Il Barcellona intorno a Messi

Con Valverde e senza Neymar la Pulce è diventato, come mai prima, il fulcro di ogni manovra offensiva del Barça.

Qualche giorno fa, la pagina Facebook della Liga ha pubblicato una breve compilation di gol di Lionel Messi. Un minuto esatto da cui è possibile partire per ricostruire la dimensione tattica di Messi nel Barcellona 2017/18, la sua essenzialità in ogni fase del gioco d’attacco costruito da Valverde. Ci sono alcune azioni simili, probabilmente la più significativa è l’ultima del montaggio, una delle tre reti realizzate da Messi contro l’Espanyol, nel 5-0 dello scorso 9 settembre: Leo si muove e riceve il pallone sulla trequarti, tra le linee avversarie; appoggia di tacco a Suárez, che prova ad abbozzare un altro uno-due; il nuovo scambio non si chiude in maniera perfetta, l’attaccante uruguayo è costretto ad allargare la palla e la propria traiettoria di corsa verso sinistra, perché contrastato in scivolata da un difensore. La successiva lettura situazionale del fuoriclasse argentino è concettualmente sublime, Leo resta in area di rigore ma non punta la porta, è spostato leggermente a nord-ovest rispetto al dischetto del rigore, aspetta il servizio di Jordi Alba – che ha supportato Suárez sulla sinistra. L’appoggio è puntuale, Messi segna di prima, con una conclusione in diagonale.

Il gol contro l’Espanyol

Dentro questi pochi secondi di calcio c’è un progetto lungo quattordici stagioni agonistiche, costantemente aggiornato in base ai parametri di Messi e della struttura eretta intorno a lui. L’ultima versione prevede che l’uomo di Rosario interpreti il gioco da riferimento – iniziale e finale – della fase offensiva: in costruzione, il pallone passa attraverso i suoi piedi e poi viene lavorato in base alle possibilità offerte dalla difesa avversaria, dai movimenti dei compagni; negli attimi conclusivi della manovra, Messi si sposta affinché i giocatori del Barcellona possano sentirlo, trovarlo, passargli il pallone. Non si tratta solo di conquistare e/o attaccare gli spazi, è qualcosa di più: Leo segue l’andamento dell’azione e individua il punto del campo in cui ricevere l’assist migliore per le sue caratteristiche fisiche e tecniche, nel caso del gol contro l’Espanyol un tocco rasoterra dalla sinistra sarebbe stato ideale per battere a rete col suo piede, in situazione dinamica. È andata esattamente in questo modo, perché Jordi Alba è psicologicamente addestrato per cercare Messi, per assecondare il suo gioco; e perché Messi, a sua volta, ha l’intelligenza cinestesica che serve per scegliere posizione e postura giuste, per determinare un’occasione pericolosa. La vastità e l’altissima qualità del repertorio tecnico di tutti gli elementi chiude perfettamente il cerchio del gol. Tutto questo accade più volte nella stessa partita, per tutte le partite, per tutti i calciatori che a turno interagiscono con Messi. È il gioco di Leo, che è il cuore del gioco del Barcellona.

Fin dal suo insediamento sulla panchina del Camp Nou, Ernesto Valverde ha lavorato intorno alla figura di Messi, ha ideato per lui una centralità nuova, ancora più profonda. In questo caso, il termine “centralità” assume un’accezione letterale, di geografia e tattica calcistica: spinto anche dall’addio di Neymar, il tecnico dell’Extramadura ha costruito un Barcellona dallo schema liquido, in cui Messi ha assoluta libertà creativa e di movimento. Il ruolo convenzionale di Leo sarebbe quello di seconda punta sbilanciata verso destra in un ipotetico 4-4-2 lineare, ma in realtà i suoi compagni di squadra orbitano in maniera codificata intorno a lui, è come se facessero rotazione e rivoluzione, reagiscono al suo gioco e modificano la loro posizione. Durante la risalita dalla difesa, Messi tende a occupare i mezzi spazi a ridosso dell’area o la zona tra le linee di difesa e centrocampo degli avversari; in base alla situazione può anche decidere di esplorare la profondità, ma la sua voglia di giocare il pallone lo porta più spesso ad accorciare e legare i reparti, ad organizzare la manovra d’attacco – individuale o di squadra – ragionando da regista offensivo. In questi momenti, la squadra di Valverde è in grado di trasfigurare completamente il suo modulo di base: il 4-4-2 può diventare 3-4-3 asimmetrico, Busquets retrocede sulla linea difensiva, i due terzini si affiancano a Iniesta e Rakitić, l’esterno destro (Paulinho, Dembélé o Coutinho) si associa con Messi, mentre Suárez occupa l’area partendo da sinistra.

