Quando arriva il momento di Patrik Schick?

I problemi iniziali, lo scarso utilizzo, gli equivoci tattici. Risolvere il rebus Schick non è affatto semplice.

Quando era alla Sampdoria, Patrick Schick aspettò a lungo il suo momento. «A volte mi sono chiesto se sarei dovuto rimanere allo Sparta. Dopo le partite in cui non giocavo, stavo a casa arrabbiato. Chiamavo il mio agente, perché non sapevo cosa fare». Passò qualche settimana. A fine ottobre, la prima da titolare, in casa della Juventus. «Segnai, fu una fortissima emozione. Per un po’ non credevo fosse vero». A quella rete ne seguirono altre dieci (più due in Coppa Italia), e soprattutto un investimento, a fine stagione, stimabile in oltre 40 milioni di euro (in base a una serie di clausole) da parte della Roma, dopo il quasi accordo con la Juventus. Ecco, a Roma il momento di Schick non solo non è ancora arrivato, ma soprattutto non sembra nemmeno molto vicino. L’attesa dello scorso anno ha, probabilmente, fortificato la corazza del ceco: «Le cose non sono andate come immaginavo, ma io dimostrerò che sono da Roma. Tutto dipende da me, da come mi allenerò e farò di tutto per entrare in formazione». Ma questo non addolcisce una stagione, finora, al limite del disastroso: 13 presenze in Serie A, di cui 5 dall’inizio, nessuna in Champions. E zero gol, tranne uno inutile in Coppa Italia.

L’espressione che si legge più spesso, riferita a Patrick Schick, è “corpo estraneo”. Come se il ceco fosse un ingranaggio sbagliato nel sistema della Roma. Lo stesso Di Francesco ha sottolineato come le difficoltà di rendimento saranno inevitabili finché l’ex Sampdoria non riuscirà a essere funzionale nel gioco della squadra: «Va aspettato. Si diventa grandi nel collettivo». I problemi estivi, i continui infortuni, il doversi confrontare con un sistema e una realtà nuovi hanno condizionato pesantemente il rendimento di Schick. «Prima non ho fatto la preparazione, poi ho avuto dei problemi muscolari, dovuti forse alla troppa fretta, avrei dovuto fare le cose più lentamente. Il mio entusiasmo era tanto, ma i muscoli non reggevano», dice lui. Ma poi ci sono state le difficoltà del campo, a cominciare dall’equivoco tattico che si sta portando dietro sin dall’inizio.

Alla Samp il ceco era abituato a giocare da seconda punta in un attacco a due: in giallorosso ha trovato una situazione, il tridente offensivo, in cui ha fatto fatica a inserirsi. Con Dzeko titolare indiscusso al centro, Schick è stato dirottato sulla fascia destra, con risultati piuttosto negativi. Ma non è andata nemmeno meglio quando il ceco ha sostituito il bosniaco in veste di numero nove (con Chievo, Milan e Torino). Lo stesso Di Francesco ha ammesso: «Nel 4-3-3 tende ad allargarsi troppo, e questo non gli permette di attaccare subito la porta. È una tipologia di gioco diversa. Con un uomo vicino ha fatto molto meglio». Ma una possibile convivenza Dzeko-Schick, la terza via forse più congeniale all’ex Samp, è da scartare: «I due insieme non sono un problema», ha ripetuto il tecnico giallorosso per mesi, ma, alla vigilia della gara con l’Atalanta, ha fatto capire che l’esperimento dei due in campo dal primo minuto non si sarebbe più visto: «O gioca uno o gioca l’altro».

In quella partita, che la Roma perse per 2-1, Dzeko è partito titolare, mentre Schick è rimasto in panchina. Salvo entrare a inizio ripresa, ma con una situazione di punteggio – 2-0 per l’Atalanta – che legittimava la maggior pressione offensiva della Roma. Eppure, le difficoltà per Schick sono continuate. Proprio per le caratteristiche di Dzeko, che “ingombra” l’area di rigore, Schick ha giocato molto lontano dalla porta, e infatti non è mai andato al tiro. C’è un momento della partita particolarmente emblematico: è quando si abbassa fino alla linea di centrocampo per ricevere palla, con Trevisani che lo sottolinea in telecronaca: «Schick gioca praticamente da trequartista alle spalle di Dzeko, non vicino Dzeko. Dietro Dzeko». Alla Samp, pur giocando in un attacco a due, Schick poteva contare su un partner offensivo “mobile” come Quagliarella, e non “accentratore” come il bosniaco.

Schick heatmap v Atalanta

La heatmap di Schick contro l’Atalanta: praticamente mai visto in area di rigore

Qualche settimana dopo, nella gara di Marassi contro la Sampdoria, quando Schick è subentrato si è andato a posizionare sulla destra, al posto di Defrel, sempre con Dzeko centrale. Un ingresso, stavolta, positivo, con alcune belle giocate – e con la Roma che allo scadere avrebbe trovato il pareggio. Segnali che hanno fatto felice Di Francesco, che ha trovato così il modo di rispondere a Giampaolo, per cui Schick non poteva giocare sull’esterno: «Schick ha le caratteristiche, così come Defrel, di poter giocare in diversi ruoli. Oggi ha dimostrato di poterlo fare. Quando uno con la testa si crea forza e consapevolezza, riesce a interpretare i ruoli in maniera differente».

