De Vrij spiegato dai suoi gol

È il difensore che ha segnato di più nell'ultima Serie A: merito della sua lettura del gioco e del suo senso per l'anticipo.

Ci sono davvero pochi dubbi nell’affermare che quella appena conclusa sia stata la migliore stagione di Stefan de Vrij da quando la Lazio lo ha prelevato dal Feyenoord, nell’estate del 2014. Fatta eccezione per qualche passo falso di percorso e per l’epilogo nella gara contro l’Inter, infatti, il rendimento del difensore olandese è stato continuo e centrale nell’economia della squadra di Inzaghi. A 26 anni ha maturato la versione definitiva di se stesso, completandosi ed esaltandosi in un sistema di gioco che gli ha garantito protezione e quindi libertà. È stato anzitutto il cardine della fase di costruzione con Leiva, e ha interpretato il ruolo con grande disinvoltura arrivando ad incrementare nettamente la precisione nei passaggi rispetto alla stagione precedente. Ma soprattutto è riuscito ad esprimere al massimo la sua abilità nella lettura del gioco, caratteristica che lo contraddistingue sin dai tempi del Feyenoord e che lo ha sempre reso appetibile al mercato. È un dato che trova evidenza sul campo, dalla fase difensiva, dove fiuto del posizionamento e solidità si traducono in palloni recuperati e transizioni offensive accelerate. Lo confermano le statistiche con una classifica in particolare, quella riferita agli intercetti: qui, a quota 157, de Vrij figura al terzo posto assoluto dietro Skriniar (179) e Torreira (178) e al pari di Koulibaly.

Ma c’è anche una prospettiva secondaria attraverso la quale osservare de Vrij e la sua comprensione del gioco. A questo proposito è utile ricordare che con sei reti all’attivo l’olandese è il difensore più prolifico del campionato; un traguardo raggiunto quest’anno per la prima volta, a suggellare il discorso sul salto di dimensione. Studiare il modo in cui de Vrij si muove sugli sviluppi dei calci piazzati può essere un modo alternativo, e altrettanto efficace, per illustrare cosa lo distingue dalla maggior parte dei difensori. Delle sei reti segnate in A quest’anno, quattro sono arrivate direttamente da calcio d’angolo, una dallo sviluppo di uno di questi ed una su semplice azione.

La prima, contro il Napoli all’Olimpico, offre due spunti il cui sviluppo sarà alla base di tutta la tesi. Per prima cosa ad incuriosire è una decisione di de Vrij. La Lazio ha appena battuto un calcio d’angolo senza esito positivo e, invece di ripiegare verso la propria metà campo, l’olandese non si muove dall’area avversaria. È una responsabilità che si assume spesso in circostanze simili perché sa di poter essere prezioso; una scelta che suggerisce un particolare non da poco riguardo la proiezione offensiva verso cui tende l’intera squadra. Una volta deciso a mantenere la posizione, de Vrij aspetta che i compagni riescano a creare situazione di superiorità sul lato destro del campo. Passano circa otto secondi, poi Immobile illumina: dribbling secco su Allan, fuga da Koulibaly e pallone teso al centro proprio a cercare de Vrij. Qui il movimento dell’olandese è preciso e puntuale: si sgancia al momento giusto dalla linea del Napoli – che, Sarri dixit, prende a riferimento la palla prima dell’uomo – e impatta sorprendendo Reina.

Ha segnato un gol concettualmente simile anche al ritorno, e un altro contro la Sampdoria a fine aprile. Per questo è lecito pensare che la difesa posizionale promossa da Sarri e Giampaolo sia d’aiuto a giocatori come l’olandese, abili nel trovare ed occupare lo spazio. A Napoli, oltre a questo aspetto, sfruttò il pessimo piazzamento della linea difensiva per inserirsi partendo dall’altezza del dischetto e segnare ad un metro da Reina. Più che la qualità del gesto tecnico, l’impatto col pallone, a colpire è il tempismo con cui de Vrij ci arriva e il fatto che riesca ad eliminare la concorrenza nei suoi dintorni. Non si tratta di una semplice qualità nello smarcamento, perché difficilmente è dominante su un vero e proprio contatto fisico e ancor più difficilmente capita di vederlo avvinghiato con gli avversari. Non tanto perché non abbia le doti per resistervi (è 190 cm per 80 chili) quanto per una predisposizione all’anticipo che non rende necessario il contatto stesso.

