L’unione di Berizzo

Dall'Argentina alla Spagna, la carriera del tecnico del Siviglia è una testimonianza della capacità di creare un legame emotivo ovunque sia andato.

Limitarsi agli strumenti della razionalità tecnico-tattica può non essere esaustivo per spiegare come nasce una rimonta. Il recupero dello svantaggio è uno degli espedienti narrativi più utilizzati nella rappresentazione dello sport e, probabilmente, è quanto di più esaltante, o drammatico, possa avvenire su un campo di calcio. In cinque giorni il Siviglia di Eduardo Berizzo ha ribaltato due partite che sembravano perse: da 0-3 a 3-3 in casa con il Liverpool; da 2-0 a 2-3 in trasferta con il Villarreal. Associare la reazione della squadra al complicato momento personale che sta vivendo il suo allenatore è stato inevitabile. Ma non è stato lui a volerlo: «All’intervallo non mi sono appellato a una situazione delicata come questa. Ho abbastanza tatto e altri argomenti: non mi piace stare al centro dell’attenzione», ha spiegato al termine della gara contro il Liverpool al Ramón Sanchez Pizjuán. I calciatori già sapevano da qualche giorno del suo cancro alla prostata, lo ha rivelato il presidente José Castro: «La squadra è stata informata dopo la partita contro il Celta del 18 novembre».

La rimonta contro il Villarreal, la seconda del Siviglia in cinque giorni

La carriera da allenatore di Toto Berizzo è però una continua testimonianza della sua capacità di stabilire un legame innanzitutto emotivo con l’ambiente in cui si trova a operare. È accaduto in Cile con l’O’Higgins, a Vigo nei tre anni in cui ha guidato il Celta e sta succedendo ora a Siviglia. Era arrivato a Rancagua, capitale della Sesta Regione cilena, a novembre del 2011 per allenare la squadra locale, che prende il nome da quello del generale Bernardo O’Higgins, Padre della patria e primo capo di stato. Un piccolo club risalito nella massima divisione cinque anni prima e che il 10 dicembre 2013 Berizzo ha condotto alla conquista del suo primo e unico campionato. Lo ha fatto in uno spareggio a partita secca all’Estadio Nacional di Santiago contro l’Universidad Catolica (1-0, con gol di Pablo Hernandez), dopo un’intera stagione giocata in trasferta: lo stadio El Teniente era infatti tra gli impianti in ristrutturazione in vista della Copa América del 2015. Ma soprattutto un anno e mezzo dopo la cocente delusione del titolo perso in finale ai calci di rigore contro l’Universidad de Chile di Jorge Sampaoli. La carica di Berizzo e del suo staff travolge un umile gruppo di giocatori e li coinvolge fino a raggiungere un successo insperato. Basti pensare che prima di lui, in due anni, si erano avvicendati sei diversi allenatori sulla panchina dell’O’Higgins, Sampaoli incluso. Ci riesce con un calcio offensivo che conquista tutti, con discorsi prepartita motivazionali che trasmettono la carica, come prima dello spareggio vinto quando pronuncia la frase che ora è parte di un murales all’esterno dell’estadio El Teniente: «C’è un giorno in cui il sognatore e il sogno si incontrano. E questo giorno è oggi». Può suonare un po’ retorico ma accanto alla scritta, sul muro dipinto di celeste (il colore della squadra), campeggia l’immagine di Berizzo con l’Huemul de Plata, il trofeo che viene assegnato ai campioni di Cile, come a voler restituire concretezza al tutto.

L’esperienza cilena consente a Berizzo di archiviare i quattro mesi all’Estudiantes, conclusisi con le sue dimissioni nel maggio 2011, e di meritarsi la chiamata del Celta Vigo, squadra in cui si era già fatto apprezzare da calciatore tra il 2000 e il 2005. Il gioco che ha dato all’O’Higgins viene giudicato in linea con le ottime cose fatte vedere a Balaidos da un tecnico come Luis Enrique, che ha lasciato la Galizia per andare a Barcellona. La base di partenza è il 4-3-3, in cui spicca il ruolo di metronomo di Pablo Hernandez, che porta immediatamente con sé in Spagna. Il triangolo di centrocampo può prevedere un vertice alto (e dunque due mediani davanti alla difesa) o un vertice basso con due mezzali. Ai centrocampisti chiede continuo movimento per creare gioco, e togliere riferimenti agli avversari, e sostenere l’azione degli esterni bassi e alti per creare dei triangoli. Pressing alto e marcature a uomo per il campo. Attitudini quest’ultime che smusserà un po’ con il suo ritorno a Vigo. Da molti Berizzo è considerato un allenatore “bielsista” e non potrebbe essere altrimenti dopo aver avuto Bielsa al Newell’s Old Boys prima e all’Atlas in Messico dopo. Ma soprattutto è collaboratore del Loco ai tempi della nazionale cilena dal 2007 al 2010. Al Celta sa adattarsi maggiormente alle caratteristiche dei giocatori, cercando meno il gioco verticale e i ritmi alti a favore di un maggior possesso e di un pressing più ragionato e non a tutto campo. Non è un integralista, cerca un interscambio continuo con i giocatori con l’obiettivo di fornire loro l’autonomia di prendere le decisioni migliori in ogni momento.

