Il bivio di Icardi

Mauro sta studiando per diventare il centravanti di manovra che tutti gli chiedevano di essere, ma sta pagando dazio segnando meno.

La consacrazione dell’Icardi-goleador è stata graduale e costante nei cinque anni e mezzo all’Inter tanto quanto è stata repentina quella dell’Icardi-centravanti di manovra. Quest’ultima si è verificata nell’arco di un mese, dalla partita con il Psv dell’11 dicembre scorso fino a quella di Empoli che ha chiuso l’anno e il girone d’andata. Sembrava un’ascesa costante, finché la prestazione contro il Sassuolo ha suggerito che l’equilibrio tra i due Icardi debba ancora essere trovato. La coperta si è di certo allungata, perché Mauro ha dimostrato di poter essere anche diverso, di poter assorbire i compiti di un centravanti di manovra, ma al contempo ha confermato di non poter ancora essere entrambe le cose contemporaneamente. Lo confermano i numeri: nella sequenza di partite in cui ha elevato il rendimento in termini di partecipazione al gioco (Udinese, Chievo, Napoli ed Empoli), Mauro ha segnato solo un gol, una netta frenata in termini realizzativi per uno abituato a medie vertiginose. Come se volesse rimediare, contro il Sassuolo è tornato alle vecchie abitudini, rimanendo in attesa di un pallone utile a segnare che non è mai arrivato. Complici le difficoltà dell’Inter, ha firmato una prestazione anonima come non si vedeva da tempo: un solo tiro, ma soprattutto appena 8 passaggi, metà dei quali sbagliati.

È un passo indietro dopo una manciata di salti in avanti. La latitanza nei tabellini, prima del Sassuolo, era stata compensata dalla qualità e dalla profondità delle sue prestazioni, che non era mai stata così alta. Lo si è notato per contrasto, perché nelle prime nove partite di A in cui Icardi è partito titolare in stagione, la media dei passaggi chiave era pari a 1,3, 13 era quella relativa ai tocchi. Nelle successive cinque, cioè dalla trasferta con la Juve, anticamera della sfida al Psv, fino all’ultima di andata ad Empoli, la quota di passaggi chiave è salita ad 1,6, il totale a 21 (quasi il doppio di prima). Ne ha beneficiato anche nel lavoro difensivo, dove infatti è passato dai 2 tackle riusciti nelle prime nove partite ai 5 nelle ultime cinque. Insomma, tutti i dati che non riguardano strettamente il ruolo di attaccante puro sono in ascesa, ma hanno inficiato sui gol.

La prima azione contro il Psv è quella in cui Icardi si ritrova, quasi per caso, ad indossare i panni del regista offensivo e si rende conto di esserne all’altezza. In questo momento scatta qualcosa: la convinzione di potersi incaricare di un compito che fino a quel momento aveva snobbato

L’azione di cui sopra, la prima rilevante in Inter-Psv, è degna di nota perché è il momento in cui Icardi si immerge nella nuova dimensione di centravanti di manovra. È come se in quel momento si fosse definitivamente reso conto di poter essere diverso da se stesso, di poter fare anche altre cose in campo che in principio non considerava. Basti pensare che quando si presentò all’Inter si autodefinì «un “nove” d’area», chiarendo con precisione quale fosse la sua zona di competenza. Con il Psv ha trovato un equilibrio perfetto che poi ha smarrito: ha giocato alternando le classiche tracce in area che lo porteranno a segnare nel finale di gara a dei movimenti ad ampio raggio verso il pallone ed i compagni. Nelle gare seguenti, quasi compiacendosi delle nuove vesti, ha confermato la crescita nella partecipazione alla manovra e lo ha fatto con una disinvoltura tale da rendere scontata una metamorfosi che in realtà non lo è affatto. Icardi ha bisogno di altro tempo per compiersi, come ha dimostrato il passo indietro con il Sassuolo.