La transizione di Sergi Roberto spezza le linee della Real Sociedad, Messi si stacca dai centrali avversari e riceve il pallone in posizione di trequartista. Il Barcellona punta la posta in verticale con le sovrapposizioni interno/esterno tipiche del 3-4-3: i laterali attaccano la propria fascia, la mezzala del lato forte va a rimorchio, e poi c’è Suárez che stringe verso l’area partendo da sinistra

Oltre che nelle pure cifre offensive (35 gol e 16 assist per 3663 minuti in tutte le competizioni, una rete segnata o propiziata ogni 71 minuti), la rivoluzione plastica che Valverde ha costruito intorno a Messi si percepisce nel rendimento creativo del fuoriclasse argentino, nella sua partecipazione complessiva al gioco: il numero dieci del Barcellona è il primo calciatore della Liga per numero di occasioni costruite, tra passaggi chiave (62) e assist vincenti (12), ed è il terzo elemento della rosa azulgrana per numero di passaggi totali in Liga (1497, solo Rakitić e Busquets toccano cifre superiori). In un pezzo sul Guardian, Sid Lowe ha scritto: «Operando in posizione centrale, da rifinitore ed attaccante nello stesso momento, Messi segna e fa segnare. Ma in realtà il suo contributo non può essere quantificato, a meno che “tutto” non sia un nuovo termine numerico».

Le parole di Sid Lowe non descrivono solo una condizione tattica, ma anche storica ed emotiva. La dimensione temporale è legata all’evoluzione dell’atleta-Messi, alle inevitabili trasformazioni di un calciatore in viaggio verso i 31 anni. Forse proprio per questo Valverde ha disegnato una squadra e un ambiente di gioco che permettono a Leo di gestire le sue energie, all’interno di una stessa partita e nell’arco della stagione. Il set di compiti e movimenti predisposti per il nuovo Messi non è troppo distante dal paradigma del Falso Nueve codificato da Guardiola nella seconda parte della sua avventura come tecnico del Barcellona, e che Bleacher Report ha esplicato nella sua “Guida completa al Falso Nueve“: «L’idea alla base del gioco di posizione è quella di creare superiorità numerica nella zona in cui si trova il pallone. In un sistema del genere, Messi serve per muovere continuamente i centrali difensivi avversari, facendosi servire in profondità ma anche in zone di campo più arretrate. La sua estrema qualità nel passaggio permette ai compagni di inserirsi e ricevere palloni giocabili negli spazi creati dai suoi continui movimenti». La differenza tra il progetto tattico di Pep e quello di Valverde sta nei ritmi con cui si applicano i dettami del Juego de Posición: il nuovo software è ancora scritto secondo i principi di gioco che caratterizzano il dna azulgrana, il possesso è ancora dominante in chiave offensiva, ma sa essere pure conservativo, mentre la pressione – in attacco e in difesa – tende ad essere a strappi, meno intensa. Il Barcellona, in questo modo, è diventata una squadra che corrisponde in maniera totale alla tecnica, alla tenuta fisica, alla psiche di Messi, solo che oggi Leo ha un’autonomia diversa rispetto al passato, sul breve e sul lungo. È un discorso che si trascina inevitabilmente sul piano emotivo, l’ultimo esempio è arrivato dal match in casa del Siviglia, sabato sera: «Abbiamo visto tutti come vanno le cose: sessanta minuti senza Messi, e il Barcellona perde 2-0; 30 minuti con Messi, e il Barcellona vince 2-0». Queste parole sono di Diego Simeone, e inquadrano compiutamente l’impatto di Lionel Messi che entra in campo dalla panchina, dopo una scelta precauzionale del suo allenatore pochi giorni prima della Champions League.

In un articolo pubblicato da The Ringer a settembre 2017, c’è un parallelo interessante tra Lionel Messi in questa stagione e LeBron James alle Finals del 2015: «Senza i suoi due migliori compagni di squadra, Kevin Love e Kyrie Irving, LBJ ha ottenuto la seconda più alta percentuale di punti rispetto alla squadra nella storia delle Finals. Inoltre, ha comandato la serie con i Golden State Warriors per punti, assist e rimbalzi per partita. Più o meno quello che sta succedendo a Messi nel Barcellona. Dopo il passaggio di Neymar al Psg, l’argentino è il centro di gravità della sua squadra, ancora di più che negli anni precedenti; esattamente come LeBron, ha accentuato tutte le statistiche del suo gioco, è il miglior realizzatore, il miglior giocatore di costruzione, uno di quelli che tocca più palloni. Difficile pensare che un uomo possa riuscire ad essere e a fare tutto questo, tutto insieme, per le 60 partite di un’annata calcistica. Eppure, se c’è un calciatore al mondo che può tenere certi ritmi lungo un’intera stagione, si tratta proprio di Messi». Sta andando proprio così. E sta funzionando decisamente bene, grazie al lavoro di Valverde e alla perfetta sinergia tra Leo, i suoi compagni e l’intero ambiente del club azulgrana.

 

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