Son si è preso il Tottenham

Il sudcoreano è diventato un elemento insostituibile per Pochettino.

Quando si parla di Tottenham, istintivamente, viene da pensare ai gol e alla potenza di Harry Kane, ai colpi ad effetto e alle esultanze “virali” di Dele Alli, oppure alla regia misurata e sempre lucida di Christian Eriksen. Raramente, pensando agli uomini guidati da Mauricio Pochettino e alle figure di spicco della sua squadra, emerge il nome di Heung-Min Son. Invece l’attaccante coreano, 26 anni, quarta annata con la maglia degli Spurs, si è migliorato partita dopo partita, stagione dopo stagione, affermandosi come uno dei migliori attaccanti della squadra, della Premier e – allargando un po’ lo sguardo – dell’intero panorama europeo. Un calciatore poco celebrato che, adesso, sta diventando difficile da ignorare.

Merito di numeri estremamente significativi e di performance importanti anche sotto il profilo della leadership. Come è accaduto alla fine di gennaio: il Tottenham privo degli infortunati Kane e Dele Alli, già precocemente eliminato dalle coppe nazionali, era atteso da due gare di Premier in poco più di 48 ore. E allora Son è saltato su un volo intercontinentale subito dopo la sconfitta della sua Corea del Sud nei quarti di Coppa d’Asia per raggiungere Londra. Il giorno successivo, “Sonny” era già in campo per allenarsi, disponibile per giocare uno spezzone di gara. Il mercoledì sera ha guidato l’attacco dal primo minuto al fischio finale, ispirando con il suo gol la rimonta ai danni del Watford (2-1); il sabato pomeriggio ha timbrato il cartellino dei marcatori per la decima volta in campionato, regalando tre punti pesantissimi contro il Newcastle (1-0). Una vittoria fondamentale per accorciare le distanze dalla vetta, tenere alta la fiducia e mettere pressione al Liverpool e al Manchester City. Le cifre assolute dicono che Son ha contribuito in maniera diretta a 59 reti degli Spurs, in 119 partite di Premier League: 41 le ha realizzate in prima persona, 18 sono state segnate su un suo passaggio. E allora perché questo giocatore gode di così poca considerazione, se non forse fra i suoi tifosi e fra gli addetti ai lavori?

Un po’ di gol di Son, con la maglia della Nazionale sudcoreana e del Tottenham

Le possibili spiegazioni sono diverse. Una la possiamo ricollegare al basso profilo che tiene: Son è poco “personaggio”, non va mai sopra le righe, gestisce in maniera molto sobria la propria immagine. Anche dando uno sguardo ai suoi profili social, sembra essere completamente focalizzato sui suoi impegni professionali: tanto campo, messaggi post-partita o motivazionali, qualche concessione agli sponsor di cui è testimonial e poca, pochissima vita privata. Notevole, soprattutto se si pensa che stiamo comunque parlando dello sportivo più celebre del suo Paese, del capitano della Nazionale, un vero idolo per milioni di coreani.

Ma c’è anche una ragione più strettamente calcistica che può spiegare il suo passare quasi “inosservato”. Heung-Min Son, infatti, si è evoluto diventando un eccellente esemplare di attaccante moderno: non diresti mai che è il migliore a fare qualcosa, ma è in grado di fare (dannatamente bene) molte cose. E – soprattutto – è capace di influenzare il gioco con il solo movimento, anche lontano dalla palla. Quello che al suo arrivo a Londra veniva identificato solamente come un buon esterno offensivo, dotato di uno spunto molto veloce, è diventato un giocatore in grado di ricoprire ogni ruolo d’attacco nei vari schemi proposti da Pochettino (dal 4-2-3-1 al rombo più due punte), ma soprattutto eccellente nell’adattamento alle varie situazioni di gioco e ai momenti delle partite.

Il pezzo forte della casa può essere considerato ancora la progressione in campo aperto (ha segnato così anche il 10 febbraio, contro il Leicester, ed è il miglior marcatore da contrattacco della Premier League 2017/18 con 4 reti), ma con il passare delle stagioni Son ha aggiunto parecchie armi al suo arsenale. A impressionare sono soprattutto gli interscambi con i compagni d’attacco, che rendono una vera impresa per qualsiasi difesa (ne sa qualcosa la Juventus) controllare movimenti e azioni del quartetto titolare – formato dal coreano con Kane, Dele ed Eriksen. Ma nella sua evoluzione più recente, questa di inizio 2019, Son si è rivelato decisivo anche senza i due compagni di maggior talento accanto. Merito dell’attitudine alla corsa e al sacrificio, ma anche di una “nuova” intelligenza calcistica, coltivata con cura da Pochettino. Proprio l’allenatore che lo ha prelevato dal Bayer Leverkusen e che, alla vigilia del secondo anno assieme lo ha convinto a non lasciare il Tottenham e la Premier per tornare nella comfort zone della Bundesliga, di recente ha pronunciato queste parole: «Sonny è come una batteria. Lavora, lavora, lavora finché non è completamente scarica. Lui è così: ti dà tutto, con e senza palla, e quando è esaurito ti dice “Ok, ho bisogno di uscire” o “Devo riposare”. È un grande esempio per tutti».

Ma, e il tecnico argentino lo sa bene, il calcio non è solo una questione di quantità: «Non è tanto un fatto di distanze percorse, quanto di qualità della corsa. La cosa più importante è come corri, come influenzi il gioco. Non diresti mai che Leo Messi corre più degli altri. Ma nella distanza che ha percorso conta il ritmo o la potenza che ci ha messo nel momento in cui faceva la differenza. Sonny è simile, la sua qualità è al top perché si muove e corre con qualità».

Il paragone con Messi può sembrare irriverente, ma aiuta a sottolineare meglio quelle che sono le doti che hanno reso Heung-Min Son uno dei migliori attaccanti d’Europa. I suoi movimenti continui servono a trovare la migliore posizione per fare male all’avversario, uno dei più caratteristici è quello che lo vede partire dalla fascia ed accentrarsi per poi calciare a rete, indifferentemente con il destro e il sinistro, in teoria “piede debole”; ma non sono meno efficaci i tagli profondi alle spalle del suo attaccante centrale, quando questi – di solito Kane – viene incontro al pallone per aiutare la manovra. In questo modo impedisce alla difesa avversaria di collassare sul centravanti, ma soprattutto offre ai compagni la possibilità di lanciarlo direttamente verso la porta. Non è un caso che riesca ad essere così influente toccando la palla molto meno dei compagni di reparto: 30 tocchi in media a partita, contro i 44 di Dele e i 58 di Eriksen. Tutto questo eccellendo anche nel pressing e allargando, oltretutto, il proprio raggio d’azione – una nuova dimensione tattica che si evince dal confronto delle heatmap stagionali SofaScore del numero 7, Son ha via via abbandonato la fascia laterale per coprire le altre zone “calde” attorno all’area di rigore.

La sfida che adesso aspetta il “nuovo” Heung-Min Son si chiama Champions League. Gli ottavi di finale contro il Borussia Dortmund (stasera il match d’andata) sono una buona occasione per comprovare anche a livello europeo questa crescita, limare qualche difetto (scarsa presenza in area di rigore, qualche ultima scelta sbagliata di troppo) e ottenere finalmente l’apprezzamento unanime che merita.