È ovvio che Di Francesco insista molto sulla tenuta mentale – e sulla sua fortificazione – del suo giocatore: «Deve avere la forza psicologica per affrontare determinate sfide», e ancora «dobbiamo farlo maturare e crescere soprattutto dal punto di vista mentale e psicologico. È un patrimonio del calcio, ha grandi mezzi». Fino alle ultime, secche, dichiarazioni: «Se non è libero di testa, non può giocare da nessuna parte. E se non è entrato in un contesto generale, fa fatica in tutti i modi. Deve ritrovare la condizione, ha lavorato per questo». Però proprio quando è stato schierato sulla fascia Schick ha giocato le peggiori prove stagionali. Emblematica la prestazione contro il Sassuolo, pochi giorni dopo l’errore a tu per tu con Szczensy nella gara contro la Juventus: zero tiri, zero cross, zero occasioni create. I difensori hanno avuto vita facile nel contenerlo: Schick non è uno che cerca il fondo per il cross, ma sempre il centro dell’area: senza un’intesa con i compagni, però, l’esito è quello di trovarsi schiacciato in mezzo agli avversari, senza possibilità di incidere.

Alcuni highlights della pessima prova di Schick contro il Sassuolo: molle quando riceve palla spalle alla porta e facilmente anticipato da Acerbi; appoggio orizzontale pigro che innesca il contropiede avversario; pasticcio palla al piede senza davvero una precisa idea di cosa fare del possesso

Con una Roma che è ormai abituata ad avere un centravanti come Dzeko – e di conseguenza a giocare sapendo che davanti c’è quel tipo di attaccante – anche la possibilità di sostituire il bosniaco al centro dell’attacco non sembra la miglior soluzione per far deflagrare il talento di Schick. La Roma è, dietro l’Inter, la squadra che in A effettua più traversoni (27 a partita), ma con Schick si troverebbe un attaccante che lo scorso anno ha vinto il 39 per cento di duelli aerei contro il 58 di Dzeko. E che ha segnato un solo gol di testa in Serie A. Rivedendo i gol di Dzeko, si vede come tutti arrivino con l’attaccante che sfrutta la profondità o taglia l’area di rigore; il ceco ha invece un set di movimenti offensivi diverso, pur essendo capace di reti da vero numero nove. Nella gara di Coppa Italia dello scorso anno contro il Cagliari, Schick va in rete in due modi molto diversi: prima scattando alle spalle della difesa avversaria – da numero nove, dicevamo – poi dialogando con i compagni di squadra, dopo essere partito da lontano. Per aiutarlo, possono essere determinanti gli inserimenti di una mezzala che possano portare via qualche avversario, e ancor di più i movimenti verso il centro di Perotti o El Shaarawy, con Schick che in quel caso lascerà loro lo spazio per buttarsi in area.

La doppietta contro il Cagliari

Rispetto a Dzeko, però, è evidente la difficoltà del ceco di giocare spalle alla porta quando pressato: la difesa della palla non è il suo punto di forza – cosa che invece valeva, eccome, per il bosniaco. Spesso si è trovato a perder palla in situazioni di questo tipo, al punto da esserne condizionato nelle scelte. Come si nota qui, da due momenti di gioco contro l’Atalanta. A marcarlo è Masiello, un giocatore molto abile nella circostanza: se nel primo caso l’atalantino accorcia rapidamente, costringendo Schick allo scarico immediato all’indietro, nel secondo caso Masiello è ancora lontano quando il romanista si libera del pallone, ancora una volta all’indietro. Segno di una mancanza di fiducia quando non sfida frontalmente l’avversario.

Lo scarico “sicuro”

C’è stato un momento, nel mercato di gennaio, in cui Dzeko sembrava a un passo dal Chelsea. Forse, dietro quella scelta – dolorosa, magari anche infruttuosa – c’era anche la volontà della società Roma di salvaguardare l’investimento Schick. Il che sottolinea come al ceco si ascrivano caratteristiche più da centravanti che da esterno offensivo. Ma la permanenza di Dzeko, in qualche modo, può tornare utile per Schick: «Imparo tanto da lui: prenderò qualsiasi cosa perché è un attaccante di fama mondiale». Gioco aereo; difesa del pallone; maggior confidenza con la porta (0,9 tiri a partita quest’anno, 1,4 l’anno scorso, lontanissimo da Dzeko che sta sui 4,4). E in generale un’abilità più allenata nel saper leggere le situazioni di gioco. A 22 anni, il percorso di maturazione di Schick dovrà seguire queste tappe.