Ma il recente miglioramento rimane evidente ed è la strada che Icardi è obbligato a percorrere per iscriversi al club dei migliori centravanti al mondo. È cambiato soprattutto nel “pensare” il gioco: da flusso convergente verso il suo territorio di competenza si è trasformato in una raggiera che può diramarsi in infinite varianti che non escludono il suo contributo, anzi ne hanno bisogno. Non è un caso che Icardi nel girone d’andata abbia segnato ben 8 gol in meno rispetto ad un anno fa (9 contro 17) ma l’Inter in un solo girone e con meno della metà dei gol segnati (31 contro 64) abbia tanti marcatori diversi (12) quanti ne ha avuti nell’intera stagione passata: il contributo del centravanti è meno diretto rispetto ad un anno fa, ma per certi versi è altrettanto rilevante.

Oltre ai numeri può essere utile sottolineare l’opinione di chi lo ha spesso elogiato per la capacità di segnare («Nel calcio si gioca in undici contro undici e alla fine segna Icardi») ma al contempo non ha mai risparmiato osservazioni la sua difficoltà negli altri aspetti del gioco («Non gli si chiede altro che fare gol. Perché solo quello sa fare»). Le citazioni sono di Daniele Adani, talent di Sky Sport, che lo scorso 15 dicembre, durante la trasmissione post Inter-Udinese, ha suggerito una cambio di prospettiva sul capitano nerazzurro «alla luce della partita con il Psv, dove tutto è cambiato». In quell’occasione, ha spiegato Adani, «Mauro ha dimostrato di saper giocare anche fuori area, facendo salire la squadra e indirizzando il pressing con voglia, sacrificio e logica». Adani ha poi aggiunto che «Icardi è sempre stato un giocatore che si è speso per il proprio club, un generoso, e lo ha dimostrato in ogni partita. Ma tra Psv e Udinese ha cambiato la convinzione nel fare determinati movimenti, che poi gli restituiscono chance da rete in area. Non gli tolgono nulla, anzi, è proprio così che si va a piazzare davvero tra i primi dieci attaccanti al mondo».

La trasformazione di Icardi è stata determinata da tre fattori. Il primo è la predisposizione al miglioramento dell’argentino, spesso taciuta. Il secondo è “esterno”, ed è la partecipazione alla Champions League che ha permesso a Mauro di prendere confidenza con i propri mezzi, di verificare le doti sul palcoscenico più importante, di misurarsi con la dimensione dell’attaccante di massimo livello. Icardi aveva bisogno di esplorare un mondo ignoto per verificare se stesso. Il terzo fattore, sempre “esterno”, è un’Inter diversa, sia per la qualità – più alta – che per il modo di giocare – più complesso. Se lo scorso anno, per via della mancanza di alternative, lo spartito di Spalletti prevedeva il dirottamento del pallone sulle fasce e una pioggia di cross per Icardi, che quindi limitava il suo raggio d’azione, ora la manovra nerazzurra è variegata e ragionata, dunque il capitano è invitato, e in una certa misura obbligato, a partecipare ai fraseggi. La differenza è che l’Inter ora funziona con Icardi, non più per Icardi.

Icardi contro il Napoli: un’azione su tutte, al 4′, quando si abbassa sulla trequarti e, girandosi, lancia Perisic in profondità alle spalle di Callejón. È da “nove” di manovra

Non è un caso che i retaggi del passato siano tornati a galla contro il Sassuolo, una squadra che cerca di dominare sul piano del possesso e che quindi ha impedito all’Inter di governare il gioco, mentre l’Inter è sembrata ingolfata dalle vacanze invernali. In questi casi, la squadra di Spalletti tende ancora ad abbandonare Icardi e quest’ultimo, in risposta, ad isolarsi, come se i meccanismi fossero talmente nuovi che non sono in grado di funzionare anche nei casi di “emergenza”. Insomma, se l’Inter incontra difficoltà a macinare gioco, Mauro non riesce ancora ad esserne totalmente immune, né a cancellare da solo i problemi collettivi. Ma se invece la squadra gira, a differenza del passato, Icardi ora ne amplifica il volume. Il punto ora è trovare l’equilibrio, ma l’impressione è che sia soltanto una questione di tempo.