Cinque cose su Chelsea-Barcellona

I Blues stavano giocando la partita perfetta, quando un errore in difesa ha permesso a Messi di pareggiare, rendendo molto difficile il match di ritorno.

Un Chelsea (quasi) perfetto

Il risultato finale indubbiamente premia il Barcellona: l’1-1 a Stamford Bridge consente alla squadra di Valverde due risultati su tre, in caso di porta inviolata. Di fatto, i catalani hanno capitalizzato l’unico errore del Chelsea: un pallone sbagliato in uscita da Christensen in prossimità della propria area di rigore, che ha consentito a Messi di avere lo spazio per firmare il gol del pareggio. È stata l’unica occasione di peso degli ospiti, mentre gli inglesi hanno avuto almeno tre palle gol prima del vantaggio provvisorio firmato da Willian. La squadra di Conte ha giocato una partita tatticamente perfetta: certo prudente, evidenziata in particolare dall’aver tenuto bloccati i due esterni di centrocampo Moses e Alonso. In questo modo, però, il Chelsea non ha praticamente corso rischi, e con due linee molto vicine ha reso inefficaci Messi e Suárez, puntualmente accerchiati dai giocatori avversari. La scelta di Hazard terminale offensivo, poi, ha significato il rinunciare a entrare in area di rigore avversaria (dove Piqué e Umtiti avrebbero avuto vita facile), ma ha consentito quasi sempre una rapida risalita del campo, grazie alla mobilità e alla tecnica del belga. I Blues sono riusciti ad andare al tiro da ottima posizione più volte, con Willian che ha colpito per due volte il palo nel primo tempo, prima di sbloccare il punteggio nella ripresa.

Il gol di Willian

Il possesso non è tutto

La statistica del possesso palla pende decisamente a favore del Barcellona: 68 per cento contro 32 per cento. Ma è stato un predominio inefficace: contro un Chelsea difesosi con ordine, che ha rinunciato a pressare molto alto ma che ha reso impossibile una manovra pulita dalla trequarti in su, il Barça si è piegato a un giro palla quasi esclusivamente orizzontale. La percentuale di passaggi riuscita, che si attesta intorno al 92 per cento, dimostra come i catalani abbiano quasi sempre scelto la soluzione più facile, essendo impossibile trovare linee di passaggio più ardite. Decisamente indicativo, in questo senso, l’impatto pressoché nullo di Paulinho nel match: il brasiliano, che ha convinto Valverde ad abbandonare il tridente per la sua propensione a giocare tra le linee e quindi a trovare lo spazio libero per mandare in tilt le difese, non ha mai trovato la posizione per poter incidere. Dopo un’ora di gara, Valverde lo ha richiamato in panchina per inserire Aleix Vidal, così da cercare con l’ampiezza di allargare la difesa del Chelsea.

Le linee strette del Chelsea con il Barça in possesso palla. Hazard è l’unico a pressare sui difensori, mentre tutti gli altri giocatori (Marcos Alonso in questa inquadratura non c’è, in realtà è largo sulla fascia sinistra) sono dietro la linea del pallone. Il Barcellona passa il pallone in orizzontale e non riesce a guadagnare metri. Evidenziata anche la posizione di Kanté, che scherma la possibile linea di passaggio per Messi.

La partita di Kanté

Se Messi è stato inoffensivo per 75 minuti, grande merito va a Kanté. È stato il francese a prendere in consegna l’argentino, anche se non è stata una vera e propria marcatura ad hoc. L’ex Leicester, come da abitudine, ha prevenuto con il movimento, la corsa (quasi 12 chilometri percorsi) la pericolosità di Messi, cercando di sbarrare le linee di passaggio che conducevano alla Pulce. Una prestazione di grande sostanza che è stata indubbiamente determinante nello scoraggiare i tentativi offensivi del Barça.

La legge di Messi

Ma poi, come una sentenza, è arrivato il gol del numero dieci del Barça. Il Chelsea era la bestia nera dell’argentino: negli otto precedenti incontri, Messi non era mai riuscito a segnare ai Blues (su ben 29 tentativi). Ci è riuscito forse nella partita più complicata, quella in cui ha certamente sofferto di più nel far prevalere le sue qualità: un gol solo all’apparenza banale, perché Messi è stato bravo non solo a colpire al meglio il pallone servito da Iniesta, ma anche nell’indirizzarlo alla destra di Courtois, cogliendo così il portiere belga in controtempo.

Cosa accadrà al Camp Nou

A questo punto i pronostici pendono dalla parte del Barcellona. Il Chelsea dovrà riproporre la stessa compattezza difensiva mostrata in casa, ma dovrà necessariamente pensare a far gol. «Andare al Camp Nou e difendersi per 90 minuti sarebbe un suicidio», ha detto Fàbregas. Tanto lo spagnolo quanto Conte, però, hanno detto di credere nella qualificazione: «Possiamo fare qualcosa di incredibile al Camp Nou», ha detto il tecnico italiano, «se lavoriamo duramente difensivamente, ma allo stesso tempo pensando che, se vinciamo i contrasti, possiamo creare le opportunità per segnare». A conti fatti, il Chelsea dovrebbe ripetere la stessa partita dell’andata: l’unico cambio a cui Conte potrebbe pensare è l’inserimento di Morata, in campo solo per sette minuti a Stamford Bridge. Schierarlo titolare sarebbe un segnale chiaro: cercare di far gol immediatamente, facendolo giocare vicino ad Hazard (che tornerebbe nella sua posizione più congeniale, pur non essendo un giocatore granché disposto a dare una mano in copertura), ma rinunciando a Willian (più che a Pedro, troppo prezioso per il suo lavoro di ripiegamento), uno dei più positivi nella gara di Londra.