L’anno dei Duemila

Da Weah a Sessegnon, i più giovani protagonisti della prossima Europa.

In un precampionato difficile, in termini di risultati, il Paris Saint-Germain ha trovato comunque il modo di godersi le prestazioni di uno dei suoi talenti più grezzi: Timothy Weah, attaccante classe 2000 che la scorsa stagione ha fatto il suo esordio in prima squadra. Con Mbappè, Neymar e Cavani assenti – causa Mondiali – il figlio di George ne ha approfittato per scalare qualche posizione nelle gerarchie di Thomas Tüchel, che ha voluto tenerlo come unico attaccante di ruolo in rosa oltre i titolarissimi, un backup prezioso. Il credito conquistato gli è valso la titolarità nella prima partita ufficiale della stagione, la Supercoppa di Francia contro il Monaco, in cui ha segnato il gol del 3-0. Otto giorni più tardi ha messo piede anche in Ligue 1 (dopo le due presenze della scorsa stagione) trovando la seconda rete consecutiva, stavolta entrando dalla panchina. E alla seconda giornata è partito titolare nella trasferta di Guingamp. Non un traguardo, ma un punto di partenza importante per un diciottenne appena sbarcato nel calcio professionistico.

Il suo stile di gioco, prevalentemente fisico, ha già creato scomodi paragoni con il padre (Pallone d’Oro 1995: forse è ancora presto). Dell’ex attaccante del Milan non ha ancora la muscolatura e la stazza, ma lo ricorda vagamente nelle movenze, per come attacca la profondità e nella capacità di giocare sia nei pressi della porta sia qualche metro più distante. Dopo una preseason da protagonista – un gol al Bayern, un rigore conquistato con l’Arsenal e un assist contro l’Atlético Madrid: un ruolo chiave in tre dei cinque gol del precampionato parigino – alla sua prima vera stagione tra i grandi Timothy Weah sembra pronto a un ruolo di maggior responsabilità in uno dei club più grandi del mondo. Come lui, nei più importanti campionati europei ci sono diversi giovani calciatori – nati nel 2000 – che sembrano pronti a ritagliarsi un ruolo di rilievo nelle squadre più forti. Uno di questi è Jadon Sancho.

Il gol di Timothy Weah contro il Bayern Monaco

La scorsa estate il Borussia Dortmund acquistò Sancho nelle ultime ore di mercato, ma nella stagione altalenante dei gialloneri l’ex Manchester City non ha trovato molto spazio: con Peter Bosz – fino a dicembre – ha collezionato sedici minuti totali; con l’arrivo di Peter Stöger in panchina ha iniziato a vedere il campo con maggior frequenza, e in primavera si è preso il posto da titolare giocando tutti i minuti nelle ultime quattro gare. Questa stagione dovrebbe aprirsi così come si era chiusa quella precedente, con il nuovo tecnico Lucien Favre che ha dimostrato di voler dare spazio al diciottenne inglese, lavorare su di lui per levigare alcune spigolosità del suo gioco e farne emergere il talento. «Sancho è un davvero un ottimo giocatore», ha detto l’ex allenatore del Nizza, «è evidente che abbia un grande potenziale, ha solo bisogno di essere inquadrato al meglio».

Come Weah, anche Sancho è stato protagonista nelle amichevoli estive, nonostante sia solo un teenager, partendo qualche volta da titolare (contro il Napoli, ad esempio): nelle gerarchie di Favre, l’ex City viene subito dopo gli indiscutibili Reus e Pulisic. Il suo gioco elettrico, di accelerazioni e strappi, con i quali supera avversari in serie (nonostante una spiccata tendenza a fermare il pallone e un’idea di gioco associativo molto sui generis), piace molto anche a Gareth Southgate. Il ct dell’Inghilterra starebbe pensando di portarlo in Nazionale già per le partite di Nations League di settembre.

Il giorno in cui Jadon Sancho è entrato nei cuori dei tifosi del Borussia

La Nazionale dei Tre Leoni potrebbe presentarsi alla nuova competizione con una formazione ben diversa da quella che ha raggiunto le semifinali in Russia. In questo articolo, Sky Sport spiega che Southgate pensa di inserire nella prossima lista dei convocati anche Ryan Sessegnon, uno degli esclusi eccellenti dell’ultimo Mondiale: all’esterno del Fulham vennero preferiti Danny Rose e Ashley Young, più anziani di lui di 10 e 15 anni, per portare esperienza in un gruppo già giovanissimo. Ma con l’avvio della nuova stagione, e i reduci dalla campagna russa ancora non al top della forma, il ct inglese potrebbe davvero pensare di chiamare uno dei talenti più promettenti del calcio britannico.

È incredibile come Sessegnon sia riuscito a creare tanto hype attorno a sé pur avendo messo piede in Premier League solo nelle ultime settimane – tra l’altro senza brillare particolarmente. Ma è un’attenzione meritata: le sue prestazioni con il Fulham in Championship e nelle selezioni giovanili inglesi hanno già tracciato i contorni di un talento eccezionale. Non ci sono solo i 16 gol e 8 assist della scorsa stagione, c’è un’influenza totale sul gioco della sua squadra, sicuramente non comune per un diciottenne. Ad aprile, su Undici, Francesco Pietrella ha tracciato un profilo dell’ala mancina di origini beninesi: «Lo guardi giocare e hai due sensazioni. La prima, molto intuibile. Visiva. Ryan Sessegnon è un ragazzino, un teenager. Ha l’hype da star del football e i tratti del talento vero. Ha iniziato in difesa ma adesso è un’ala a tutta fascia, e sa vedere la porta. Secondo pensiero: Ryan Sessegnon è il nuovo Gareth Bale. Così, di getto. Lo percepisci subito. Un paragone costruito su somiglianze evidenti, sia nei numeri che nello stile di gioco. Nei gol. Soprattutto per un percorso comune che ogni giorno è sempre più vicino. Anche Bale iniziò da terzino sinistro e adesso è un’ala pura, parte da destra. Segna. Ormai è un calciatore totale». Gareth Bale come stile e modello. Il gallese, per il giocatore che è diventato, è un buon esempio da imitare.

