I Golden State Warriors si sono autogestiti per una partita

Nel corso della gara contro Phoenix, vinta di 46 punti, Durant e compagni hanno gestito in autonomia i timeout.

La stagione dei Golden State Warriors sta procedendo secondo le premesse, e nonostante un ritmo rallentato rispetto al triennio alle spalle (la percentuale di vittorie è scesa da una media di 84% a una attuale pari al 77%) sono stabilmente in testa alla Western Conference. L’ultima gara, disputata all’Oracle Arena contro Phoenix, è stata contrassegnata da un episodio che ha fatto discutere: Steve Kerr ha infatti consentito ai giocatori di gestire autonomamente i timeout nel corso dei quarantotto minuti.

In questo video pubblicato da ESPN è raffigurato il momento in cui il coach dà in consegna a Iguodala la lavagnetta con alcune indicazioni sommarie; la guardia va a sua volta verso la panchina e dà inizio alla sessione di autogestione degli Warriors. Interrogato dai media nel post-partita, Kerr ha motivato così la sua decisione: «Penso che cose come questa siano tra le prime cui un allenatore debba pensare: non è la mia squadra, né la squadra di Bob Myers né quella di Joe Lacob – ma questo non glielo dirò (ride, ndr). È la squadra dei giocatori, la loro squadra, e mi sembrava la cosa giusta da fare. Comunicano molto bene insieme e oltretutto hanno creato delle belle azioni». Kerr ha poi spiegato che nella pratica la decisione è derivata da una sua sensazione: «In quest’ultimo mese non sono riuscito a raggiungere i miei giocatori», ha detto. «Sono stanchi della mia voce, e anch’io lo sono. Avevano bisogno di qualcosa di diverso».

Dall’altro lato è arrivata prontamente la reazione dei Suns, che hanno interpretato l’esperimento degli avversari come una mancanza di rispetto. Jared Dudley ad esempio è stato molto amaro: «Quanto accaduto stasera mostra una mancanza di rispetto, e forse fino a ora non lo abbiamo meritato. Quando continui a perdere di quaranta punti è naturale: le squadre non ti rispetteranno». Il riferimento di Dudley era alla sconfitta di due gare prima contro gli Spurs, che anche in quel caso fu ampia. L’ha presa con filosofia, per così dire, il coach dei Suns Jay Triano, che ha affermato di non essersi infastidito per la decisione di Kerr.

Un episodio simile avvenne nel 2012 e vide protagonista un Kobe Bryant ancora in gran forma. In quel caso fu Mike Brown a delegarlo in veste di head coach, ma più che di autogestione collettiva per quel caso è più corretto parlare di imposizione di una leadership carismatica. Come sostenne Flavio Tranquillo a margine di quella gara (in cui i Lakers la spuntarono all’overtime contro Dallas per 112-108), «se tutti gli assistenti di Mike Brown sono autorizzati a fornire indicazioni ai giocatori, perché non deve esserlo uno che percepisce il gioco in una dimensione che né Brown, né Popovich né Messina sono in grado di percepire?».