Grandezza e decadenza della Süper Lig turca

Da anni la massima serie turca investe attraendo grandi nomi, ma quanto potrebbe costarle questo desiderio di grandezza?

Süper Lig ed economia

Il calcio turco è uno dei movimenti più strettamente legati alle sensazioni e alle oscillazioni dell’economia nazionale. È un concetto semplice e per certi versi un’affermazione scontata, ma l’esplosione del campionato turco è avvenuta proprio nel momento della storia in cui il Paese si affermava come la diciottesima economia al mondo, la sesta in Europa. Grandi investimenti finanziari e sviluppo del calcio turco, una sinergia che tra fine anni ’90 e inizio dei 2000 ha visto il Galatasaray di Fatih Terim vincere la Coppa Uefa contro l’Arsenal. Lentamente sono fioriti gli investimenti, prima a scopo quasi completamente commerciale e poi via via più intensi e mirati. Negli ultimi tre anni le spese per il mercato in entrata hanno superato i 300 milioni di euro, con la Lega e i club impegnati alla costruzione di un brand globale sempre più solido.

Nel solo mercato estivo sono arrivati in Turchia, tra gli altri, Medel, Negredo, Lens, Elia, Clichy, Giuliano dallo Zenit, Soldado e l’ex Monaco Dirar, Vincent Janssen e Valbuena. Il solo Galatasaray, nel tentativo di ritrovare la propria dimensione da grande, ha importato nell’ultima sessione Belhanda, Maicon dal San Paolo, Fernando dal City, l’estro di Feghouli, l’esterno Mariano dal Siviglia e le esultanze della pantera Gomis. Negli ultimi giorni Arda Turan è tornato a casa, si è legato al Başakşehir realizzando al debutto la sua prima rete in maglia arancio-blu. La crescita della Süper Lig l’ha portata a stabilirsi immediatamente alle spalle dei top 5 campionati europei in termini di fatturato. Come riporta Calcio e Finanza, dal 2000 – anno del boom economico e sportivo del Paese – al 2015, il volume d’affari del campionato è passato dai 150 ai 700 milioni, e oggi si assesta introno ai 580 con una crescita del 366%.

Galatasaray's Bafetimbi Gomis reacts during the Turkish Super Lig football match between Besiktas and Galatasaray on December 2, 2017 at Vodafone Park Stadium in Istanbul. / AFP PHOTO / OZAN KOSE (Photo credit should read OZAN KOSE/AFP/Getty Images)

Equilibri interni

Se è vero che già da qualche anno l’affermazione della lega come un campionato dal grande potenziale ha attratto nomi importanti, affascinati anche da cifre alle volte fuori mercato, si sta affermando un blocco di potere in cui il Besiktas si è eretto a protagonista assoluto. Dopo la vittoria del sedicesimo titolo durante la scorsa stagione, il club ha lavorato per ripetersi ed essere protagonista nella doppia sfida di bissare la vittoria dell’ultimo torneo e essere, al contempo protagonista in Champions. Alle loro spalle il Fenerbahce sta lavorando per riprendersi il ruolo da protagonista e riportare a Istanbul, sponda canarini gialli, il titolo che manca dal 2013/14. Dopo aver perso Kjaer, Emenike, van der Wiel, Stoch e aver lasciato tornare in Olanda sponda Feyenoord il talento di Robin van Persie, il club si è rinforzato puntando su giocatori di primissima fascia: Giuliano Soldado, Valbuena e Janssen sono giocatori che ancora farebbero al caso di numerose altre società europee. In un telaio così importante sono stati inseriti uomini funzionali come l’ex Udinese, Juve e Cagliari Mauricio Isla, il portiere camerunense Carlos Kameni e il centrale brasiliano ex Siena e Zenit Luís Neto.

Il Galatasaray è nell’immaginario comune la massima espressione della grandezza del campionato turco di un tempo. Conosciuta un’epoca di relativa decadenza, il Gala ha lasciato andare Wesley Sneijder, Bruma e Lukas Podolski – 35 reti combinate nella scorsa stagione – per provare a ricostruire attraverso una campagna trasferimenti importante: Belhanda, Maicon, Fernando, Feghouli, Mariano, il prestito dell’eterna promessa Denayer e Gomis. Il totale di spesa sfiora i 40 milioni, ma la stagione è partita subito con la deludente eliminazione nel secondo turno di qualificazione dell’Europa League. La crescita è stata complessiva, globale, di squadra, un miglioramento ampiamente richiesto dal tecnico ex Juve Igor Tudor. Il tecnico croato, ammettendo senza remore di ispirarsi all’impostazione tattica dell’ex compagno bianconero Antonio Conte, ha portato il club alle spalle del Başakşehir. Proprio il club nato nel 2014 dalle ceneri dell’Istanbul Buyuksehir Belediyesi, di proprietà comunale, è riuscito ad attestarsi ai vertici del calcio turco. Qualificazione in Europa League quasi immediata, la Fatih Terim Arena da 15.000 posti a fare da cornice, un secondo posto nella scorsa stagione e l’attuale primato in classifica ne fanno una delle realtà più rilevanti del calcio locale. Adebayor, Clichy, Elia e Inler sono alcuni dei nomi conosciuti in Europa, che stanno contribuendo alle ottime prestazioni del club di Istanbul. Al momento, tra la prima e la quarta della classifica corrono solo 6 punti, la riprova di un campionato competitivo in cui ai club di vertice è permessa una lotta serrata con poche pretendenti a insediarne il dominio.

