Un algoritmo creato nella Silicon Valley sta aiutando il Liverpool a vincere tutto

Il turnover del manager tedesco è "consigliato" dai dati raccolti grazie a un software sviluppato negli Usa.

Guardando le formazioni di Southampton-Liverpool, in molti sono rimasti sorpresi dalle scelte di Jürgen Klopp. Il tecnico dei Reds ha infatti ruotato nove giocatori rispetto alla finale di FA Cup vinta ai rigori contro il Chelsea appena tre giorni prima. Un turnover che nessuno si aspettava, visto che, dopo l’1-1 del Manchester City contro il West Ham, con una vittoria i Reds potevano tornare a meno uno dalla squadra di Guardiola, riaprire di nuovo il campionato e continuare a sognare il Quadruple, ovvero la storica impresa di vincere tutti e quattro i trofei stagionali – League Cup e FA Cup sono già stati conquistati, mancano ancora Premier e Champions League. Le rotazioni fatte da Klopp sono state tutt’altro che casuali: secondo quanto rivelato da un articolo del Telegraph, i Reds si servono della tecnologia non solo per analizzare le proprie prestazioni e quelle degli avversari, ma anche e soprattutto per prevenire il rischio infortuni. Per farlo il Liverpool si appoggia a Zone7, una società di intelligenza artificiale con sede nella Silicon Valley, che utilizza algoritmi informatici all’avanguardia per rilevare il rischio di lesioni e raccomandare azioni preventive.

I dati dicono che da quest’anno, ovvero da quando il Liverpool si avvale di questa tecnologia, il numero di giornate perse da ogni calciatore per infortunio è diminuito di oltre un terzo: dai 1500 giorni persi per infortunio lungo tutta l’annata 2020/21 si è passati a 1008, e il calo più netto si è evidenziato nelle cosiddette “lesioni sostanziali”, ovvero quelle che comportano un’assenza superiore ai nove giorni: la diminuzione è quasi della metà, da 1409 a 841 eventi. Risultati straordinari, per una squadra che ha giocato tutte le partite di ogni competizione a cui ha partecipato, esponendosi quindi a un costante e altissimo rischio di infortuni.

La prevenzione è stata però possibile lungo tutto l’arco della stagione grazie ad un’analisi di un pacchetto completo di dati riguardante ogni singolo giocatore. Zone7 ha analizzato dati di gioco e di allenamento, livelli biometrici, di forza, di sonno, flessibilità e stress per creare segnali di rischio e interventi pratici. «Il calcio è diventato ricco di dati», ha spiegato Tal Brown, amministratore delegato e fondatore di Zone7. «E se si riesce a estrarne un valore profondo, puoi ottenere un vantaggio competitivo. Questo è già ben consolidato nell’area dello scouting e della ricerca dei talenti, e ora sta iniziando a verificarsi nella misurazione e nel tentativo di ottimizzare il benessere e le prestazioni dei giocatori»

Le informazioni vengono poi passate tramite un’app specifica alla società fino ad arrivare allo staff medico, che prende le proprie decisioni anche in base alle indicazioni ricevute: «Il software può simulare scenari ottimali giorno per giorno, in modo che i giocatori si muovano verso il loro picco di prestazione e il rischio di infortuni sia ridotto al minimo. A volte questo può significare una riduzione del carico di lavoro, o di un tipo specifico di allenamento come lo sprint. A volte un giocatore può essere poco allenato e potrebbe essere necessario un lavoro aggiuntivo». Periodi di riposo troppo lunghi potrebbero infatti nascondere diverse insidie muscolari, come spiegato sempre da Brown: «Abbiamo riscontrato in tutte le squadre che, in circa un terzo dei casi, il rischio di infortunio è attribuito all’allenamento insufficiente e non al sovrallenamento». I viaggi, il sonno, persino una notte in hotel dopo una partita: tutto è studiato per prevenire gli infortuni.

Nel 2020 il software si era evoluto a tal punto che in Zone7 erano convinti fosse in grado di prevenire oltre il 70% degli infortuni, studiando la correlazione tra carico di gioco e lesioni. Un rischio che aumenta in particolare se si giocano sei partite in 30 giorni. Il Liverpool nell’ultimo mese ne ha giocate nove, ma non ha mai rinunciato, fin dall’inizio della stagione, a ruotare spesso i suoi uomini. Anche ad agosto e settembre, quando il campionato era appena iniziato e solitamente gli allenatori cambiano poco, i Reds avevano una media di quattro rotazioni a partita. Faceva tutto parte di una strategia che permetteva ai titolari di non sovraccaricarsi in vista dei tanti impegni della stagione, e alle riserve di costruire una forma fisica che gli permettesse di essere pronti a ogni evenienza. «Klopp conosce la scienza dello sport: usa le informazioni e ha un team davvero collaborativo. Ha sviluppato una strategia, pianificata per tutta la stagione, e poi ha ruotato deliberatamente e in modo proattivo in anticipo in modo che i giocatori abbiano un carico cronico specifico» ha rivelato Simon Brundish, consulente scientifico sportivo dei Reds. Certo, il Liverpool non è il solo club inglese ad avvalersi di una tecnologia del genere. Metà dei club di Premier League, infatti, come mostrato in questo articolo, utilizzano la realtà virtuale per la riabilitazione e l’allenamento, anche grazie all’ausilio di un visore e un controller manuale, utili per aumentare le capacità cognitive, allenando così la tenuta mentale insieme a quella fisica. Ma Klopp e il suo staff sembrano aver già fatto un passo in più. L’ennesimo.