Il derby della maturità

Cosa ha detto il campionato di Milan e Inter finora, e cosa dovremmo aspettarci dalla stracittadina di domenica.

Domenica 4 marzo, ore 20.45. Va in scena il terzo derby di Milano della stagione calcistica. Una partita che vale un pezzo importante dell’annata di Milan e Inter, al di là del prestigio cittadino. Ci sono in palio tre punti importanti per la corsa alla Champions League, la squadra di Gattuso è reduce da un ciclo fantastico mentre Spalletti vive un periodo interlocutorio, si può dire anche negativo – soprattutto per la qualità delle prestazioni. Partiamo da qui per la preview di una serata carica di significati, e che potrebbe rappresentare un checkpoint importante per il campionato.

Il Milan di Gattuso, oltre la retorica

Al termine di Roma-Milan, Gennaro Gattuso ha utilizzato delle parole significative per raccontare il momento dei rossoneri: «La soddisfazione più grande sta nel cambiamento di mentalità da parte dei ragazzi. Oggi siamo una squadra compatta». È una frase azzeccata, è una descrizione tattica ed emotiva: il Milan vive il miglior momento della sua stagione (13 partite senza sconfitte in tutte le competizioni, cinque vittorie in fila tra campionato ed Europa League più il pass per la finale di Coppa Italia) grazie a una doppia percezione di miglioramento, tra la nuova solidità del gioco e una coesione che sembra finalmente raggiunta.

Per quanto riguarda il lavoro sul campo, la transizione da Montella a Gattuso è stata fondata sulla stabilizzazione delle scelte di formazione. A differenza del suo predecessore (Montella non ha mai confermato lo stesso undici di partenza in due partite consecutive di campionato, al netto dei tanti moduli sperimentati), l’ex tecnico del Pisa ha individuato un blocco di giocatori di riferimento su cui costruire il suo Milan. Dall’inizio del 2018 – su un campione di sette partite in Serie A – Gattuso ha alternato 16 elementi nella formazione titolare, con i cinque calciatori “di riserva” che hanno collezionato appena sei apparizioni dal primo minuto (due per Abate, una per Montolivo, Antonelli, Kalinić e André Silva). Addirittura sei uomini di movimento hanno sempre giocato dall’inizio (Bonucci, Romagnoli, Biglia, Kessié, Suso e Çalhanoğlu). In questo modo il Milan ha vissuto un processo di linearizzazione tattica, ha potuto metabolizzare un modello chiaro, basato su principi fissi e riconoscibili.

Il 4-3-3 è il modulo di riferimento, perché permette di esaltare le caratteristiche degli uomini più creativi dell’organico – Suso e Çalhanoğlu. I due esterni offensivi, schierati a piede invertito, rappresentano l’opzione primaria per la costruzione della manovra d’attacco, non a caso sono i due calciatori del Milan con il maggior numero di occasioni create in campionato (56 per lo spagnolo, con 4 assist decisivi, e 43 per il turco). Il gioco si sviluppa in modo da favorire il loro isolamento, affinché abbiano la libertà di scegliere la soluzione migliore, di tentare la conclusione o servire il pallone a centro area, alla ricerca della prima punta o dell’inserimento delle due mezzali – che, a loro volta, attaccano sempre la difesa avversaria per aumentare la densità in zona avanzata. A sinistra, la catena Çalhanoğlu-Bonaventura-Rodríguez garantisce maggiore qualità nelle interazioni, mentre a destra Suso viene attivato attraverso meccanismi più semplici, un’apertura dal lato opposto o tramite il lavoro coordinato con Calabria.

Nel gol di Cutrone alla Roma c’è tutto il Milan di Gattuso: Rodríguez trova Kessié in posizione molto avanzata, lo sviluppo del suo lancio è l’isolamento a destra di Suso. Lo spagnolo, servito da Cutrone, rientra sul suo piede forte e poi trova l’imbucata a centro area. Nel frattempo, Calabria si è già sovrapposto alle sue spalle mentre Bonaventura attacca l’area in verticale, partendo dalla posizione di interno sinistro.

