Il miglior Higuain

È quello che stiamo vedendo in questi primi mesi di 2018, probabilmente. Meno ciclonico, ma più completo.

«Senza guardare percorro un nuovo sentiero, pieno di ispirazione, senza dubbi né paure». Questo post su Instagram di Gonzalo Higuaín sembra essere sintomatico del suo periodo di forma, uno dei migliori della carriera, se non addirittura il migliore. Nonostante le brutte prestazioni contro Spal e Milan, se si guarda ai numeri di questo primo scorcio di 2018 il giocatore più decisivo della Juventus è lui: nelle dodici partite disputate nel nuovo anno ha segnato 10 gol e mandato a referto tre assist consecutivi tra il ritorno degli ottavi di Champions contro il Tottenham e il recupero con l’Atalanta. Una media di un gol/assist ogni 75′, da parametrare alle due settimane di assenza per infortunio e agli errori dal dischetto contro Tottenham e Udinese. Il discorso, tuttavia, trascende il mero dato statistico: l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un giocatore giunto al suo picco di maturazione psico-fisica, perfettamente inserito nei meccanismi della squadra, tanto da ritornare quel formidabile accentratore di gioco ammirato nel 2015/16 a Napoli seppur con presupposti e conseguenze diverse.

Nella passata stagione, al netto del record di gol (32, di cui 24 in campionato) per un giocatore al primo anno in bianconero, la sensazione era talvolta quella di un corpo avulso all’interno del sistema, in grado di fare la differenza solo perché supportato da una tecnica di base e una capacità di lettura delle singole situazioni superiori: del resto, come abbiamo scritto su Undici quando si è trattato di stilare un bilancio del 2016/2017 del Pipita, «le reti contro Napoli, Torino e, soprattutto, Roma rappresentano, contemporaneamente, l’importanza di avere a disposizione un giocatore del genere quando nell’economia di squadra qualcosa non funziona e il rammarico per non riuscire a sfruttarne al massimo le capacità». Quest’anno, invece, la prospettiva si è ribaltata: nonostante un contesto tattico non ancora perfettamente adattato alle sue caratteristiche di base, Higuaín appare perfettamente inquadrato tanto nel 4-2-3-1 quanto nel 4-3-3 “ibrido” che Allegri alterna a seconda delle partite, con i compiti di finalizzazione e rifinitura che variano a seconda delle circostanze, senza però perdere in efficacia.

In particolare, ciò che risalta in questo particolare momento della carriera è la natura marcatamente associativa del suo gioco: al di là dei sei assist e dei 27 passaggi chiave, la capacità di staccarsi dal diretto marcatore, arretrando contestualmente il proprio raggio d’azione, ha consentito alla Juventus (soprattutto nel periodo in cui ha dovuto rinunciare a Dybala) di appoggiarsi al suo numero 9 per risalire il campo sfruttandone l’ampiezza. L’Higuaín di gennaio/febbraio è risultato fondamentale in fase di rifinitura dell’azione (80% di precisione di passaggio complessiva, con una perfetto bilanciamento tra orizzontalità e verticalità dei tocchi), evitando che la trequarti offensiva risultasse sguarnita in assenza di un elemento in grado di cucire il gioco fra i reparti galleggiando tra le linee. Il resto lo ha fatto la sua naturale inclinazione a cercare linee di passaggi semplici e intuitive, talvolta sacrificando la sua incisività negli ultimi venti metri. Un attaccante moderno e a tutto campo, che è riuscito a fondere gli istinti degli esordi con l’attuale rinnovata consapevolezza dei propri mezzi e con Allegri che non ha mancato di sottolineare come il suo centravanti sia «cresciuto molto sul piano della fiducia e sul piano tecnico ha iniziato a fare il regista offensivo, come faceva da giovane».

Una delle poche occasioni create dalla Juventus nel secondo tempo del recupero con l’Atalanta origina dalla capacità di Higuaín di far risalire la squadra e di leggere in anticipo i movimenti dei compagni di reparto, mettendoli nella condizione ideale per battere a rete: qui il passaggio in verticale concede a Douglas Costa una conclusione ad alta percentuale da ottima posizione seppur sul piede teoricamente più debole

Proprio questo suo picco forma, inoltre, gli permette di risultare determinante anche quando si tratta di allungare la squadra, con le sue proverbiali progressioni palla al piede che impediscono alla linea difensiva avversaria di accorciare le distanze con il centrocampo e permettono alla Juventus di respirare anche nelle fasi di maggiore pressione altrui: nella già citata gara d’andata di Coppa Italia contro l’Atalanta a Bergamo, al di là della rete iniziale decisiva ai fini della qualificazione, i suoi continui strappi in ripartenza (ben 11 i dribbling riusciti, in linea con il 64% stagionale di uno contro uno andati a buon fine) hanno fatto in modo che i bianconeri, soprattutto nella ripresa, non si schiacciassero troppo, riuscendo a creare i presupposti per il gol del raddoppio nonostante il furioso pressing a tutto campo della squadra di Gasperini.

