Ti diverte ancora nuotare, Federica Pellegrini?

Intervista alla nuotatrice italiana sui media e lo sport, dal podcast "Archivio Pacifico".

Archivio Pacifico è un podcast di interviste lunghe – tra la mezz’ora e i cinquanta minuti a seconda dell’agenda dell’intervistato – in cui sposto dalla pagina agli auricolari del telefono una cosa che mi piace fare più o meno dal 2010. Ho fatto le mie prime conversazioni lunghe scritte sul Vice di Timothy Small – una a Paolo Villaggio, un’altra ad Alessandro Piperno – poi proprio su Studio, una chiacchierata al Cavalieri Hilton con Gianni Clerici, e infine, con un formato preciso, l’“Intervista Larga”, su IL di Christian Rocca. Quando Rocca ha lasciato IL ho subito pensato che avrei avuto voglia di spostare questo tipo di lavoro sull’audio. Ascolto quasi esclusivamente podcast di interviste. Soprattutto di basket: le mie preferite sono le conversazioni di Zach Lowe, in particolare quelle con Jeff Van Gundy e Kevin Arnovitz. Con l’audio si può andare ancora più in profondità nelle chiacchiere perché l’audio, con la corporeità immateriale della voce, può concederti non sense e non sequitur, saltare di palo in frasca e devastarsi di anacoluti senza paura.

Una delle mie ultime interviste scritte è uscita per Undici: intervistavo su Skype coach Messina. Era in ufficio in una mattina di pre-season. Per questo sono felice di pubblicare su Undici un estratto dalla mia chiacchierata con Federica Pellegrini in un albergo di Milano. È arrivata a mezzogiorno, con delle Air Max speciali bianche con accenti rosa e celeste, una felpa nera Armani con la zip e dei jeans. Alta, seria, gentile, a pancia vuota. Veniva da Verona, dove si era allenata nella sua piscina, ed era in albergo per registrare Italia’s Got Talent, dove quest’anno è giurata. Abbiamo parlato di cibo, allenamenti, viaggi intercontinentali, sessismo, opinione pubblica, leoni da tastiera.

Qui di seguito è il minuto diciassette, quando iniziamo ragionare sul suo ruolo di personaggio pubblico.

Francesco Pacifico: Tu sei diventata famosa molto presto. Quand’è che hai capito che oltre ad allenarti tutti i giorni ti sentivi anche un personaggio pubblico, qualcuno che aveva anche delle cose da dire, che voleva esprimersi – con la moda, con le opinioni sulle cose…

Federica Pellegrini: Guarda, io non l’ho capito subito. È ovvio che mi piace magari essere riconosciuta per strada, che mi facciano complimenti, però veramente il mio “potere” non l’ho capito subito e forse l’ho capito con questo casino qua (si riferisce a social, Twitter, shitstorm, in particolare la vicenda raccontata al minuto 12, nda), perché veramente nella mia carriera io son sempre stata una abbastanza schietta, ma in tutti gli argomenti su cui mi veniva fatta una domanda. Quello che non riuscivo a capire è perché le mie risposte creassero così tanto scalpore. Perché tante volte erano scritte o riportate al pubblico non come le avevo dette io, e quindi comunque interpretabili. Altre volte perché comunque ho capito che prendere una posizione in Italia… devi avere un gran pelo sullo stomaco, perché poi devi sopportare tutte le critiche che arrivano dai leoni della tastiera che magari… non tanto le critiche, perché a me le critiche vanno bene, ma le cattiverie gratuite no. Perché io ti ascolto se tu mi dai una critica costruttiva. Però se mi dici torna a nuotare è da due mesi che non t’alleni, ma tu cosa ne sai della mia vita? (Sto parlando per assurdo)

Mi ha colpito per esempio che stavi in una gara molto piccola di quelle che ti servivano per entrare in [condizione] e la giornalista ti chiedeva «Eh ma come mai questo tempo?» e tu le dicevi «mah, sto preparandomi per una cosa che poi deve succedere tra sei mesi». Ti fanno sempre le domande in una certa maniera.

Sì, questa cosa viene fatta anche da persone che mi conoscono bene. Viene fatta da persone che sono anche dell’ambiente. Come hai detto tu, i giornalisti che ci intervistano a bordo vasca sono persone che conosco da vent’anni, con cui ho fatto le gare dieci volte l’anno.

