Julián Álvarez è già pronto per Guardiola, per il City, per il grande calcio europeo

È cresciuto ed è esploso nel River Plate di Marcelo Gallardo, una delle squadre più avanzate del Sudamerica, e questo lo rende un attaccante modernissio, potenzialmente in grado di fare tutto.

Soltanto pochi giorni fa, in un’intervista rilasciata a Espn, Pep Guardiola ha presentato due dei nuovi acquisti del suo Manchester City, Kalvin Phillips e Julián Álvarez. Parlando dell’ex Leeds, ha menzionato Marcelo Bielsa – una delle figure più influenti, nello sviluppo della sua idea di calcio – e la sua capacità unica di migliorare i giocatori, mentre per il secondo ha evidenziato l’importanza del lavoro di Marcelo Gallardo. Se dall’altra parte del mondo esiste qualcosa di simile al Manchester City di Guardiola, ovvero un top club che da ormai quasi un decennio vince con continuità ed esprime un calcio di avanguardia grazie alle idee di uno dei migliori allenatori rispetto al contesto di riferimento, è senza dubbio il River Plate del Muñeco. In Sudamerica una florida scuola argentina di allenatori – e anche qui Bielsa ha lasciato il segno – e le contaminazioni straniere dal Brasile (vedi Abel Ferreira, bicampione d’America con il Palmeiras, e precedentemente Jorge Jesus) sono i punti di maggior interesse del subcontinente a livello tattico, e la figura di Gallardo è quella che si eleva su tutte le altre: non tanto per i (molti) titoli vinti, ma perché nessuna altra squadra dal 2014 ad oggi è riuscita a costruire qualcosa di così avanzato, vincente e duraturo, nonostante le avversità e la necessità di reinventarsi e rigenerarsi di continuo che le circostanze impongono a una squadra argentina.

Julián Álvarez è probabilmente la creatura perfetta di Marcelo Gallardo, l’attaccante con il massimo potenziale su cui il Muñeco abbia lavorato in questi otto anni al River. L’allenatore argentino ha spesso costruito la sua squadra su due punte (in alternativa il tridente, dove Julián può posizionarsi ovunque), con richieste molto più complesse rispetto alla pura e semplice finalizzazione: da Teo Gutierrez a Lucas Alario, passando per Seba Driussi, Matías Suárez, Lucas Pratto e Rafael Santos Borré, gli attaccanti di Gallardo devono spaziare, scegliere quando venire incontro e associarsi, allargarsi e generare triangoli, oppure attaccare la profondità, e di conseguenza devono avere un set di caratteristiche molto ampio. Il profilo tecnico di Julián Álvarez, a questo proposito, è un libro di innumerevoli pagine e il suo gol all’esordio nel Community Shield contro il Liverpool ne ha già dato una piccola dimostrazione, non tanto perché dà un saggio del suo istinto da finalizzatore, ma perché nasce da un suo recupero a metà campo e si sviluppa attraverso un suo appoggio di testa all’indietro per un compagno, una giocata tutt’altro che scontata. Nel 2018, l’anno in cui da totale sconosciuto venne buttato nella mischia nel momento decisivo della finale più epocale e sentita della storia della Copa Libertadores, Gallardo lo definì con tre parole: calidad, generosidad y picardia. Vale a dire: qualità, generosità e scaltrezza.

Le qualità del ragazzo nato a Calchin, nei pressi di Cordoba, sono purissime, e lo rendono un calciatore autosufficiente dal punto di vista tattico. Allo stesso tempo sono state modellate dal lavoro di Gallardo in un sistema con una proposta estremamente simile, per principi, a quelle dei contesti europei più competitivi: insomma, Julián Álvarez non è solo un calciatore forte, ma è anche pronto, o per meglio dire preparato, per giocare nel Manchester City, come lo sarebbe stato anche per giocare nel Liverpool, o in qualsiasi altro contesto di élite. L’aspetto più interessante del suo calcio, a questo proposito, è il grande arsenale di opzioni che possiede quando riceve palla fuori area: ha un buon primo controllo ed è preciso sia nell’alimentare le catene sulla fascia che nel servire cross o cambiare gioco, ma il dettaglio che lo rende già adatto al calcio europeo di vertice, oltre che incredibilmente moderno, è la facilità con cui sa tenere alto il ritmo delle combinazioni offensive, giocando di prima con estrema precisione. Nei fraseggi rapidi difficilmente interrompe il flusso del gioco, anzi, si trova perfettamente a suo agio nell’intensità, sia perché ha la qualità per poterlo fare sbagliando relativamente poco, sia perché dà spesso la sensazione di aver già in mente il passaggio da fare. Inoltre, come molte delle punte di Gallardo, non ha problemi a verticalizzare e servire chi attacca lo spazio: nella Primera Division del 2021 – quella della sua esplosione definitiva – ha realizzato in media 2.1 passaggi chiave ogni 90′, l’ottavo valore del campionato in assoluto, il primo considerando solo le punte. È un giocatore molto intelligente, sia con che senza palla, ma non per questo rinuncia a fare scelte audaci.

