L’incertezza della Premier League

Il Chelsea o i due Manchester? Lukaku o Morata? Conte o Pochettino? I tanti interrogativi che precedono l'inizio del campionato inglese.

La Premier League è l’unico campionato al mondo in cui due tra Conte, Mourinho, Guardiola, Klopp, Pochettino e Wenger resteranno fuori dalle prime quattro posizioni che valgono l’accesso alla Champions League. E se, alla vigilia della scorsa stagione, raccontavamo di «uno dei tornei calcistici più memorabili di sempre», un anno dopo il livello di hype non può certo dirsi diminuito. Tanto più con i due Manchester che hanno deciso di investire ancor più pesantemente sul mercato per mettersi in caccia del Chelsea di Antonio Conte, alle prese per sua stessa ammissione «con la stagione più difficile della carriera».

Contro la “maledizione dello Special One”

«Voglio evitare la stagione di Mourinho. Due anni fa la squadra è finita decima». Ovvero il modo che Antonio Conte ha per dire che vincere è difficile ma confermarsi di più, soprattutto se l’ultima Premier che ha visto il Chelsea nelle vesti di campione uscente è terminata con un tracollo costato l’esonero allo Special One. Tanto più se, come scritto su Squawka, a due settimane dalla fine del mercato i londinesi «hanno speso parecchi soldi per ritrovarsi allo stesso livello» dell’anno precedente: hanno salutato Terry, Matic e Diego Costa, sono arrivati Rudiger, Bakayoko e Morata. Toccherà ancora una volta al tecnico italiano provare ad esaltare le grandi qualità dei suoi singoli attraverso la dimensione collettiva e democratica del suo calcio, con quel 3-4-3 iperoffensivo eppure equilibrato.

Tutti i gol del Chelsea campione d’Inghilterra 2016/17

A sua immagine e somiglianza

L’acquisto di Nemanja Matic rischia di essere il più importante della storia recente del Manchester United. E non solo perché garantisce una grande varietà di soluzioni tattiche prodromiche a un pieno e totale sfruttamento delle caratteristiche a tutto campo di Paul Pogba: il suo arrivo è lo specchio di come José Mourinho abbia tra le mani la “sua” squadra in tutto e per tutto, libero dagli equivoci tattici che hanno condizionato gran parte di una stagione comunque conclusasi con il treble minore. C’è una difesa in grado di coprire il campo in ampiezza e profondità (seppur con l’incognita Lindelof), c’è la cerniera di centrocampo in cui Ander Herrera non potrà che giovare della presenza, fisica e non, del nuovo partner, c’è la punta (Lukaku) in grado di sostenere l’intero peso dell’attacco sulle sue spalle, ci sono gli esterni (Rashford e Mkhitaryan) di corsa e sacrificio nella doppia fase: ora bisogna vincere.

35 presenze, 1 gol, 7 assist, 20 passaggi chiave, 88% di pass accuracy, 37% di contrasti vinti, 60% di successo nei duelli aerei: questo lo score del 2016/17 di Nemanja Matic in Premier League

Che fatica la rivoluzione!

Il 2016/17 è stata la prima stagione che non ha portato trofei nella bacheca di Pep Guardiola. Importare il gioco posizionale in Inghilterra si sta rivelando molto difficile, soprattutto se l’obiettivo è non farsi cambiare da un calcio culturalmente e filosoficamente diverso. I tanti milioni di sterline spesi dal Manchester City trovano, quindi, una ragione nel consolidamento delle basi della rivoluzione guardiolana: la ristrutturazione del blocco arretrato (il ritorno di Kompany e tre esterni nuovi di zecca) aumenterà l’efficacia in fase di prima costruzione, De Bryune e David Silva avranno un anno in più d’esperienza nel ruolo di mezzali atipiche, Bernardo Silva costituirà un ulteriore upgrade in chiave di comprensione e applicazione dei dettami di un sistema più associativo e meno istintivo. Eppure, come ha scritto Simone Torricini su Undici, la sensazione è che «ci sia ancora del lavoro di assemblaggio, tecnico e umano, da portare avanti»: dettaglio che non rende poi così scontato che la seconda stagione sia effettivamente quella buona per i citizens.

Sprazzi di guardiolismo nell’ultima stagione

Outsider di lusso

Quando Mourinho elogia l’ “antimercato” del Tottenham lo fa a ragion veduta: il mantenimento di un’ossatura stabile, in un momento storico caratterizzato da stravolgimenti continui, costituisce un punto di partenza privilegiato per una squadra che può contare su una struttura di gioco tra le più fluide e coerenti d’Europa. Quella che manca a un Liverpool ancora alle prese con il lento processo di osmosi tra il calcio inglese e le idee di Klopp, difficilmente riproducibili in un contesto che depotenzia alla base l’idea di un pressing organizzato, preferendogli l’istintività e l’immediatezza del singolo nell’ultimo terzo di campo (e l’acquisto di un giocatore di transizione come Salah è figlio della ricerca dell’equilibrio tra le due componenti). Non va poi molto meglio all’Arsenal, incapace di recedere il cordone ombelicale che lo lega ad Arsene Wenger e imbrigliato in un ibrido tattico senza futuro (si veda il mantenimento del sistema difensivo a tre) che non ha reali corrispondenze con le caratteristiche della rosa attuale. E l’acquisto di Lacazette, rispondente più alla narrativa della tradizione dei grandi centravanti francesi con la maglia Gunners che a precise esigenze tecniche, o la permanenza di Sánchez non possono bastare in funzione di una competitività a medio-lungo termine.