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Entrare in simbiosi con un ambiente già noto è più semplice per lui che ha giocato nell’”Eurocelta” con Karpin, Mostovoj, Luccin, Gustavo Lopez, Edu e Catanha. Una squadra che nel 2003 ottiene il miglior piazzamento di sempre, un quarto posto che vale la partecipazione alla Champions nella stagione successiva. Annata che poi si concluderà con la retrocessione. Berizzo da calciatore a Vigo vive l’esaltazione e l’inizio della fine della sua carriera: l’ultimo anno, in Segunda División, gioca 11 partite ma è un allenatore in seconda in pectore, facendo le veci di Fernando Vázquez da bordo campo tutte le volte (parecchie) in cui viene allontanato dal campo dall’arbitro. La sua carriera da tecnico, ha spiegato, nasce quando era ancora giocatore, un difensore forte di testa e negli anticipi: «Ero lento nei movimenti, mi affidavo molto alla lettura del gioco: dovevo comprendere gli sviluppi dell’azione con anticipo, così studiavo i movimenti degli attaccanti. Mi ha sempre interessato cosa accade in un incontro e per quale ragione accada, immaginavo le partite prima di giocarle e trasmettevo ordini alla squadra». Con modestia parla dei suoi difetti da calciatore nonostante sia stato uno dei difensori più amati della storia dell’Atlas. A tal punto che la dirigenza del club di Guadalajara ha seriamente pensato di ritirare il numero 2 che ha indossato dal 1993 al 1996: lo avrebbero fatto se fosse tornato lì a chiudere la carriera. Schivo e descritto da molti come un leader silenzioso, dal maestro Bielsa ha mutuato l’abitudine a non concedere interviste: rilascia dichiarazioni in conferenza stampa o ai canali ufficiali del club. Con i giocatori invece parla molto e soprattutto ascolta.

Il Toto, soprannome che deriva dal nomignolo affettuoso con cui sua madre lo chiamava da bambino, ha uno staff composto da persone di fiducia. O addirittura da amici come nel caso del suo secondo, quell’Ernesto Marcucci che lo sta sostituendo sulla panchina del Siviglia. Entrambi provengono da Cruz Alta, 125 km da Rosario, e quando Berizzo giocava al Newell’s condividevano lo stesso appartamento. Marcucci in quel periodo giocava nel più modesto Renato Cesarini, ma non arriverà a essere professionista, malgrado un passaggio nelle giovanili del River, e allora prosegue gli studi e diventa avvocato. Abbandona la carriera forense quando l’amico gli chiede di collaborare come match analyst per la nazionale del Cile. Lui accetta e scrive report anche di 12 partite del campionato cileno in una settimana. Quando Berizzo si mette in proprio diventa membro fisso del suo staff insieme con “El profe” Pablo Fernandez, preparatore atletico considerato uno dei principali protagonisti della cavalcata dell’O’Higgins anche per le sue doti di psicologo, con il preparatore dei portieri Carlos Kisluk e con Roberto Bonano, aiutante tecnico specializzato nelle situazioni a palla inattiva. Quest’ultimo, assieme a Marcucci, prepara la cosiddetta “canchita”, una serie di grafici che comprendono tutti i sistemi di gioco e tutti i calciatori di ogni squadra della Liga. Tutte informazioni che vengono utilizzate nei quindici minuti di video che settimanalmente vengono mostrati alla squadra nella riunione tecnica prepartita.

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I tre anni da allenatore del Celta consacrano Berizzo. Il tecnico argentino imprime il proprio marchio sulla squadra schierando contemporaneamente molti elementi con attitudini offensive: Augusto Fernandez e Krohn-Dehli in mediana, con Santi Mina, Orellana e Nolito alle spalle di Charles o Larrivey nel primo anno; il perfetto inserimento di una mezzala tecnica e di passo come Wass in un sistema in cui si aggiungono anche Iago Aspas nel secondo anno e Sisto nel terzo e ultimo. Regala nottate indimenticabili, come la vittoria al Camp Nou (1-0 firmato Larrivey), così come i due successi casalinghi sul Barcellona (4-1 e 4-3) o il successo al Bernabeu della passata stagione in Coppa del Re. Impossibile non citare la semifinale di Europa League con il Manchester United, con l’occasione capitata a Guidetti nel finale a Old Trafford che avrebbe potuto mandare i galiziani a giocarsi la coppa con l’Ajax a Stoccolma.

Al Siviglia ha ritrovato Nolito e Krohn-Dehli, può contare sulla sostanza di Guido Pizarro e N’Zonzi in mediana e sulla classe di Banega e Vázquez tra le linee. Ma soprattuto stanno risaltando le prestazioni di un esterno offensivo come Sarabia, mai a così alti livelli durante la sua carriera, esaltato dall’idea di calcio di Berizzo. Ritmi alti e meccanismi che vanno perfezionandosi con il passare delle settimane, e la squadra inizia ad assorbire l’identità e il carattere del tecnico nonostante un paio di imbarcate (il 5-1 a Mosca in Champions e i 4 gol rimediati dal Valencia al Mestalla). Anche in Andalusia sarà decisivo l’apporto e l’interpretazione del ruolo dei tre di centrocampo, la capacità che avranno di alternare i ritmi alti a momenti di possesso palla con ricerca dell’ampiezza, l’abilità nello sfruttare la libertà di movimento che è tanto cara al loro allenatore. «Le squadre che mi piacciono sono quelle con caratteristiche ben precise, quelle in cui si vedono e comprendono i meccanismi e i movimenti. Buone individualità sì, ma senza trascurare l’aspetto collettivo. Questo però ha a che fare con la continuità che un tecnico riesce ad avere in un club», ha raccontato qualche anno fa. Con un triennio a disposizione, Berizzo ha saputo incidere profondamente sullo stile di gioco delle sue squadre. Intanto il passaggio del turno in coppa è molto vicino e in campionato Real e Atlético, rispettivamente terza e quarta, distano solo due punti. Berizzo tornerà presto.