La fase passiva vive sul principio del doppio adattamento, rispetto alle caratteristiche dei calciatori a disposizione e a quelle degli avversari. La presenza di elementi non velocissimi come Biglia e Bonucci ha sconsigliato a Gattuso l’utilizzo sistematico di un pressing aggressivo, allora la difesa posizionale si basa sulla copertura delle tracce di passaggio e sulla costruzione di due linee molto compatte, secondo lo schema 4-4-2 (con una delle due mezzali che si affianca alla prima punta) o il classico 4-5-1. Come detto sopra, però, il Milan riesce a modellare sé stesso in base al contesto: contro la Roma, la squadra rossonera ha tenuto un baricentro di 43 metri sul terreno di gioco, in modo da non creare uno spazio troppo ampio dietro la linea difensiva; contro la Sampdoria, invece, Gattuso ha risposto al dispositivo di Giampaolo con un atteggiamento diverso, con reparti più alti in campo (media di 55 metri) e una maggiore intensità nella fase di interdizione. È una variabilità possibile, che ha portato a grandi risultati: il Milan non subisce gol da 485′ minuti in tutte le competizioni.

Gattuso ha costruito una squadra in grado di esaltare i suoi punti di forza, e di minimizzare le sue debolezze strutturali. La fase di primo possesso, ad esempio, porta Biglia a spostarsi tra due centrali di grande qualità come Bonucci e Romagnoli: in questo modo, la semplicità concettuale della salida lavolpiana rende pulita l’uscita dalla difesa, l’apertura in ampiezza sui terzini o sugli esterni offensivi è più precisa, e allora la manovra diventa più fluida. È un altro punto della semplificazione calcistica imposta da Gattuso, di cui James Horncastle ha parlato su Espnfc: «I primi cliché sull’ex Ringhio lo presentavano come un semplice motivatore, ma la realtà è ben diversa: l’allenatore del Milan ha messo i suoi calciatori nelle condizioni migliori, ha trasformato un gruppo di estranei in una squadra, non solo dal punto di vista emotivo ma soprattutto dal punto di vista tattico». È la vittoria del talento e del lavoro su una narrativa preconfezionata, il Milan partirà da favorito nel derby e il merito principale di Gattuso va oltre la retorica della grinta, oltre la fiducia e la coesione ritrovate dalla sua squadra. Anzi, questi sentimenti nascono dal gioco, dal campo, da un modello tattico, dalla forza dei calciatori e dei risultati. Non era facile immaginarlo, ma probabilmente è questa la notizia migliore per il Milan del presente, per il Milan del futuro. E per Gattuso, ovviamente.

Un’altra indicazione incoraggiante per il Milan riguarda il rendimento e le potenzialità di Patrick Cutrone

L’Inter e la crisi del ristagno

In un pezzo pubblicato da Undici il 5 settembre, il buon avvio dell’Inter veniva raccontato attraverso un discorso sulle nuove chiavi tattiche rispetto alla precedente era-Pioli: «L’Inter 2016/2017 era verticale, immediata, cercava di allargare il campo in maniera ossessiva. I cross per match toccavano quota 30,7, con il rapporto di un tentativo ogni 14 passaggi corti. La squadra allestita di Spalletti produce invece una manovra più cerebrale, meno rapida ma multiforme, che punta ad azionare i laterali offensivi dopo aver creato situazione di superiorità posizionale. Non a caso, l’Inter 2017/18 è scesa dal primo al nono posto in Serie A per cross provati ogni 90 minuti (20,5), e ha il rapporto di un tentativo ogni 22 passaggi corti».

