Adesso l’Europa vuole i giovani calciatori americani, e viceversa

C'è una battaglia in corso tra squadre Mls e club europei, solo che i giocatori Usa preferiscono lasciare il Paese: colpa del sistema sportivo americano?

Da molti anni, praticamente da sempre, tutti aspettano che il calcio statunitense possa decollare ed esplodere definitivamente. Forse quel momento è arrivato, forse sta arrivando o comunque non è mai stato così vicino: se consideriamo le 32 squadre arrivate alla fase a gironi di Champions League, ci sono ben 12 calciatori di nazionalità americana; certo, non tutti giocano da titolare (per esempio Steffen del Manchester City) e alcuni di loro non sono ancora famosissimi (Siebatcheu dello Young Boys e Ottasowie del Bruges), ma resta il fatto che il trend è molto cambiato, ovviamente in meglio, rispetto a pochi o pochissimi anni fa. Questa crescita corporativa del movimento è evidente anche a livello giovanile: secondo un lungo reportage di Espn, diversi club europei hanno creato o alimentato dei rapporti piuttosto profondi con il sistema di formazione americano, attraverso degli accordi di partnership ma anche con l’istituzione di accademie ufficiali.

Proprio quest’ultimo aspetto sta creando una sorta di tensione competitiva con la Mls, intesa come lega e come gruppo di società, che ovviamente vorrebbe mantenere i suoi talenti all’interno degli Stati Uniti. Il problema sta nel complicato incastro tra il sistema sportivo americano e quello europeo, due mondi diversissimi tra loro: proprio per evitare che i giovani si trasferiscano in Europa troppo presto, la Mls ha deciso di creare una sorta di percorso preferenziale per i giocatori che riescono a entrare nelle accademie dei club iscritti alla lega, esentandoli dall’annuale Superdraft che si svolge annualmente e assegna i giocatori dei college alle varie franchigie – come avviene in tutti gli altri sport nordamericani.

In questo contesto, però, le società europee si sono inserite seguendo strategie molto diverse: il City Football Group ha fondato il New York City, il gruppo Red Bull ha rilevato le quote dei New York Metrostars e li ha trasformati nei New York Red Bull; il Psg ha costruito una struttura giovanile con cinque campi a Fort Lauderdale e ha altri centri sparsi per il Paese; il Liverpool, il Barcellona e il Villarreal hanno creato delle Academy sul posto affiliandosi con diverse società giovanili; anche il Bayern Monaco ha delle affiliazioni, inoltre ha stipulato un accordo con il FC Dallas per “guidare” lo sviluppo delle strategie calcistiche del club. Sulla carta tutte queste operazioni mirano a far crescere il calcio statunitense, ma in realtà sono un modo per entrare in contatto con un bacino di talento potenzialmente enorme, per fare business, per fare ciò che da sempre avviene in Europa: mettere le mani sui migliori giocatori, magari prima di tutti gli altri.

Il punto è che molti giovani americani vogliono bruciare le tappe e trasferirsi subito in Europa: una situazione che, da una parte, favorisce lo sviluppo del calcio statunitense e la sua riconoscibilità, esattamente com’è avvenuto per i Paesi europei che sono riusciti a esportare giocatori di basket in Nba; dall’altra parte, però, c’è il pericolo che la Mls diventi una lega esclusivamente di sviluppo, con un appeal inevitabilmente inferiore rispetto ai campionati europei. È un problema esplicitato in maniera chiara da Dan Dunt, presidente del FC Dallas: «Più vedi i calciatori americani brillare in televisione, più i bambini americani saranno desiderosi di iniziare a giocare. E questo, ovviamente, è un bene per il nostro movimento. Però perderemo inevitabilmente dei talenti nei prossimi anni, quindi sarà necessario sviluppare altro talento per poter rimanere competitivi». Un altro aspetto su cui lavorare riguarda dunque l’attrattività della Mls: in questo momento, i calciatori americani possono lasciare il Paese e trasferirsi in Europa prima dei 18 anni, se possiedono un secondo passaporto comunitario, oppure dopo essere diventati maggiorenni. Per cercare di ridurre le possibilità di fuga, i club Usa stanno cercando di creare un’identità con i loro talenti: Dave Sanford, ex capo del settore giovanile del DC United, ha spiegato che «una parte importante del nostro lavoro è forgiare una passione nei giocatori che si formano nel nostro vivaio: li facciamo interagire con gli atleti professionisti, li usiamo come raccattapalle, insomma cerchiamo di creare un legame che poi potrà influire quando dovranno scegliere dove proseguire la loro carriera». Quello che succede da anni, anzi da sempre, nel calcio europeo.

Ma l’attrazione verso l’Europa resta fortissima: negli Usa i club europei stanno cercando di ripercorrere le orme del Borussia Dortmund con Pulisic e Reyna, quindi di intensificare anche lo scouting “classico” e fare leva sul fatto che i giocatori locali preferirebbero lasciare il Paese piuttosto che legarsi alla Mls – una lega che detiene il controllo sul contratto e quindi sul cartellino del giocatore. Una delle storie raccontate da Espn è quella di Rokas Pukstas, 17enne che ha già lasciato gli Usa e ora milita nell’Hajduk Spalato, club croato: era uno dei migliori talenti dello Sporting Kansas City, ma all’improvviso decise di lasciare le strutture del club – che, tra l’altro, provvedevano a ospitare lui e la sua famiglia – pur di unirsi a un’accademia controllata dal Barcellona. Nella sua mente c’era il trasferimento in Europa, e in effetti è andata proprio così. Il caso di Pukstas è ovviamente un caso limite, perché è stato il Barcellona a scovarlo e a offrirgli una busta di studio per proseguire nel suo percorso di sviluppo, ma le famiglie di molti suoi compagni nell’Academy del club blaugrana investivano anche 70mila dollari l’anno pur di farli allenare con una squadra legata a una società europea. «Il problema è che dopo devi andare a giocare in Mls», ha detto Pukstas. «La mia volontà, invece, era quello di trasferirmi il prima possibile in Europa, e il Barcellona era un’occasione in questo senso». È lo stesso percorso di Reyna e Pulisic, è il sogno di tantissimi altri ragazzi che vorrebbero lasciare l’America e un sistema calcistico non (ancora?) allineato col mercato globale di questo sport. Si tratta di un limite che rallenterà lo sviluppo del movimento?