La trasformazione invisibile del Real Madrid

La squadra di Zidane proverà a conquistare la terza Champions League di fila, dopo i successi di Milano e Cardiff: stessi giocatori, nuova fisionomia.

Con la terza finale di Champions League consecutiva – la quarta in cinque anni – il Real Madrid di Zidane sta scrivendo nuovamente la storia, firmando un ciclo che in termini di risultati non ha pari nel calcio contemporaneo. La rosa è sostanzialmente rimasta la medesima dal 2015/16 ad oggi, anche questo un fatto in controtendenza col periodo storico, visto che le estati dei top club sono quasi sempre caratterizzate da parecchi innesti e cambiamenti. Invece, il Real Madrid di Kiev avrà quasi gli stessi identici giocatori della finale di Milano.

L’esplosività di Bale

È paradossale osservare che l’origine di questo triennio di stradominio provenga da una situazione di difficoltà ed emergenza, in cui le sensazioni erano tutt’altro che buone: dopo il sorprendente addio di Ancelotti, i primi difficili sei mesi di Benitez si erano rivelati un sostanziale fallimento, con Zidane – allora tecnico del Castilla – divenuto tecnico della prima squadra dopo il pareggio di Valencia. Nonostante lo scetticismo di molti, il francese ha portato a sorpresa i merengues a trionfare a Milano, inaugurando così uno dei più vincenti cicli della storia madrilena.

Oltre al rendimento generale, per la verità il modo di giocare del Real Madrid 2015/16 era sensibilmente diverso al tipo di squadra che poi i blancos sono divenuti negli anni successivi. Benitez aveva infatti impostato una formazione non con la prerogativa di controllare il possesso, bensì con l’intenzione di attaccare in spazi larghi e arrivare in porta velocemente. Per giocare in questo modo erano vitali le capacità atletiche e gli strappi di Gareth Bale, forse nel momento migliore della propria carriera, in un vero e proprio stato di onnipotenza. In quell’anno, nonostante qualche aggiustamento difensivo, Zidane non riuscì più di tanto a mutare l’atteggiamento del Real Madrid.  La finale di Champions con l’Atlético e le semifinali col Manchester City (tutte partite piuttosto deludenti), fotografano piuttosto bene i blancos di quella stagione, una squadra non in grado di gestire con efficienza il pallone e ben contenta di lasciare il possesso agli avversari per poi provare a punire con verticalizzazioni improvvise. Tant’è che, nella partita di Milano, furono addirittura i colchoneros a tenere palla per un maggior lasso di tempo.

Isco cambia il Real Madrid

La svolta tattica la si è vista nella stagione successiva, quando – complici anche i problemi fisici di Bale – Zidane ha deciso di puntare con insistenza su Isco, rendendo protagonista un giocatore che con Benitez era un comprimario. Le gigantesche doti associative dell’ex Malaga hanno contribuito a mutare profondamente le caratteristiche della squadra, trasformando il Real Madrid in una squadra con un controllo del gioco a cui i tifosi non erano più abituati. La fase di possesso degli spagnoli è mano a mano divenuta sempre più fluida, con – soprattutto grazie al numero 22 – movimenti senza palla e linee di passaggio aumentate a dismisura. Fino all’annata precedente, c’erano invece problematiche nell’occupazione degli spazi a causa di reparti non sempre legati alla perfezione.

Difficile dire se il centrocampo del Real Madrid di questi anni sia, per livello tecnico, uno dei migliori di sempre. Quel che è certo è che si tratta di uno dei più completi, perché abbina qualità eccelse a doti atletiche importanti. Basti pensare, per esempio, alla mobilità di Modric e alla sua capacità di andare su tracce esterne, come anche la conduzione palla al piede dello stesso Isco. Insomma, caratteristiche non scontate per centrocampisti di simile estro.

Il Madrid invoglia la squadra avversaria ad andare in pressing e di conseguenza allungarsi, per approfittare dello spazio che si viene a creare alle spalle della linea di pressione

Il risultato è che Zidane, partendo della rigidità di Benitez, è riuscito a modellare una squadra assai imprevedibile, con un controllo del gioco che arriva a fondersi con un’elevata interscambiabilità da parte dei propri interpreti. Basti pensare che il Madrid non possiede un vero e proprio regista, ma uomini (Isco, Modric e Kroos soprattutto) che a seconda della situazione sanno se abbassarsi per aiutare in prima costruzione o se invece farsi trovare tra le linee, nell’ultimo terzo di campo per concludere l’azione. I loro continui triangoli danno una nuova definizione al termine “associatività”,  con ogni passaggio effettuato pensando anche a ciò che vorrà fare dopo il compagno che riceve e a come sarà orientato quando gli arriva il pallone. Isco è quindi un elemento cardine e la sua libertà posizionale funge da raccordo in quasi tutte le fasi di gioco, esaltando il possesso palla dei blancos.