Aggiornare questo particolare dato statistico porta a scoprire che il vistoso calo dell’Inter (due vittorie e 9 gol segnati nelle ultime 13 partite tra campionato e Coppa Italia) coincide con un passo indietro dal punto di vista della varietà del gioco: i nerazzurri sono di nuovo la prima squadra in Serie A per numero di cross tentati (28.1) e sbagliati (22.1) ogni 90 minuti. Il modello di Spalletti – meccanismi difensivi non aggressivi, ricerca continua della costruzione bassa e sviluppo successivo sugli esterni – non è stato modificato, ma il gioco vive un momento di ristagno creativo. Una situazione determinata dal crollo prestazionale accusato da Perisic e Candreva, ma che va addebitata anche alla mancanza di sbocchi alternativi per la manovra. James Horncastle, su Espnfc, ha spiegato così la crisi offensiva dei nerazzurri: «Icardi è una gloriosa eccezione, poi sembra che all’Inter siano tutti allergici al gol, alla giocata decisiva. È necessario andare oltre al momento di difficoltà dei laterali d’attacco, perché in realtà manca soprattutto il contributo dei centrocampisti». L’articolo, pubblicato a gennaio, è ancora attuale: Vecino, Gagliardini, Borja Valero e Brozović mettono insieme appena 6 gol e 6 assist decisivi in 26 giornate di campionato.

L’ultimo gol segnato dall’Inter con assist di Perisic o Candreva (in questo caso è Candreva, che trova Icardi a centro area): è il 16 dicembre 2017, il giorno di Inter-Udinese 1-3, prima sconfitta stagionale per i nerazzurri.

Luciano Spalletti, nelle ultime settimane, ha provato a invertire la tendenza esplorando in maniera più profonda le possibilità del suo organico. L’inserimento progressivo di Cancelo e Karamoh è un chiaro tentativo di aumentare l’imprevedibilità sulle fasce, il prossimo step potrebbe essere l’utilizzo di Candreva oppure di Rafinha come trequartista alle spalle di Icardi – che rientrerà proprio domenica dopo quattro partite saltate per infortunio. Entrambe le soluzioni consentirebbero all’Inter di modificare lo sviluppo della manovra offensiva: lo spostamento di Candreva permetterebbe di rendere più rapide le giocate nella zona centrale, trasformerebbe l’Inter in una squadra forse più elementare ma puramente verticale, e inoltre potrebbe aumentare numero e pericolosità delle conclusioni dalla distanza; Rafinha, invece, ha una capacità avanzata di read and react, tratta il pallone con grande qualità e si muove sempre in chiave associativa dopo ogni appoggio. L’ex Barcellona non ha ancora il passo per poter incidere in maniera decisa e non è l’uomo abile negli inserimenti che Spalletti ama utilizzare dietro la prima punta, eppure potrebbe diventare un’alternativa interessante – perché assolutamente nuova – per il gioco dell’Inter.

Il derby sarà una partita degli opposti: la condizione tattica e psicologica delle due squadre è antitetica, il Milan ha costruito la sua identità nello stesso periodo in cui l’Inter ha smarrito le sue certezze. Eppure, nella conferenza stampa prima del match contro il Benevento, Spalletti ha spiegato che – al netto delle piccole integrazioni di cui abbiamo parlato – i principi e il sistema di riferimento della sua squadra resteranno sostanzialmente inalterati. Da questo punto di vista è stato abbastanza chiaro: «La forza dell’Inter sta nelle idee su cui stiamo lavorando da mesi». Il tecnico nerazzurro sembra credere in maniera ferma nella qualità del suo modello e del suo organico, l’insistenza sull’identificazione con un certo stile di gioco potrebbe essere la strada per stimolare i calciatori più importanti a ritrovare le misure di inizio stagione. È un’ipotesi, è un tentativo, ed è suggestivo pensare che l’esperienza emotiva di una sfida contro il Milan, contro questo Milan, possa aiutare a individuare in maniera definitiva il valore e i margini di una squadra ancora vittima delle sue contraddizioni.