Fisicamente Julián non supera il metro e settanta. Eppure non è esile, e ha una padronanza del proprio corpo che lo ha sempre fatto risultare ostico nei duelli, quantomeno quando si tratta di inseguirlo se gioca spalle alla porta: una volta ricevuto il pallone, è molto abile a lavorarlo nel traffico, ad allontanarsi dalle zone calde, d difendere palla con sterzate ripetute e nel frattempo usare il corpo per resistere. Nell’intervista di presentazione sul sito ufficiale del suo nuovo club, Julián Álvarez ha scelto però altre due sue caratteristiche per definirsi: la capacità di trovare spazi e di finalizzare. E non ha tutti i torti: ad appena ventidue anni ha già segnato 54 gol con la maglia del River Plate, contando tutte le competizioni ufficiali, di cui 18 nella scorsa Superliga argentina, tra l’altro in 21 partite. E poi sei in una sola gara di Copa Libertadores, quella contro l’Alianza Lima (record assoluto della competizione, ma anche nella storia della Banda) finita 8-1 dello scorso 26 maggio. Al di là della differenza tecnica tra le due squadre, rivedere quella partita significa individuare tanti dei modi in cui il nuovo attaccante del City ama e sa segnare (tiri da fuori potenti, puliti e ben indirizzati, tocchi precisi a deviare all’angolino, attaccando bene lo spazio, o creandosi l’angolo di tiro con un paio di sterzate), ma la cosa più interessante da notare è il fatto che non sembra mai scollegarsi nemmeno per un attimo dal flusso di gioco, né risparmiarsi, anche a risultato acquisito: al 53esimo, sul 4-0 e con degli avversari ormai inermi, va a pressare il portiere dei peruviani, gli ruba palla e segna il quinto gol del River, come nelle partite di calcetto da tra amici in cui c’è un ex professionista che fa finta di non esserlo.  Poi ne segna altri due, entrambi bellissimi e celebrati con grande entusiasmo. La sua capacità di leggere gli spazi da attaccare e farsi trovare smarcato si abbina a buonissimi fondamentali da centravanti, come una tecnica di tiro notevole e anche molto variegata – che non ha paura di testare ripetutamente, da ogni posizione – e un fiuto particolare per le conclusioni angolate, di precisione e di potenza.

Testimonianze di una notte che Julián Álvarez non dimenticherà mai

Al di là dei singoli parametri, una componente importante del suo gioco offensivo, pur mantenendo intatta la tendenza a prendere decisioni giuste, è l’istintività con cui esegue la giocata: contro il San Lorenzo, ad esempio segna con una fucilata da fuori area che sfiora il palo, senza nemmeno pensare di aggiustarsela. Oppure, contro il Patronato, controllando un cross, si allunga la palla facendola rimbalzare fino all’area piccola e, non appena il portiere accenna l’uscita, lo supera toccandola di testa, come se quella giocata fosse un riflesso condizionato. La sua enorme propensione al dispendio di energie – altro retaggio del calcio aggressivo del Muñeco, altro aspetto in cui Pep troverà un giocatore già pronto – si traduce in fase offensiva in uno dei suoi strumenti più importanti sia per sostenere la continua ricerca di spazi che per costruirsi un tiro in situazione di uno-contro-uno. Non è un dribblatore, ma è un giocatore scattante, con un buon cambio di passo, una certa facilità a sterzare e mantenere il controllo della palla: la Premier League e il livello fisico e tecnico differente delle sue difese rispetto a quelle argentine – contro cui ha imperversato – sarà sicuramente un buon test per vedere fino a che punto possa rivelarsi un attaccante in grado di crearsi situazioni dal nulla con pochi spazi.

Quando gli è stato chiesto se Julián potesse giocare o meno insieme a Haaland, Guardiola ha risposto che sarebbe dipeso dai compiti degli esterni: restare largo e giocare in ampiezza sarebbe un lavoro che difficilmente valorizzerebbe Álvarez, mentre in caso contrario, venendo verso l’interno del campo potrebbe adattarsi. Per il resto, non ha dubbi: «Non ci siamo sbagliati, e questa è la cosa più importante», ha detto Pep a Espn. Credo sia stato un acquisto straordinario e che resterà molti anni qui. Approfitteremo di tutto il lavoro che ha fatto con il River e speriamo di poter aggiungere qualcosa al suo gioco, di capire in che altri modi possa continuare a crescere”.

Il percorso di adattamento di Julián Álvarez al Manchester City difficilmente sarà traumatico. Potrà esserlo quello a una nazione e a una cultura profondamente diverse dalle sue, potrà esserlo la concorrenza diretta o indiretta di un calciatore generazionale come Haaland, potrà esserlo l’impatto tra un contesto di riferimento nuovo, estremamente più esigente nelle richieste, e il suo livello tecnico o fisico, come accaduto inizialmente in Olanda a un altro argentino che giocherà la prossima stagione a Manchester, Lisandro Martínez – le sue qualità e i suoi esordi, ad ogni modo, sembrano un disincentivo a scommettergli contro – ma difficilmente lo sarà quello con il suo nuovo club. Julián Álvarez è il miglior giovane talento argentino, ma soprattutto è cresciuto ed esploso nel River Plate di Marcelo Gallardo, quindi conosce già il linguaggio calcistico che si parla nelle squadre di élite. Le premesse sembrano perfette: il limite a ciò che un calciatore così intelligente e talentuoso può diventare, come sempre con Guardiola, sta ben oltre il grigio cielo di Manchester.