L’Ajax fa paura a tutti, di nuovo

L'eloquente 4-0 al Borussia Dortmund è un segnale chiaro: la squadra di Ten Hag è stata rivoluzionata rispetto a due anni fa, ma sembra possedere tutto ciò che serve per provare a ripetersi.

Pur essendo due squadre/società che provengono da universi lontanissimi tra loro, Ajax e Psg condividono una condanna: visto il loro dominio sul contesto interno, cioè su Ligue 1 ed Eredivisie, la misura delle loro reale competitività deve passare dall’Europa, dalle partite di Champions League, dai risultati e dalle sensazioni che emergono dopo le sfide contro le squadre più forti del continente. Ecco, in questo senso gli uomini di Ten Hag hanno dato una grande dimostrazione di forza: la gara col Borussia Dortmund era considerata un po’ da tutti come il primo grande esame di un inizio di stagione spumeggiante, ed è stato superato a pieni voti. Anzi, alla fine il 4-0 contro Haaland e compagni è andato ben oltre le aspettative, anche quelle molto rosee dovute ai numeri incredibili accumulati fino a ieri sera: 12 partite ufficiali con nove vittorie, un pareggio e due sconfitte, 39 gol fatti e solo sette subiti. Se escludiamo da questo conto l’inattesa e ampia debacle in Supercoppa d’Olanda (0-4 contro il Psv, ma va anche detto che la partita si è giocata il 7 agosto, una vita fa) e aggiungiamo il 4-0 confezionato ieri sera, le cifre diventano ancora più eloquenti: tra Eredivisie e Champions League, l’Ajax ha giocato 12 partite e ne ha vinte 10, con 43 gol realizzati e solamente tre subiti.

Il punto è che lo splendido avvio dell’Ajax va analizzato ben oltre i numeri: il gioco offensivo e spettacolare messo in mostra da una squadra totalmente rinnovata rispetto a tre stagioni fa, quando i vari De Ligt, De Jong e Van De Beek sfiorarono l’accesso alla finale di Champions League, ha già ammaliato l’Olanda e tutto il resto d’Europa. Il sito specializzato Voetbal International parla di «Totaalvoetbal 2.0», cita il lascito di Cruijff e spiega che il possesso palla della squadra di Ten Hag è «sofisticato, rapidissimo, sicurissimo e in questo modo l’Ajax ha tenuto a bada Haaland»; L’Équipe ha scritto che «ad Amsterdam si è rivisto il calcio attraente e modernissimo che tre anni fa portò l’Ajax a un passo dall’Olimpo»; lo Spiegel, scottato dalla manifesta inferiorità del Borussia, dal fatto che lo 0-4 incassato alla Johan Cruijff Arena sia la sconfitta più umiliante del BvB in Champions League, ha definito i giocatori di casa come «i discendenti di una meravigliosa tradizione calcistica, capaci di creare memorabili sequenze di passaggi, pericoli costanti alla difesa avversaria».

Ma chi sono questi giocatori, se la squadra è stata rivoluzionata? In realtà Mazraoui, Blind e Tadic sono ancora in campo, mentre Onana aspetta di poter rientrare dopo la squalifica per doping; ieri sera in panchina c’erano anche David Neres e Tagliafico, ma il punto è proprio questo: Marc Overmars ed Edwin van der Sar, le due anime dirigenziali dell’Ajax, hanno creato un sistema per cui i giocatori dell’Ajax possono cambiare e in effetti cambiano, ma l’essenza – tattica, emotiva, si può dire anche culturale – della squadra resta inalterata. E non solo perché i giovani sono stati rimpiazzati da altri giovani (ieri sera il 20enne Timber e il 19enne Gravenberch erano nella formazione titolare, poi dalla panchina sono entrati il 18enne Rensch e il 19enne Daramy), ma anche perché i nuovi acquisti sono stati fatti in modo da potersi inserire facilmente in questo contesto di gioco: Martínez, Alvárez, Antony e Berghuis sono giocatori tecnicamente dotati, elementi rapidi, intelligenti e sfrontati nel loro rapporto con la palla; Haller è un attaccante altissimo che però ha anche grande qualità nel tocco, nel dialogo con i compagni; il rientrante Klaassen e l’ex terzo portiere Pasveer, che con i loro 28 e 37 anni sono andati un po’ fuori target rispetto alla filosofia di mercato dell’Ajax, stanno dimostrando di essere giocatori affidabili – ieri sera il portiere che ha ereditato la maglia di titolare di Onana e dell’infortunato Stekelenburg è stato decisivo su Haaland.

Insomma, l’Ajax sembra aver aperto un nuovo ciclo. Merito di un modello di sviluppo del talento in grado di fornire costantemente dei giovani già pronti per la prima squadra. Di una (nuova) politica di mercato che, come detto, sta andando oltre i giovani senza però escluderli completamente – in questo senso, la scoperta e la crescita di Antony sono una delle tantissime medaglie da appuntare al petto della dirigenza. Merito anche – se non soprattutto – di Ten Hag, che ha deciso di continuare il suo progetto ad Amsterdam, anzi di iniziarne uno nuovo visti tutti i cambiamenti vissuti dall’Ajax: le due stagioni tra questo nuovo Ajax e quello che ha sfiorato la finale di Champions sono state segnate dalla pandemia, ma anche da un continuo lavoro di ricerca e miglioramento tattico, oggi la squadra di Amsterdam attacca e difende con la stessa ambizione e uguale qualità, evidentemente anche il tecnico ha ampliato molto le sue conoscenze.

Pressing e possesso asfissianti, gol del 4-0

Infine, ovviamente, merito anche dei giocatori: le anime storiche di questa squadra, i ragazzi, i nuovi arrivi. Un nome su tutti: Sebastien Haller, un centravanti puro che sembrava lontano anni luce dalla cultura e dal gioco dell’Ajax e che invece si è inserito benissimo, come testimoniano i suoi sei gol in tre partite di Champions League più altri 17 da gennaio a oggi. Anche questo è un segnale della crescita di Ten Hag, della società, dell’ambiente: l’Ajax è una squadra sicuramente diversa rispetto al passato, ma questo non le impedisce di fare paura a tutti, di nuovo. Sarà interessante, e soprattutto divertente, capire fino a che punto potrà arrivare, questa volta.