Lezioni di calcio femminile da Harvard

Il viaggio della squadra americana di Harvard a Milano, per trovare il Milan femminile.

Negli ultimi anni il calcio femminile italiano si sta sviluppando molto a livello tecnico, economico, d’immagine: di movimento, insomma. Visto che per crescere bisogna imparare dai migliori, visto che gli Stati Uniti sono il Paese in cui il calcio femminile esprime il meglio di sé a livello mondiale, l’AC Milan Women sta creando connessioni sempre più forti con gli Usa: dopo aver partecipato alla Women’s Cup nel Kentucky la scorsa estate, i rossoneri hanno ospitato la squadra di Harvard, tra le migliori del Paese a livello universitario, per una giornata di confronto calcistico e culturale, in cui scambiarsi idee e metodi di lavoro. L’incontro è avvenuto lo scorso lunedì 13 marzo al Puma House of Football: «Interagire con squadre di campionati così importanti come quello americano, seppur giovanili, è sempre un’occasione per migliorare e crescere», ha detto a Undici Laura Fusetti, difensore classe 1990, al Milan dal 2018. «Da loro abbiamo tanto da imparare, soprattutto la cultura per lo sport e in particolare per il calcio femminile. Già nelle scuole primarie le ragazze possono contare su una buona base per giocare a calcio».

La cultura di cui parla Fusetti permette alle ragazze statunitensi di allenarsi in contesti e strutture formativi, in cui sviluppare da subito doti fisiche e mentali importanti per una calciatrice. «Quello che sicuramente possiamo imparare e prendere spunto riguarda soprattutto la costruzione del fisico», dice Angelica Soffia, 22enne centrocampista rossonera ormai stabilmente nel giro della Nazionale maggiore. «Loro curano la preparazione atletica dalla A alla Z già all’interno del programma scolastico, e questa cosa da noi ancora manca». Nell’amichevole giocata tra il Milan Women e la squadra statunitense, Soffia ha testato sul campo il gap psico-fisico che ancora separa il calcio femminile italiano da quello americano: «Le differenze principali tra noi e loro sono la preparazione atletica e la mentalità con cui affrontano lo sport: da loro fa parte proprio di un progetto culturale che ricopre i primi posti già da bambini». Non c’è stato solo calcio giocato, però, perché il programma della giornata prevedeva anche lezioni e incontri in cui l’intero mondo-Milan ha illustrato il suo progetto al club di Harvard.

Nei primi cinque anni di storia, la squadra femminile rossonera ha ottenuto tre terzi posti e un secondo posto, conquistando la prima, storica partecipazione alla Women Champions League, una competizione che oggi ha un appeal importante pure negli Stati Uniti: «Venire in Europa mi permetterebbe di giocare la Champions League e provare un ambiente professionale sorprendente», dice Anna Karpenko, portiere classe 2002, quando le abbiamo chiesto se un passaggio in Europa dopo l’università sarebbe un passo indietro, o comunque di lato, per la sua carriera. 

Secondo Ava Lung, centrocampista offensiva di Harvard, «nel calcio americano la fisicità gioca un ruolo importante, mentre nel calcio italiano abbiamo notato una maggiore enfasi sull’abilità tecnica». Certo, anche lei ribadisce che il modello statunitense affonda il suo successo nella maggior attenzione data alla formazione delle atlete sin dai primi calci, perché «negli Stati Uniti l’attenzione allo sviluppo del calcio giovanile e le molte risorse disponibili fin dalla giovane età consentono di avere un pool più ampio di giocatrici tra cui scegliere». Allo stesso tempo, però, Lung è rimasta colpita dal lavoro del Milan: «È bello vedere che club come il Milan stanno lavorando molto, si stanno sforzando per aumentare l’accessibilità al gioco fin dalla giovane età». All’amichevole hanno partecipato anche alcune giocatrici della squadra Primavera rossonera.

La squadra di Harvard partecipa al torneo di calcio femminile dell’Ivy League e a quello NCAA (Foto AC Milan)

Cosa manca, quindi, al calcio femminile (anche statunitense) per arrivare a esibirsi in palcoscenici del genere? «Pensiamo che la parità retributiva sia estremamente importante», dice Karpenko. «È incredibile vedere fino a che punto è arrivato il calcio femminile, ma c’è ancora molto spazio per migliorare. Oltre all’equal pay, le donne meritano condizioni e strutture a livello di quelle maschili».

È innegabile, però, che il calcio femminile italiano ed europeo stia crescendo. Si evince proprio dal fatto che una delle più importanti rappresentative universitarie statunitensi abbia deciso di far visita al Milan per imparare qualcosa. Lo riconosce Laura Fusetti: «Il nostro livello si sta alzando sempre di più, stiamo migliorando molto, ma c’è ancora tanto da fare. Squadre come quella universitaria che abbiamo incontrato per l’amichevole ci fanno capire quanto margine di miglioramento possiamo avere se diamo importanza al calcio formando le calciatrici del futuro sin da piccole. Devo dire, in ogni caso, che a livello di settore giovanile anche nel nostro paese sono stati fatti grandi progressi». L’America, sì, è lontana. Ma non sta più, come cantava Lucio Dalla, dall’altra parte della luna.