La vittoria roboante del Başakşehir contro il Galatasaray

Il caso Besiktas

Uno dei casi più di rilievo all’interno del calcio turco è certamente quello del Besiktas. Soltanto cinque anni fa la squadra era sul punto di fallire, pronta a lasciare le big three del torneo: 250 milioni di debiti, numerose cause legali e una sospensione della Uefa dalle proprie competizioni. Nel 2012 arriva a salvare le Kara Kartallar (aquile nere) Fikret Orman, uomo d’affari ed ex amministratore delegato della realtà turca che in cinque anni riscrive la storia del club. Un nuovo stadio, la Vodafone Arena, che rappresenta uno dei modelli più innovativi e moderni di stadio calcistico, la vittoria delle ultime due Süper Lig e un progetto ambizioso che vuole portare il club di Istanbul all’espansione verso un vero e proprio global brand. Pur già con una fan base da 30 milioni di tifosi, il Besiktas ha fatto la storia diventando il primo club turco a giocare un match in Cina. L’intenzione è diventare un brand internazionale e riconoscibile, alzare il livello del club per portarlo all’obiettivo dei 100 milioni di tifosi, globalizzando di fatto il club: proprio in questo senso sono in cantiere ulteriori tournée in Malesia e Indonesia. A dare una mano a Orman e soci è arrivato l’accordo con BeIN Sports per l’acquisizione dei diritti delle gare, prima gestite da Digiturk. Uno dei grandi problemi della Lega in fatto di sviluppo è stato rappresentato in passato dalla scarsa copertura del torneo. Mentre la Premier League è visibile in oltre 212 Paesi, l’unico modo per seguire il campionato turco è sempre stato attraverso un macchinoso processo legato all’acquisto di un Digiturk box. Oggi il Besiktas guarda fuori dal proprio recinto, e dimenticati i guai finanziari ha dato vita a un progetto a lungo termine. Intanto si è assestato come unico club turco tra i top 50 brand calcistici individuati da Brand Finance, investendo sempre più prepotentemente su nomi dal richiamo internazionale. Medel, Álvaro Negredo, Jeremain Lens, Pepe e Domagoj Vida sono solo gli ultimi nomi di una rosa che vedeva già la presenza di atleti del livello di Quaresma, Anderson Talisca e l’ex Liverpool Ryan Babel. Con il primo posto nel girone di Champions e i prossimi ottavi da disputare contro il Bayern Monaco, è sempre più attuale il piano di espansione e riconoscibilità del marchio Besiktas.

Besiktas' Turkish forward Cenk Tosun (down) celebrates with his teammate Dutch midfielder Ryan Babel after scoring a goal during the Turkish Super Lig football match between Besiktas and Galatasaray on December 2, 2017 at Vodafone Park Stadium in Istanbul. / AFP PHOTO / OZAN KOSE (Photo credit should read OZAN KOSE/AFP/Getty Images)

Grandeur et decadence della Süper Lig

L’accordo economico relativo ai diritti televisivi che Bein Sports ha sottoscritto, ha portato un grande indotto nelle casse dei club turchi. In contemporanea, come riporta Bruno Bottaro su MondoFutbol, i club hanno preso a realizzare impianti all’avanguardia, vanto per la Turchia a livello europeo. Se è ancora evidente la frattura tra le quattro di testa e il resto della lega, realtà come Antalyaspor (che ha inserito in rosa l’ex Milan Ménez oltre al talento di Nasri) o Alanyaspor (nuova casa di Vágner Love) stanno provando a colmare il gap. Quella che un tempo era percepita come un buen ritiro per “ex giocatori”, un lussuosissimo cimitero per elefanti, sta diventando una liga di leggende alla ricerca di un remunerativo torneo che al contempo conservi una certa competitività. Con la scelta di inserire la Passiolig – una misura molto simile alla tessera del tifoso ma obbligatoria in ogni impianto, e che prevede la cessione dei dati personali dei sottoscrittori –, e il ricordo ancora vivo della vicenda calcioscommesse del 2011, la media spettatori negli ultimi 4 anni è calata. Nel 2016/17 l’attendance media si assestava intorno alle 9.000 unità. Ma è ora che è arrivato il momento di capire cosa aspettarci dalla lega turca nel futuro. Con la Digiturk che si è accaparrata i diritti del campionato, per diventare il nuovo broadcast provider della Süper Lig, l’agenzia telefonica ha speso 590 milioni di dollari. Una cifra, quella spesa per i diritti del campionato turco, che la pone al sesto posto tra le più alte d’Europa.

Mentre l’economia del Paese ha subito un declassamento dalle agenzie di rating a BB+/BBB, un altro grande macigno a pesare sulle spalle dei club turchi è rappresentato dai pagamenti. Il Galatasaray ha accumulato perdite per 165 milioni in tre anni, violando le regole del Fair Play Finanziario e venendo tenuto fuori dalle competizioni europee per due stagioni. Come riporta ancora Calcio e Finanza, con la moneta turca che nel 2017 ha raggiunto minimi storici, non è solo il Galatasaray ad avere debiti ben superiori alla liquidità di cassa (si parla per quanto riguarda i leoni di un debito che supera di 14 volte le entrate), anche il Trabzonspor e il Besiktas presentano perdite importanti. Per questo i prossimi anni sapranno dirci cosa veramente aspettarci dalla Süper Lig, in un continuo alternarsi tra desideri di grandezza e spettri di decadenza.