alla partenza di Neymar, e per questo motivo in Catalogna si stanno valutando alcuni profili per cui potrebbe valere la pena svenarsi. Ciascuno dei nomi riportati dai principali media (Dybala, Mbappé, Ousmane Dembélé) sarà giocoforza iper-valutato dal proprio club di appartenenza. Non muoversi, per il Barça, significherebbe rimetterci sia nell’immediato (in termini di prospettive stagionali) che non (in credibilità).

Considerato chiuso il mercato in difesa con l’acquisto di Nélson Semedo dal Benfica, la cerchia di potenziali investimenti si riduce a una singola considerazione: incrementare il valore dell’undici titolare oggi non è possibile, se non con un ulteriore investimento fuori parametro. Idea poco auspicabile. Potrebbe essere maggiormente utile, invece, un’operazione in ottica futura. Come ad esempio bussare alla porta del Napoli per sondare Diawara, o rischiare con Milinkovic-Savic puntando sui margini di miglioramento in termini di controllo e tecnica del passaggio. Un’alternativa potrebbe essere il valenciano Carlos Soler. Altrimenti, tornando sul presente: fare un tentativo per strappare a Mourinho il suo pupillo Ander Herrera. Tutti giocatori con una valutazione che, pur impennandosi per via del contesto, rimarrebbe comunque contenuta per gli standard.

Lo stesso discorso può essere speso anche per Anthony Martial, la cui carta d’identità rappresenta ancora un ammicco non da poco per chi volesse scommetterci; certo sarebbe un’alternativa, ma il francese pronto ad entrare a gara in corso potrebbe rendersi più utile di quanto si pensi ricordandolo in tempi più recenti. Un’operazione altrettanto intelligente? Fare un salto ad Amsterdam, versare 15 milioni di euro nelle casse dell’Ajax e assicurarsi Matthijs de Ligt a partire dalla stagione 2019/20. Allora, a distanza di due anni, potremo valutare con sufficiente precisione se l’influenza di Neymar sarà stata rimpiazzata con successo sul mercato. (Simone Torricini)

 

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