La vittoria del talento

L'Italia Under 21 ha battuto la Spagna, e le è sembrata superiore.

Federico Chiesa e Lorenzo Pellegrini sono gli unici giocatori che hanno giocato le ultime due partite dell’Italia Under 21 agli Europei di categoria. Entrambe contro la Spagna. Quella del 27 giugno del 2017 si concluse con la vittoria della Rojita per 3-1, tripletta di Saúl Ñíguez e rete di Bernardeschi; quella di ieri sera è finita con lo stesso punteggio, stavolta in favore dell’Italia. I tre gol degli Azzurrini sono stati segnati proprio da Chiesa (doppietta) e Pellegrini. È inevitabile pensare che sia tutto merito – o colpa, a seconda dei punti di vista – dell’inesauribile capacità mitopoietica del calcio, quella cosa che ci fa amare uno sport essenzialmente noioso, ma che è riuscita anche stavolta a costruire una storia circolare, quasi crudele nella sua perfezione, in cui tutto inizia e si svolge e poi finisce inquadrando gli stessi uomini, solo a parti invertite. In realtà Italia-Spagna ci ha dato e raccontato molto di più, perché stavolta il ribaltamento dei ruoli non è un improvviso plot twist, piuttosto è il risultato dell’incontro tra due componenti fondamentali per fare bene nel calcio, come nella vita: il talento e il lavoro.

Nella calda serata di Bologna, la sensazione di tutti allo stadio era che l’Italia non fosse inferiore alla Spagna. Che non fosse più inferiore alla Spagna, dopo anni di enorme distanza reale e percepita – nel 2013 un’altra bella Under 21 azzurra perse una finale europea sempre contro la Rojita, quella volta il mattatore fu Thiago Alcantara, autore di tre gol nel 4-2 di Gerusalemme. Nel postpartita, il ct dell’Italia Under 21 Luigi Di Biagio ha spiegato – sicuramente meglio di tutti, forse senza neanche accorgersene – perché la sua squadra è risultata essere più forte, nella percezione come nel risultato, rispetto ai suoi avversari: «Abbiamo iniziato male, abbiamo sofferto il loro palleggio. Poi però abbiamo reagito, piano piano siamo usciti e i ragazzi hanno chiuso la partita davvero alla grande». Semplicemente, l’allenatore e il suo staff erano e sono consapevoli di aver pensato e costruito una squadra che esalta il talento dei suoi migliori giocatori. La cosa migliore da fare quando l’ultima generazione è composta da elementi come Chiesa, Pellegrini, Barella, Kean, Cutrone, Zaniolo, Orsolini, Mandragora, un gruppo di qualità che è stato messo nelle condizioni di esprimersi al meglio. E che, proprio per questo, ha battuto la Spagna e ora si candida al ruolo di favorito nella corsa agli Europei.

Gli highlights della partita del Dall’Ara sono la trasposizione delle parole di Di Biagio: nei primi minuti la Spagna ha imposto il suo palleggio – e quindi il suo ritmo – a un’Italia tesa, contratta, che non riusciva a trovare i tempi per chiudere le mille combinazioni degli avversari. Il bellissimo gol di Ceballos è arrivato proprio così, al termine di una manovra apparentemente molto semplice per la Spagna, in cui tutto è sembrato estremamente naturale, spontaneo, eppure perfettamente studiato, con tanti passaggi dei calciatori in maglia rossa che giocavano tra le linee e poi il tiro a girare, nell’angolo alto alla sinistra di Meret.

Era evidente che il modello di gioco degli spagnoli fosse più strutturato, quantomeno più riconoscibile rispetto a quello degli Azzurrini: ricerca del possesso palla per muovere la difesa avversaria, gioco di posizione e/o creazione del lato debole per cercare di finalizzare la manovra. Poi però l’Italia ha iniziato a giocare, nel senso che ha alzato il ritmo del suo gioco, e allora la Spagna ha dovuto adattarsi all’avversario, un avversario di grande qualità. Solo che alla Spagna non è bastato, non poteva bastare, perché due giocate veloci e intelligenti di Zaniolo e Barella hanno creato le migliori condizioni possibili per accendere Federico Chiesa: uno contro uno sulla fascia sinistra, marcatore saltato in velocità e portiere avversario beffato sul suo palo.