Per un altro talento del 2000, Bale è un compagno di squadra, più che un modello. Acquistato dal Real Madrid un anno fa, Vinícius Júnior è stato chiamato alla Casa Blanca con un anno d’anticipo sulla tabella di marcia – la data prevista era giugno 2019 – per quel che è successo nella capitale spagnola negli ultimi mesi, con l’addio di Zidane e la cessione di Ronaldo. L’ex Flamengo, uno con numeri impressionanti per la sua età, ha vissuto l’estate più importante della sua carriera: senza alcun preavviso si è trovato catapultato in una realtà completamente diversa da quella cui era abituato, indossando la maglia più pesante di tutte, in uno spogliatoio di campioni. Lopetegui sa di dover valorizzare il suo talento, ma anche di non potergli dare l’onere di un posto da titolare: nelle amichevoli Vinícius è partito quasi sempre dalla panchina. Forse perché è ancora un giocatore troppo “solitario”, ancora troppo barocco quando riceve in posizione di ala. Troppo poco efficiente, in generale. Ma nonostante alcuni, inevitabili, difetti da limare, Vinícius ha dato la sensazione di essere già al lavoro sul suo gioco: nelle amichevoli si è visto un upgrade nei movimenti senza palla e in senso associativo. Su El País, Luis Miguel Hinojal ha spiegato il “piano”, dello staff merengue, per ammorbidire la transizione da una realtà all’altra al giovane Vinícius: «Da quando è arrivato segue un programma di allenamento specifico per pulire i difetti e potenziare le virtù. Deve migliorare nell’uso del sinistro e del colpo di testa, così come deve ridurre la mole di palloni persi e migliorare nella gestione del ritmo». In più, il Madrid ha inserito Vinícius in seconda squadra: si allena stabilmente con la prima, ma non è escluso che possa giocare con il Castilla soprattutto nelle prime settimane per assaggiare il campo il più possibile.

Contro la Juve entra a inizio ripresa. Cento secondi per piazzare l’assist, poi si perde in un bicchier d’acqua

Nel Risiko del talento classe 2000 c’è anche l’Italia, c’è anche Moise Kean. L’attaccante cresciuto nella Juve ha visto impennare le sue quotazioni dopo l’Europeo Under 19, in cui ha guidato l’attacco della Nazionale di Nicolato. Quattro gol in cinque partite, compresa la doppietta in finale al Portogallo, quella con cui si è caricato tutta la squadra sulle spalle dopo il 2-0 dei lusitani. L’Europeo di categoria ha messo Kean sui radar di molte squadre in Italia e in Europa, nonostante una stagione in prestito all’Hellas Verona in cui ha potuto far vedere solo a intermittenza il suo potenziale. Fabio Pecchia l’ha mandato in campo appena 19 volte (di cui 12 da titolare, e ha segnato 4 gol), poche per un ragazzo che avrebbe bisogno di giocare il più possibile in Serie A. Ma la stagione di una matricola non si può valutare solo con i numeri, con le statistiche. Il nativo di Vercelli, figlio di genitori ivoriani, è riuscito comunque a dare un saggio delle sue qualità migliori: la progressione in campo aperto, la capacità di incidere sia in area sia in posizione defilata (proprio come il coetaneo Weah), oltre a un buon senso del gol. Gli manca la continuità, perché ha dimostrato di poter essere uno degli attaccanti italiani del futuro. Attualmente la Juve sembra intenzionata a puntare su di lui, scaricandolo però in fondo alla lista di un parco attaccanti di lusso. Con molti mercati già chiusi, per Kean rimane solo l’ipotesi di un prestito in Spagna, Germania o Francia, preferibilmente in una formazione che possa fare di lui l’elemento chiave dell’attacco. Avendo dimostrato di avere spalle abbastanza larghe per sopportare l’onere.

Un’esultanza che abbiamo già visto da qualche parte

La bonus track risponde al nome di Pietro Pellegri, che rispetto a tutti gli altri ha un vantaggio anagrafico di diversi mesi (è di marzo 2001). Lo scorso gennaio si è trasferito dal Genoa al Monaco con una scelta coraggiosa, ma non tutto è andato per il verso giusto: ha avuto appena il tempo di fare il suo esordio in Ligue 1, contro il Dijon, per quattro minuti. Poi la pubalgia lo ha tenuto fuori fino a maggio, quando ha fatto ritorno in campo per collezionare giusto altri 18 minuti in due gare. A otto mesi dal suo trasferimento in Francia, quello che sappiamo di Pietro Pellegri non è molto diverso da quello che raccontava Simone Torricini a febbraio su queste pagine: «Un calciatore dalle potenzialità straordinarie. Un ragazzo cresciuto in fretta, che a 16 anni da compiere vantava già una coordinazione superiore a quella della media. In molti erano pronti a scommettere su Pellegri, Pellegri ha scelto di scommettere su se stesso». La sua avventura con i monegaschi inizia per davvero solo adesso, con una guida tecnica del calibro di Leonardo Jardim che – abituato com’è a sviluppare il talento – può essere l’insegnante migliore possibile per trasformare Pellegri in un attaccante fatto e finito, completo. Con la consapevolezza che la sua carta d’identità certamente gli darà almeno una seconda chance.