Sanno benissimo la situazione in cui sei e ti fanno lo stesso quel tipo di domanda.

Sanno benissimo. Allora vuol dire che tu in quel momento vuoi farmi uscire in una determinata luce. E allora io non ci sto a quel gioco, capito?

Lo diceva Roberto Mancini: giudicare la nazionale adesso non ha senso perché sto facendo giocare dei ventitreenni e sto cercando di fare un progetto…

Sì. Per esempio io ti dico, io quest’estate sono andata un po’ in crisi perché ci son stati gli Europei. Io sapevo che non sarei andata lì con nessuna pretesa, uno perché avevo preparato un’altra gara lasciando i duecento, e uno perché comunque avevo iniziato questo percorso con IGT, che comunque mi ha fatto saltare dei periodi di allenamento, però a me andava bene prendermi un anno un po’ più…

IGT adesso ho capito che è Italia’s Got Talent, scusa…

Scusa… [Ride] E quindi a me andava bene prendermi un anno un po’ più leggero. E ci stava, quello era proprio l’obiettivo della stagione. E tutti i giornalisti con cui io ho parlato durante tutto l’anno e durante tutte le gare sapevano benissimo questa cosa. Io all’ultima gara dell’Europeo mi sono sentita dire, come ultima domanda a chiusura di una settimana di gare, «Ma ti diverte ancora nuotare?».

[Ridiamo]

E allora lì ho detto No… Ma io ho vinto tutto quello che dovevo vincere, che volevo vincere, ho fatto tutto quello che volevo, e tu, per una staffetta di merda…

Sapendo benissimo in che situazione sto…

…l’ultima domanda che mi fai è «Ti diverte ancora nuotare».

È proprio lo scorpione sopra la rana, che ti deve pungere per forza, una roba pazzesca.

Capito? Io allora ho detto Ma c’ho voglia di mettermi ancora in gioco – per cosa? Per poi sentirmi dire una cosa del genere? Ma poi ho parlato di questa cosa con tanti sportivi di alto livello. E tutti m’hanno detto la stessa cosa: che in Italia è proprio invivibile perché non riescono a tenerti in alto. Cioè tu puoi vincere le Olimpiadi, i Mondiali e tutto quanto, ma appena perdi la gara del condominio ritorni giù, per loro, capito?

Perché si deve creare una narrazione a tutti i costi.

Capito? Sì. E quello a detta di tutti, su tanti sport, è un problema prettamente italiano.

Aggiungo qualcosa che è uscito fuori cinque minuti dopo, per continuare il ragionamento sul personaggio pubblico. Questo è intorno alla fine del minuto 26.

Guardando le tue varie interviste, sia quelle sportive sia quelle più generaliste ho la sensazione che non ti lascino parlare molto. Quindi poi tutto il personaggio della Pellegrini – “è simpatica o è antipatica?”, “ah ma la Pellegrini… si è di nuovo espressa” – in realtà è sempre un po’ soffocato, viene fuori da tante piccole interazioni che sono o “Ah ma non ti sei allenata abbastanza” oppure “ah ma il costume è scomodo?” e tutte quelle domande lì. Io faccio sempre delle ipotesi quando devo intervistare qualcuno, perché voglio arrivare tranquillo sapendo che la persona che devo intervistare non è stronza.

Ok.

Poi a volte invece lo è.

Sì sì… Ma anch’io ogni tanto sono stronza. Però ci sta.

Però se ti lasciassero parlare di più come cambierebbe la cosa?

Ma io non so se cambierebbe molto. Nel senso che io sono una persona che va molto a pelle. Quindi io mi adatto molto alla persona che ho davanti o a come la sento a impatto, non tanto conoscendola. Quindi poi capisco subito dalle domande dove vuoi andare a parare, no? E quindi se capisco che con te non posso stare a mio agio io metto un muro davanti e quindi comunque ti rispondo quello che ti voglio rispondere, a memoria, quello che ho detto in tremila interviste… Quindi insomma in poche interviste mi sono aperta tanto. Non lo faccio tanto per cattiveria, ma proprio forse più per protezione.

Be’, sei in cattività. Tu sei in una gabbia in cui ti mette qualcun altro per le esigenze dello spettacolo e della comunicazione…

Sì, quindi per mia protezione decido se aprirmi o no.

 

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