L’Ajax ha vinto con i giovani

La rosa di ten Hag è la più giovane degli ottavi di Champions.

L’Ajax ha dominato e vinto a Madrid, chiudendo l’era del Real campione d’Europa per 1011 giorni consecutivi. Un’impresa incredibile, che accresce il suo valore se pensiamo che la squadra di Amsterdam ha la rosa più giovane delle sedici qualificate agli ottavi: l’età media di tutti i giocatori di ten Hag tocca quota 24,1 anni. Il capitano, De Ligt, è un classe ’99; la stella, De Jong (da giugno al Barça), è nato nel 1997. Non è solo una questione di età, ma anche di cultura giovanile: tra i titolari in campo a Madrid, c’erano quattro calciatori che hanno compiuto l’intero percorso di formazione nell’Academy dell’Ajax (Mazraoui, De Ligt, Blind, van de Beek); tre sono stati acquistati da adolescenti (Onana, De Jong e David Neres); le eccezioni al modello sono rappresentate da Tagliafico, Schöne, Ziyech e Dusan Tadic, il grande protagonista della notte del Bernabéu. Partendo da questi dati, è abbastanza facile ricostruire il costo storico della squadra titolare. Per acquistare gli undici calciatori schierati ieri sera da ten Hag, l’Ajax ha investito poco più di 50 milioni di euro, di cui 34.5 per i tre attaccanti e altri 16 per il riacquisto di Daley Blind dal Manchester United.

È la grande forza dell’Ajax, che ieri ha raggiunto l’apice della sua storia recente. Il progetto che ha rimesso il club olandese al centro del calcio europeo è iniziato qualche anno fa, e aveva già portato questa nuova generazione di aspiranti campioni a un’inattesa finale di Europa League, persa contro il Manchester United di Mourinho. Chi pensava non si potesse andare oltre è stato clamorosamente smentito: l’Ajax ha adattato la sua secolare identità – e quindi le sue politiche manageriali – al calcio contemporaneo, in questo modo ha costruito una squadra dal gioco sofisticato e riconoscibile, partendo dalla forza del settore giovanile. È anche una questione di congiunture favorevoli – la fioritura di talento di fine anni Novanta è davvero eccezionale –, ma il ritorno ai quarti di finale di Champions a sedici anni dall’ultima volta è ampiamente meritato. E può rappresentare un modello di crescita sostenibile per molti club in giro per l’Europa.