Il primo gol di Chiesa

Una rete bellissima, e non casuale: da diversi minuti la Spagna rimaneva chiusa nella sua metà campo, era costretta a subire la pressione dell’Italia, non riusciva ad orchestrare il possesso con la stessa efficacia e la stessa precisione. La Rojita è stata schiacciata dal talento dei suoi avversari, dalla forza di un’Italia forse meno sofisticata nella sua identità tattica, ma – da un certo punto in poi – sempre aggressiva, propositiva, mai speculativa, passiva o attendista in tutte le fasi di gioco. Diversamente dalla Nazionale maggiore di Mancini, che aspira a tenere palla per sfruttare le doti dei suoi migliori elementi, quelli più tecnici – il regista, le mezzali e gli attaccanti laterali –, l’Under 21 di Di Biagio può godere di enorme qualità offensiva: ieri sera, per dire, il ct ha potuto schierare Zaniolo, Kean, Chiesa, Cutrone e Orsolini nella stessa partita, più due centrocampisti bravi nelle letture avanzate come Barella e Pellegrini.

Inevitabile che una squadra assemblata in questo modo pratichi un calcio diverso, preferisca cercare spazi più ampi, ambisca a costruire azioni pericolose attraverso manovre più dirette, più verticali. Non a caso il secondo gol nasce dal pressing alto di Calabresi e si concretizza grazie a un servizio immediato di Orsolini per Cutrone, il centravanti del Milan ha attaccato lo spazio e poi ha difeso benissimo la palla, finita sul piede di Chiesa e poi nella porta di Unai Simón, 22enne dell’Athletic Bilbao.

Il secondo gol di Chiesa

Più delle due reti di Chiesa, però, il rigore finale di Pellegrini è stata la fotografia perfetta della partita. Il centrocampista della Roma ha spiazzato con una finta Unai Simón, l’ha fatto mostrando certezza e sicurezza rispetto ai propri mezzi tecnici, oltre alla capacità di adoperarli nel modo e nel momento opportuno. Senza paura, senza riserve. Esattamente come ha fatto l’Italia dopo il vantaggio della Spagna. Per tutti questi motivi, la vera notizia che arriva da Bologna è che l’Under azzurra 21 può aver aperto una nuova era di consapevolezza, di risposta alla subordinazione: una delle migliori squadre giovanili d’Europa (secondo i dati di Transfermarkt i 23 convocati della Rojita hanno un valore di mercato di 437 milioni di euro, l’Italia si ferma a 415) è stata battuta con pieno merito, e soprattutto le è stato impedito per lunghi tratti di praticare il suo calcio.

L’Italia Under 21 di Di Biagio, Chiesa, Pellegrini, Barella e Kean, ma anche di Mancini, Bonifazi, Dimarco, Mandragora – sempre concentrati nonostante una fase difensiva ambiziosa, fondata su ampie distanze e quindi su tempi di anticipo molto rischiosi – non ha solamente vinto la partita, è andata decisamente oltre: ha dimostrato di aver imparato a imporre se stessa, di poter dominare il ritmo della gara e i suoi avversari, di saper coinvolgere emotivamente il pubblico grazie a un’identità propria e nuova che non imita nessuno, piuttosto recepisce l’evoluzione del gioco e poi la modella per esaltare dei giocatori con grandi qualità e un potenziale enorme, ancora tutto da scoprire, probabilmente superiore a quello dei loro coetanei di altre nazioni, come non succedeva da tempo. È l’incontro perfetto tra il lavoro e il talento, e non c’è modo migliore per divertirsi nel presente, per costruire il futuro.