Azione che evidenzia bene come Isco “galleggi” con tutta la squadra. Aiuta la costruzione addirittura defilandosi sulla linea laterale, fornisce linea di passaggio e consente alla squadra di risalire

Questo controllo del possesso ha consentito al Real Madrid di esaltare la nuova evoluzione tattica di Cristiano Ronaldo, ormai non più il giocatore a tutto campo degli anni passati, bensì uno “specialista”, ossia un finalizzatore il cui raggio d’azione si concentra quasi esclusivamente negli ultimi metri, in grado di segnare in qualsiasi modo possibile e inimmaginabile. Infatti, nonostante prestazioni non sempre esaltanti, Zidane ha dato costantemente fiducia a Benzema come suo partner, proprio perché ritenuto l’uomo in grado di aiutarlo maggiormente grazie ai suoi movimenti senza palla nel tentativo di stringere il portoghese verso il centro.

Il picco di rendimento di questo Real Madrid si è concentrato nella primavera del 2017, che ha portato a superare il Bayern e ad annichilire Atlético Madrid e Juventus, ottenendo così una delle Champions più meritate di sempre. Insomma, al netto dei gusti personali, è difficile non dare a Zidane meriti per quanto riguarda la trasformazione del Real Madrid, squadra che – prima ancora che il livello – ha cambiato sensibilmente il modo di giocare rispetto ai tempi di Benitez.

Lo squilibrio del calcio fluido

Va però evidenziato come sia tutt’altro che scontato che un sistema del genere funzioni alla perfezione nel lungo periodo. Un modo di giocare così dipendente dai legami e dalle libertà date ai singoli, senza strutture posizionali troppo codificate, può portare a diversi scompensi quando le connessioni vengono meno. Di conseguenza, la confusione nel modo di attaccare enfatizza le difficoltà difensive, soprattutto in transizione negativa. Gli avversari cercano di approfittare soprattutto dello spazio alle spalle di Marcelo e Carvajal, visto che col (disordinato) 4-3-1-2 la copertura dell’ampiezza è prerogativa dei due (altissimi) terzini. Non a caso, a costo di abbassare i picchi nel controllo del gioco, Zidane ha spesso optato per un 4-4-2 nel tentativo di avere più equilibrio, lasciando più volte Isco in panchina e sfruttando Asensio per attaccare con rapide ripartenze.

Certo, non vuol dire che col 4-4-2 nelle fasi di possesso non ci sia più fluidità, visto che la sensibilità tattica di Asensio lo porta a svariare tutto campo. Qui, teoricamente ala sinistra, si abbassa in aiuto ai due mediani, formando un triangolo di centrocampo

Se in campionato questi scompensi hanno portato a un deludente terzo posto con il minor monte di punti dal 2006 ad oggi, in Champions il Madrid è riuscito comunque ad arrivare fino in fondo eliminando corazzate come Juventus, Bayern e Psg. Il modo in cui è stata centrata la finale ha diviso i giudizi: nonostante non abbia offerto prestazioni efficienti in toto e sovente siano stati sbagliati da Zidane i piani gara, il Real ha dimostrato una straordinaria capacità di fare risultato grazie a una forza mentale incredibile, consapevoli di poter vincere in qualsiasi momento e dove basta il talento del singolo per sfruttare quegli episodi che poi sono l’essenza delle gare ad eliminazione diretta. Insomma, una capacità quasi inspiegabile di prevalere sempre e comunque.

Se rispetto al passato era il sistema ad esaltare il singolo, oggi il Real Madrid possiede spesso tante disfunzionalità tattiche dove spesso è proprio il giocatore a sopperire a molte lacune generali. Un esempio proviene dalla sfida del Bernabeu contro il Bayern, dove la linea mediana dei blancos ha coperto malissimo il centro del campo consentendo ai bavaresi di trovare facilmente spazi. Eppure, una prestazione quasi sovrannaturale di Varane e Sergio Ramos ha consentito di sbrogliare parecchie situazioni potenzialmente fatali.

Kroos e Kovacic messi malissimo, il Bayern risale con estrema facilità per vie centrali. Solo un doppio miracoloso intervento di Sergio Ramos evita a Navas l’uomo davanti al portiere

A prescindere da come andrà a Kiev, è difficile dire che il Madrid sia a fine ciclo, visto che quasi tutti i suoi titolari sono ancora giovani e mantengono un rendimento individuale elevato. Come roster, l’interrogativo maggiore riguarda la sostituzione di Benzema, la valutazione su che profilo si andrà e se sarà in grado di coesistere col Cristiano Ronaldo odierno. Dal punto di vista tattico, invece, sarà interessante osservare se le lacune viste in stagione spingeranno Zidane a cercare una fisionomia magari meno imprevedibile ma allo stesso tempo con meno scompensi, o se invece si darà continuità a un sistema dipendente in toto dalla qualità/personalità del singolo di sfruttare gli episodi e andare oltre a una struttura globale non sempre irreprensibile.