In Mls è impossibile confermarsi?

Il titolo 2018 è andato ad Atlanta, ma la vera sfida è ripetersi nel tempo.

Era dalle World Series della Major League Baseball del 1995 che Atlanta non vinceva un titolo nello sport professionistico americano. Le reti di Josef Martínez – la sua trentacinquesima tra stagione regolare e playoff – e Franco Escobar nella finale contro i Portland Timbers hanno riportato nella città della Georgia un successo che mancava da 23 anni. Eppure i festeggiamenti si sono limitati al post-partita e alle poche ore successive: non c’è tempo per celebrare la vittoria, le Five Stripes hanno bisogno di rimettersi in moto, tornare a costruire per provare a ritrovarsi tra un anno nello stesso scenario di sabato scorso al Mercedes-Benz Stadium.

L’avvicinarsi della sessione invernale di calciomercato ha già moltiplicato le voci sul possibile approdo in Europa di Miguel Almirón: il trequartista paraguaiano è quello con i margini di miglioramento più alti, nonché il talento più spendibile in un grande campionato. Potrebbe seguirlo il capocannoniere Martínez, che tornerebbe nel Vecchio Continente dopo l’esperienza (forse) prematura al Torino. Ma la sensazione della chiusura di un ciclo trova la sua concretizzazione nell’addio del Tata Martino, annunciato già lo scorso ottobre (sarà il prossimo ct del Messico). L’ex tecnico di Barcellona e Argentina è il vero architetto di una vittoria che non è sbucata dal nulla, non ha niente di casuale, ma è il risultato di un percorso di crescita lineare e verticale, pianificato alla perfezione dall’autunno 2016. La sua partenza renderà ancor più difficile per la dirigenza trattenere i suoi migliori giocatori, che avevano accettato il trasferimento in Mls principalmente per la presenza dell’allenatore argentino.

La vittoria su Portland, Atlanta festeggia

La sensazione, dunque, è che ad Atlanta la vittoria porti con sé i fantasmi delle squadre che hanno vinto prima di lei e che non sono riuscite a confermare quanto di buono fatto su singola stagione. Il problema, fino ad oggi, è stato trovare una squadra in grado di ripetersi negli anni, di creare una di quelle dinastie sportive che rendono grande una società, una città, e l’intera lega attirando spettatori in tutto il mondo. Nel confronto tra dinastie, la Mls ha solo da imparare anche rispetto a quelle dello sport americano: ci sono gli attuali Golden State Warriors di Curry o, prima di loro, i Bulls di Michael Jordan. O ancora, i New England Patriots di Tom Brady nel football americano e i New York Yankees a cavallo tra gli anni Novanta e il Duemila nel baseball.

In Mls, prima di Martino, Almirón e Martínez, ci aveva provato il Toronto di Giovinco, salvo poi chiudere un 2018 disastroso in anticipo, con la mancata qualificazione ai playoff. La vittoria del 2017 sembrava aver creato nuovi e più alti standard per la lega, con i Reds nel ruolo di benchmark. L’idea di creare una dinastia a Toronto non può essere tramontata dopo un solo anno, ma è chiaro che adesso Giovinco e compagni non possono più fallire. Prima ancora dei rossi del Canada ci avevano provato Seattle e Portland. I Timbers, dopo la vittoria nel 2015 hanno avuto bisogno di due stagioni anonime di assestamento prima di tornare in finale nel 2018. Nel frattempo, però, hanno modificato sensibilmente il loro roster: solo cinque giocatori hanno partecipato ad entrambe le corse per il titolo (tra questi, Villafaña ha passato in Messico le due stagioni di transizione). Discorso diverso per i Sounders di Seattle, che hanno giocato una doppia finale in back-to-back (2016 e 2017, vincendo la prima) ma senza i crismi del superteam da invidiare, emulare e superare. Solo i Los Angeles Galaxy, negli anni Duemila, sono riusciti a creare qualcosa di simile ad una dinastia nella Mls dell’era moderna, con Beckham e Donovan che hanno portato nella città degli angeli tre vittorie in cinque anni. Peraltro, prima dell’ultimo successo, il tecnico Bruce Arena aveva usato parole che lui stesso avrebbe smentito. «Per come è disegnata la nostra lega è impossibile creare delle dinastie». L’allenatore recentemente passato anche sulla panchina della Nazionale Usa faceva riferimento al sistema di regole che favorisce un equilibrio artificiale all’interno della lega, e un ricambio rapido in vetta alla classifica che fa abortire i progetti di dinastie di cui la Mls potrebbe aver bisogno.

Il primo e più evidente limite alla creazione di una dinastia è il salary cap, che impedisce ad una squadra vincente di rinnovare in blocco i contratti dei giocatori: dopo una o due stagioni ad alti livelli diventa impossibile mantenere tutti i pezzi al loro posto (è il caso di Portland e Seattle, che dopo la prima finale hanno perso elementi importanti della loro formazione). Poi ci sarebbero il sistema del draft, che premia chi arriva in fondo alla classifica con la possibilità di selezionare i migliori rookies, e le difficoltà nel cedere all’estero (una percentuale della vendita finisce nelle casse della lega). Nella Major League anche il calendario può contribuire a rendere tutto più complesso. Lo sanno bene a Toronto, che ha iniziato il campionato con 3 punti nelle prime 5 partite, per provare a puntare al successo in Concacaf Champions League (poi sfumato in finale). Gli ottavi della CCL iniziano circa due settimane prima della Mls, stravolgendo i piani di preparazione di chi si trova a giocare partite da dentro o fuori con un roster rinnovato (per i motivi di cui sopra) e ben distante dalla miglior condizione atletica. Accadrà anche ad Atlanta, che giocherà gli ottavi il 20 febbraio: non lo scenario migliore per una squadra che avrà un allenatore nuovo e solo poche settimane di lavoro alle spalle.

Perciò le Five Stripes stanno provando ad aggirare l’ostacolo: le difficoltà dei predecessori nel creare una dinastia – come quelle di altri campionati o altre leghe professionistiche dello sport Usa – sconsigliano di perseverare sulla stessa strada. La dirigenza di Atlanta ha deciso, invece, di provare con un mash up delle esperienze precedenti: la politica dello spend big win big di Toronto si mescola con il paganesimo del player trading solo assaggiato in passato da Seattle e Toronto. Un anno fa il club firmò l’assegno più grosso per un calciatore acquistato da un club della Major League Soccer, pagando circa 15 milioni per il giovanissimo Ezequiel Barco. L’argentino ha solo assaporato la Mls nella sua prima stagione, trovando 4 gol e 2 assist in oltre 1700 minuti, ma senza trovare spazio nel momento più delicato della stagione (appena 17 minuti in 5 partite di playoff). Ora l’argentino classe ‘99 è pronto a prendere il testimone dei sudamericani che hanno appena trionfato. E avrà al suo fianco un co-protagonista d’eccezione in Gonzalo “Pity” Martinez, trequartista suo connazionale, fresco vincitore della Libertadores con il River Plate. Atlanta vorrebbe provare a tracciare un percorso alternativo per entrare nell’albo delle dinastie sportive degli Stati Uniti, un percorso di talento latino e pianificazione societaria tipica Usa. Una strategia che assomiglia tanto all’ultima speranza di costruire una dinastia che possa avvicinare la Mls ai miglior campionati del mondo. Ammesso che sia possibile.