I ritiri estivi in Serie A, quando il calcio premia il calcio

La preparazione precampionato è il periodo in cui si costruisce la nuova stagione. Ma è anche il momento in cui i giocatori del campionato italiano votano per i premi assegnati al Gran Galà del Calcio, come racconta Gianni Grazioli, direttore generale dell’Assocalciatori.

Il ritiro estivo è il momento della stagione in cui si costruisce la squadra, lo spogliatoio, il gruppo. È l’anticamera di un campionato che durerà fino alla primavera successiva. È una fase di decompressione nell’anno solare di un calciatore, che di solito è impegnato in viaggi, trasferte, anzi magari solo i voli intercontinentali riescono a riempire i vuoti – ormai sempre più striminziti – tra una partita e l’altra. Il ritiro, dunque, è forse il momento ideale per riflettere a mente fredda sulla stagione appena conclusa: stabiliti tutti i verdetti, abbandonate tutte le scorie del campionato precedente, ritrovata la serenità, è più facile dare una valutazione della stagione che è appena andata in archivio. È per questo che l’Associazione Italiana Calciatori – il sindacato dei calciatori, in qualche modo – ha deciso di collocare proprio durante il ritiro estivo il momento in cui i calciatori votano i loro colleghi, determinando quindi le assegnazioni dei premi che saranno consegnati in occasione del Gran Galà del Calcio.

La giuria del Gran Galà del Calcio è formata da allenatori, arbitri, giornalisti, C.T. ed ex C.T. della Nazionale. Ma soprattutto dai giocatori della Serie A, che sono la maggioranza e meglio di chiunque altro possono giudicare compagni o avversari con i quali si sono affrontati direttamente sul campo. Anzi, quello consegnato al Gran Galà del calcio è l’unico premio che prevede il voto dei giocatori per i giocatori. «Lo grande particolarità del premio è proprio questa», dice a Undici Gianni Grazioli, direttore generale dell’Assocalciatori. «Non c’è nessuna giuria migliore, più preparata, dei calciatori. È giusto che siano loro a valutare i propri colleghi. E poi c’è un altro aspetto importante: il numero dei giocatori votanti, che sono circa 550, rende questa giuria molto variegata, gli permette di esprimere preferenze e sensibilità diverse». Prima di entrare nel vivo della conversazione, Grazioli ci tiene a specificare quali sono le tempistiche del voto dei calciatori. Perché negli ultimi anni qualcosa sta cambiando, nelle estati delle squadre di calcio: «Sempre più spesso i club integrano la preparazione precampionato con delle tournée all’estero, sono in giro per il mondo e sono sempre molto impegnate. Perciò i loro voti non arrivano nelle classiche settimane di metà luglio, piuttosto sono posticipati ad agosto, a ridosso dell’inizio della nuova stagione, quando si raccoglie la concentrazione prima delle partite che contano davvero. E anche se le rose possono essere cambiate a causa dei trasferimenti, votano solo i calciatori che hanno partecipato all’ultima stagione di Serie A, altrimenti si perderebbe il vero valore aggiunto di questa valutazione “dall’interno” dei giocatori».

Proprio i trasferimenti consentiti fino a settembre e le amichevoli all’estero hanno cambiato non tanto il senso, quanto le metodologie e gli obiettivi dei ritiri precampionato. In un’intervista di qualche anno fa a Undici, il preparatore atletico Alberto Bartali – ex di Galatasaray e Zenit San Pietroburgo, oggi alla Ternana, spiegò che «sarebbe giusto iniziare a utilizzare una denominazione diversa, per esempio ‘periodo pre-agonistico’: in quelle settimane passate in montagna non è che si accumulano energie per la nuova stagione, piuttosto si rientra in forma con un allenamento personalizzato, in cui si integra il lavoro atletico con quello tecnico-tattico». Insomma, gli scenari sono cambiati: le immagini bucoliche dei calciatori che corrono a torso nudo nei boschi e non toccano mai la palla sono piuttosto rétro, oggi i giorni estivi passati in ritiro sono fatti di questi momenti, ma anche di esercitazioni con i droni sui movimenti della linea difensiva, di torelli, di momenti di svago. È un’integrazione di passato e futuro, di cose diverse. È un’integrazione che funziona, come tutte quelle fatte e perseguite nel modo giusto.

Anche i premi calcistici, quelli assegnati a squadre e giocatori, sono ormai un’integrazione di cose diverse, di passato e futuro. Storicamente i riconoscimenti vanno ai calciatori della squadra che trionfa in campionato, al capocannoniere, all’allenatore che vinto lo scudetto. Ma non è una regola fissa, o almeno non lo è più: l’alto numero dei calciatori votanti, per quanto riguarda i premi che poi saranno conferiti al Gran Galà del Calcio, rende i giudizi sempre molto stratificati, multiformi, variegati. E poi il fatto che non siano espressi subito dopo la fine del campionato, piuttosto in estate, quando la stagione è finita da un po’ e quindi la mente è più lucida, amplia ulteriormente le prospettive. Nel ultimi anni, ad esempio, sono stati premiati in più occasioni i giocatori dell’Atalanta, una squadra che forse non ha in rosa molti campioni di primissima fascia, ma è una protagonista assoluta della Serie A, è la protagonista di un percorso di crescita che l’ha portata a conquistare tre qualificazioni consecutive in Champions League. I meriti della Dea si ritrovano ad esempio nella miglior formazione – un undici ideale, quasi sempre schierato con un 4-3-3 per inserire un numero omogeneo di giocatori per ogni ruolo – composta nelle ultime stagioni: sono stati votati Josip Ilicic (2019), Duván Zapata (2019), Robin Gosens (2020) e Papu Gómez (2020).

