Come combattono razzismo e violenza all’estero

Inghilterra, Spagna e Germania affrontano il problema in modi diversi.

Ritorno dei treni speciali per le trasferte, partite a rischio giocate di giorno, camere di sicurezza allo stadio, contributo delle società nel pagamento delle forze dell’ordine. No a chiusura stadi o a trasferte vietate. No alla sospensione delle partite. Sono queste le principali misure proposte dal ministro dell’Interno Matteo Salvini all’ultimo vertice su violenza e razzismo negli stadi, a cui ha aggiunto delle non precisate facilitazioni per chi in futuro vorrà costruirsi lo stadio di proprietà. In attesa di sviluppi, siamo andati a vedere come i principali campionati europei combattono la violenza e il razzismo nel calcio.

Inghilterra

Ha iniziato a occuparsi seriamente di lotta agli hooligan dopo il 15 aprile 1989, il giorno del dramma di Hillsborough, il big bang del calcio inglese per come lo conosciamo oggi. Dopo i 96 morti in occasione della semifinale di Fa Cup tra il Liverpool e il Nottingham Forest, è iniziata una dura battaglia contro il tifo violento, passata innanzitutto per il rinnovamento degli stadi (via barriere e posti in piedi, spazio a telecamere e posti numerati). Oggi quasi tutto quello che succede all’interno dello stadio è responsabilità delle società, che pagano i propri steward (sempre in contatto diretto con la polizia all’esterno). In caso di comportamenti illeciti, contro i responsabili interviene la federazione con provvedimenti restrittivi, su segnalazione della polizia, ma le società possono decidere per ulteriori punizioni come multe, sospensione dell’abbonamento o della tessera associativa (con la quale si possono comprare i biglietti per partite in casa e in trasferta).

Molti comportamenti negli stadi in Inghilterra sono reato: lanciare petardi o oggetti, fare invasione di campo, fare cori razzisti, violare un ordine di interdizione. In alcuni casi si rischiano fino a cinque anni di carcere. La polizia può arrestare e processare per direttissima un tifoso anche per violenza verbale. I controlli avvengono con telecamere ai tornelli e sulle tribune, oltre che con gli steward, e le società possono riservarsi il diritto anche di bandirti a vita dallo stadio. Il tifoso del Tottenham che lo scorso due dicembre ha lanciato una banana ad Aubameyang nel derby del nord di Londra è stato sanzionato con 500 sterline di multa e 4 anni di daspo.

Spagna

Qui la situazione è più simile al modello italiano, in cui lo stato (il ministero dell’Interno in particolare) ha la responsabilità su tutto quello che avviene sia fuori sia dentro lo stadio, fino a quello che succede in campo, come la tutela dell’arbitro e dei giocatori. I tifosi che assistono alle partite di Liga sono tenuti a stare seduti tutta la partita nel posto a loro assegnato: anche quelli in curva non possono spostarsi da un’altra parte.

Anche qui sono previsti provvedimenti restrittivi per chi viene beccato a fare cori razzisti, espone striscioni che incitano alla violenza, fa invasione di campo, lancia oggetti (fino a cinque anni lontani dallo stadio a seconda dell’infrazione e multe), così come per le società (fino a due anni di porte chiuse o di chiusura dello stadio). Il tifoso che nel 2014 ha lanciato la banana a Dani Alves durante Villarreal-Barcellona è stato arrestato e bandito a vita dalle partite casalinghe del sottomarino giallo, mentre il Villarreal ha ricevuto 12mila euro di multa.


Dani Alves raccoglie e mangia la banana lanciata dal tifoso del Villarreal mentre batte il corner

Germania

La Germania è un ibrido tra i due modelli precedenti, in cui la gestione dell’ordine pubblico negli stadi è affidata sia alle società sia alle istituzioni. Il club paga i poliziotti quando ne servono più del previsto, provvedimento preso lo scorso anno dopo gli scontri tra tifosi del Lipsia e del Dortmund. Gli stadi hanno sale monitor controllate dalla polizia, che può arrestare preventivamente i tifosi violenti. Con la regola del “50+1” che esiste nel campionato tedesco inoltre, secondo la quale almeno il 51% delle quote di una società dev’essere in mano a soci-tifosi, spesso proprio i supporter sono i primi a non volere violenti sulle tribune.

Gli stadi tedeschi poi, che hanno un’affluenza media superiore al 90% (simile a quella inglese, distantissima dalla nostra, poco oltre il 50%), sono gli unici tra i principali campionati europei in cui esistono ancora ticket per dei posti in piedi. Poco meno di cinque anni fa un tifoso del Borussia Dortmund è stato beccato a fare il saluto nazista e gridare lo slogan nazista “Sieg Heil” durante il minuto di raccoglimento di una partita contro l’Amburgo. Preso con l’aiuto delle telecamere e immediatamente allontanato, è stato squalificato per sei anni dal Westfalenstadion.

I tifosi del Borussia Dortmund espongono dei cartelli “contro la violenza” nella partita successiva agli scontri con i supporter del Lipsia