FBL-ENG-PR-COMMUNITY-ARSENAL-CHELSEA

L’anno delle punte (e non solo)

Mai come quest’anno si potrà parlare del peso specifico e dell’importanza del rendimento delle punte all’interno dell’economia di squadra. Molti dei giocatori da tenere d’occhio della Premier League che verrà sono attaccanti o, comunque, giocatori dalle caratteristiche spiccatamente offensive. Harry Kane, alla ricerca della quarta stagione consecutiva da 20 gol o più gol (sarebbe record per il torneo d’Oltremanica); Alvaro Morata, alla prima grande occasione da titolare dopo i numeri spaventosi da riserva di lusso (58 reti e 23 assist in appena 72 gare iniziate dal primo minuto), in un contesto che sembra essere stato pensato per esaltarne le caratteristiche in campo aperto; Kelechi Iheanacho che, al primo bivio della carriera, ha scelto il Leicester per provare a esprimere le sue ancora inesplorate potenzialità; Gabriel Jesus, cui solo l’infortunio al metatarso ha impedito di prendersi la titolarità di Agüero già nel 2016/17; Lacazette e Lukaku, alle prese con l’ occasione della vita in due grandi storiche e che dovranno essere fin da subito pronti agli oneri e agli onori derivanti dall’essere i primi terminali offensivi di due squadre che, alla lunga, dipenderanno dai loro gol. E poi, ancora, Alli-Eriksen, De Bruyne-Bernardo Silva, Xhaka-Ozil, giocatori di trama e ordito dai quali passano le fortune di Tottenham, City e Arsenal nello sviluppo e nella costruzione della manovra nella trequarti avversaria. Infine i soliti noti: Pogba, finalmente libero di esprimere tutta la sua strapotenza nell’ultimo terzo di campo, libero da quelle incombenze tattiche che hanno finito per condizionarne il rendimento in relazione alle aspettative; Hazard alle prese con il recupero dall’infortunio alla caviglia e con la stagione che dovrà sancirne il definitivo ingresso tra i top europei; Ross Barkley che deve decidere cosa fare da grande; Mahrez e Coutinho che, mercato in uscita permettendo, diventeranno i plenipotenziari della fase offensiva di Leicester e Liverpool.

Sostituire Diego Costa al centro dell’attacco del Chelsea: la delicata missione di Alvaro Morata

Sorprese ma non troppo

Con l’onda lunga del Leicester campione d’Inghilterra andatasi esaurendo già nella prima metà della scorsa stagione, il terreno sembra maturo per dei nuovi underdogs. C’è l’Everton del figliol prodigo Rooney, dello Schneiderlin voglioso di rivalsa dopo l’oscura parentesi allo United e del giovane prodigio Davi Klaassen, punte di diamante di un mercato livello cinque stelle extralusso; c’è il West Ham che rilancia la centralità di Lanzini e mette sotto contratto Arnautovic e Chicarito Hernández, nell’ennesima rivoluzione del reparto d’attacco; c’è il Brighton & Hove Albion potenziale matricola terribile.

Il processo di “normalizzazione” della scorsa stagione dopo il miracolo del 2016 può essere il miglior alleato del Leicester 2017/18 in chiave salvezza, anche più del tridente Iheanacho-Vardy-Mahrez e del centrocampo rinforzato dall’arrivo di Iborra. Una situazione molto simile a quella del Bournemouth che ha nella solidità di Begovic e nella ritrovata continuità realizzativa di Defoe (30 gol complessivi nelle ultime due stagioni con il Sunderland) le principali frecce al proprio arco. Più complesso il discorso che riguarda il Newcastle: con i bookmakers che lo vogliono come primo allenatore esonerato della prossima Premier, Rafa Benítez dovrà puntare sulla capacità della rosa a disposizione (non certo di primo livello) di riprodurre i suoi principi di gioco. Tra i giocatori, occhio alla voglia di conferma di Benteke nel Crystal Palace (15 gol in 36 presenze nel 2016/17), a un Gabbiadini con sei mesi di Premier in più sulle spalle (e con una Nazionale da riconquistare in vista del Mondiale) e a un Sadio Mané che sta diventando sempre più centrale nello sviluppo dei set offensivi sempre più verticali e immediati di Jurgen Klopp.