In passato nella miglior formazione sono entrati giocatori che hanno fatto la storia del campionato italiano. Ovviamente c’è Cristiano Ronaldo, premiato due volte con il titolo di miglior giocatore. E poi ci sono campioni che hanno giocato stagioni eccellenti come Paul Pogba, Miralem Pjanic, Ciro Immobile, Gonzalo Higuaín. E ovviamente anche Andrea Pirlo e Zlatan Ibrahimovic, gli unici due che hanno vinto per tre volte il riconoscimento di miglior giocatore del campionato. Il premio di miglior calciatrice, invece, è stato inserito nel 2012 e la detentrice è Cristiana Girelli, l’attaccante della Juventus. Prima di lei ci sono solo altre quattro vincitrici. Andando a ritroso: Manuela Giugliano, Alia Guagni (due titoli consecutivi), Barbara Bonansea e poi Melania Gabbiadini, che ha dominato per i primi quattro anni. Anche la squadra dell’anno femminile sembra rispecchiare fedelmente le prestazioni in campo. Ci sono state solo due edizioni fin qui, e in entrambi i casi c’è una prevalenza di giocatrici della Juventus: un risultato tutto sommato atteso, visto il rendimento dell’undici bianconero. La portiera Laura Giuliani, oggi al Milan, è l’unica nel suo ruolo a comparire in questa speciale formazione (presente in entrambe le edizioni del premio). Come lei anche Elisa Bartoli, Alia Guagni, Aurora Galli, Manuela Giugliano e Valentina Cernoia sono state votate nel miglior undici del 2019 e del 2020.

«Sono spesso votazioni avvincenti, testa a testa che si decidono con scarti di poche decine di preferenze. Poi ovviamente c’è il riconoscimento delle stagioni incredibili di alcuni calciatori: nell’ultima edizione, ad esempio,  terzini come Theo Hernández e Robin Gosens sono stati scelti quasi all’unanimità come primi due difensori della Serie A, perché è chiaro che avessero giocato delle stagioni inarrivabili per tutti gli altri. Però sia il riconoscimento dell’eccellenza sia l’equilibrio generale che dicono i voti per tanti altri calciatori devono far pensare che i premi siano davvero una fotografia molto fedele di quel che abbiamo visto sul campo nella stagione precedente», dice il direttore Grazioli.

Ciro Immobile nel corso del ritiro precampionato con la Lazio. L’attaccante della Nazionale è stato premiato per tre volte nell’ambito del Gran Galà del Calcio: nel 2020, 2018 e 3014 è stato inserito nella Squadra dell’Anno, nel 2012 è stato nominato Miglior Calciatore della Serie B insieme a Verratti e Insigne, suoi compagni nel Pescara (Marco Rosi/Getty Images)

Scorrendo l’albo d’oro degli allenatori si può notare con quale frequenza ritorni, anno dopo anno, il nome di Massimiliano Allegri. Compare per la prima volta nel 2009, poi di nuovo nel 2010, sempre come secondo classificato alle spalle del vincitore (in entrambi i casi José Mourinho). Poi è arrivato il gradino più alto del podio: nel 2011, nel 2015, nel 2016 e di nuovo nel 2018 è stato votato come miglior allenatore dell’anno. Le ultime due edizioni invece riflettono, anche in questo caso, il rendimento straordinario dell’Atalanta e dei suoi giocatori: il detentore del titolo è Gian Piero Gasperini. È evidente che i calciatori della Serie A abbiano riconosciuto il merito del tecnico nella costruzione della squadra premiando il valore aggiunto dell’uomo che siede in panchina: senza di lui il progetto dell’Atalanta avrebbe avuto forme e numeri diversi. «Vincere lo scudetto», dice Grazioli «può sembrare decisivo, come testimoniano i successi in passato di Allegri o Antonio Conte, però mi sembra che ci sia una grande onestà nel votare il rendimento complessivo della squadra, il gioco, le prestazioni in rapporto alla rosa a disposizione».

La categoria premiata con il voto forse meno intuitivo e più sfuggente è quella degli arbitri. Questa votazione, spiega Grazioli, è quella solitamente più equilibrata per il 90%. Nel senso che «i giocatori esprimono quasi sempre un voto abbastanza eterogeneo per quanto riguarda i direttori di gara, tutti prendono voti. Però quasi ogni anno viene riconosciuta l’eccellenza, cioè notiamo che gli arbitri che vincono, da Rizzoli a Rocchi a Orsato, ricevono sempre moltissimi voti. Perché anche una grande stagione di un arbitro viene riconosciuta subito dai calciatori». Il direttore generale dell’Assocalciatori si concentra anche sullo sviluppo di questa stagione di Serie A, che sarà la seconda iniziata, proseguita – e forse conclusa – nel pieno di una pandemia. L’emergenza sanitaria non è ancora superata e tutta l’organizzazione, dalla Lega ai club fino ai giocatori, si sta comportando molto bene da questo punto di vista. «Apprezziamo molto l’atteggiamento di calciatori e club, abbiamo la più alta percentuale al mondo di vaccinati per un campionato: siamo intorno al 98%, siamo un esempio importantissimo non solo nei confronti dei calciatori di altri campionati, ma anche nei confronti dei cittadini».