Nella semifinale di ritorno di Coppa Italia, Higuaín è stato in grado di tenere occupato l’intera linea difensiva dell’Atalanta praticamente da solo con strappi e accelerazioni di questo tipo

Con il rientro del numero 10, poi, Higuaín ha ulteriormente elevato lo standard delle proprie prestazioni, affinando l’intesa con il compagno di reparto e consentendo ad Allegri di derogare dalla sua convinzione di poter utilizzare la Joya nel 4-3-3 unicamente come centravanti di manovra: al di là dei cinque gol su sei realizzati dalla coppia tra Wembley e la gara dello Stadium contro i bergamaschi, avvicinando la loro posizione la Juventus è riuscita a occupare al meglio gli spazi nell’ultimo terzo di campo, sfruttando quella capacità di dialogare nello stretto resa possibile da un Higuaín cattedratico nel read and react. Del resto, come avevamo già fatto notare in occasione dell’assist nella partita con l’Udinese, «l’argentino è magistrale nel proteggere il pallone in attesa del momento più propizio per servire il compagno – di cui stavolta segue per intero l’inserimento. È un assist meno spettacolare ma altrettanto significativo, perché illustra un aspetto del gioco di Higuaín che non sempre viene celebrato quanto meriterebbe». Anche perché è proprio grazie a tutto questo che la felice coesistenza tra i due punteri adesso prescinde dall’utilizzo del modulo più adatto ad esaltare le caratteristiche dell’uno o dell’altro (4-3-3 per Higuaín che può gestirsi come meglio crede lo spazio da attaccare sia in ampiezza che in profondità, 4-2-3-1 per Dybala molto più a suo agio quando può giostrare fronte pronta alle spalle del primo riferimento offensivo).

Dopo Wembley, Allegri ha deciso di avvicinare la posizione di Higuaín e Dybala indipendentemente dal modulo utilizzato: il risultato è stata un’occupazione più completa ed efficace della metà campo offensiva, come dimostrano le heatmap dei due argentini contro Udinese e Atalanta

Dal punto di vista della finalizzazione, poi, il Pipita sta facendo ancora meglio dei suoi massimi storici: il 60% di shot accuracy è sulla linea del 2015/2016 da record (152 conclusioni totali contro le appena 83 di quest’anno), mentre il conversion rate è addirittura superiore (32.4 contro 25, mentre nel 2016/2017 si era scesi sotto il 20% con 140 conclusioni). Tradotto, l’ Higuaín di oggi tira molto meno ma è molto più efficace quando si tratta di concretizzare le occasioni che gli capitano: l’ideale per una squadra che costruisce i suoi successi sulla gestione e il controllo delle varie fasi della partita.

Il gol con l’Atalanta, all’apparenza banale, è invece rivelatore di quanto Higuaín sia in totale controllo dei suoi mezzi: lo stop a prepararsi la conclusione e il tocco d’interno a incrociare, laddove spesso si sceglie di andare di potenza dritto per dritto, sono sintomatici di un giocatore che sta bene nella testa e nelle gambe

«Credo che sia uno dei migliori centravanti del mondo insieme a Harry Kane. Conosciamo molto bene il suo talento e sappiamo che spesso è molto difficile da fermare. Come Paulo Dybala o Lionel Messi, rappresenta quel tipo di giocatore». Le parole di Pochettino alla vigilia della sfida di Wembley sono la miglior sintesi possibile di ciò che è oggi Higuaín a quasi 31 anni: un attaccante completo e totale, meno ciclonico dei trascorsi partenopei, ma forse ancor più determinante grazie a questa rimodulazione del suo gioco, in cui diminuisce l’irruenza e aumenta l’efficacia e l’impatto non si misura esclusivamente sulla base dei gol segnati ma anche in relazione a come e quanto squadra e compagni migliorino grazie a lui. Contro il Real Madrid servirà soprattutto questo.