Nella stagione 2013/14, l’ultima disputata con la maglia del Feyenoord, de Vrij segnò quattro reti. In questo gol contro il Go Ahead Eagles, la caratteristica di cui parliamo è già visibile. La sua squadra batte un calcio d’angolo dalla sinistra, lui è sul secondo palo e si sta muovendo in avanti, verso il centro. Quindi la traiettoria si allunga, e de Vrij è fra i primi ad accorgersene e a calcolare l’ampiezza del passo indietro necessario per arrivarci. Il suo marcatore la manca goffamente, lui la mette giù col petto e una volta libero calcia in porta. Una situazione simile a quella verificatasi pochi mesi prima, in un Vitesse-Feyenoord terminato 2-1 in favore degli ospiti. Il traversone su corner arriva sempre dalla sinistra e de Vrij è marcato in modo molto stretto, ma una volta compresa la direzione del pallone il suo taglio lo porta direttamente all’impatto. Il marcatore lo strattona ma non lo segue, è sicuramente colpevole. Però de Vrij capisce con netto anticipo cosa sta succedendo in quei frangenti, ed è qui che dimostra una marcia in più.

Tornando ai gol segnati contro squadre che difendono posizionalmente i calci piazzati, quello contro la Sampdoria riprodotto qua sopra è utile per chiarirne definitivamente le modalità. La situazione di partenza vede i blucerchiati racchiusi a cavallo della linea lunga dell’area piccola, quindi de Vrij sceglie di partire ancora più lontano rispetto al solito. Arriva di rincorsa sul pallone crossato al centro da Felipe Anderson e, totalmente indisturbato, si avvita per schiacciarlo alle spalle di Viviano. Paradossalmente questa è l’occasione in cui sceglie il tempo con meno precisione, visto che lo stacco lo porta a perdere l’equilibrio e a finire in terra. È complice la spintarella di Strinic, ma quando il croato lo tocca de Vrij è già in caduta. Dettaglio influente: anche in questo caso il gol arriva senza il minimo contatto con un avversario. Discorso identico per la rete segnata al Benevento, dove ancora una volta l’olandese è perfetto nel ritagliarsi la posizione più congeniale per staccare senza necessità di appoggiarsi al marcatore.

Tradurre prima degli altri in movimento la traiettoria del pallone e posizionarsi con rapidità in modo tale da ottenere un vantaggio nel confronto: è questa l’abilità di de Vrij che rinveniamo tanto nel suo modo di attaccare sui calci piazzati quanto nella sua arte difensiva. Per quanto riguarda la prima un ulteriore appunto è doveroso, perché ciò che lo distingue dagli altri difensori è anche una certa precisione nel colpire la palla. Se de Vrij è stato il miglior difensore-goleador dell’ultima Serie A, e Koulibaly e Skriniar hanno trovato spazio solo sul secondo e sul terzo gradino, molto lo si deve a questo. Entrambi hanno tirato in porta più dell’olandese, che però è stato più preciso. E chiamare in causa la pass accuracy è solo un altro modo per definire questo suo primato: il gioco della Lazio costringe de Vrij a smistare il pallone su una lunghezza media di oltre 20 metri, mentre Koulibaly e Skriniar si fermano rispettivamente a 17,34 e 17,56. Certo, va detto che la mole di gioco che passa dalle parti dell’olandese è ben inferiore se rapportata a quella dei colleghi, ma de Vrij viaggia comunque su una precisione media nei passaggi pari al 92%. Un’enormità. Ma il fattore decisivo è l’abilità negli intercetti. La velocità di pensiero di de Vrij è stata esaltata in una difesa a tre interpreti, dove è capitato spesso di vedere l’olandese slegato da compiti di marcatura fissi. L’impatto in un contesto differente potrebbe sparigliare le carte in tavola, ma ad oggi parliamo di un difensore perfettamente calato nella modernità del ruolo. I suoi gol, tanto quelli recenti quanto quelli più datati, ne sono una perfetta esplicazione.