Mateo Retegui non è solo un tappabuchi

L'Italia di Mancini ha trovato l'attaccante che le mancava?

Mateo Retegui ha le gambe lunghe e due spalle larghe che spesso, quando gioca, si incassano nella postura di un pugile. Dentro la divisa azzurra, con i polsi fasciati e il taglio degli occhi un po’ a mandorla, somiglia a un combattente di qualche anime giapponese. Forse, se non avesse dovuto ereditare da suo padre Carlos – leggenda dell’hockey su prato argentino, vincitore di un oro olimpico a Rio da commissario tecnico ed ex politico kirchnerista – il soprannome di Chapita (un equivalente di Loco) ora verrebbe chiamato Chino, oppure qualcosa di ancora più specifico tipo Goku, come l’ex calciatore cileno Diego Rivarola. Nelle prime due partite ufficiali giocate con la maglia della Nazionale italiana, valide per qualificarsi ai prossimi Europei, Retegui ha segnato due gol, a freddo, senza che nessuno sapesse chi sia veramente, da dove venga. Roberto Mancini, di recente, si è lamentato dell’attuale momento dei centravanti italiani, alcuni infortunati, altri semplicemente poco utilizzati nei club, e ha cercato di porre rimedio alla situazione convocando – in virtù dei suoi avi di Canicattì – la punta di San Fernando, la città che ha dato i natali anche a Juan Román Riquelme: sicuramente l’auspicio di Mancini, che per caratteristiche lo ha paragonato al primo Batistuta, è quello di trovare in lui un attaccante in grado di metterlo in difficoltà nelle scelte anche quando avrà a disposizione tutti i componenti di un reparto che, per un motivo o per l’altro, è da anni il punto debole della Nazionale.

Per chi segue la Nazionale, trovarsi davanti la figura esotica e inaspettata del 24enne capocannoniere del campionato argentino (19 gol in 27 partite lo scorso torneo, sei in sette in quello in corso) deve essere stato straniante. Una sensazione accentuata dal modo ruvido e definito in cui Retegui interpreta il ruolo del centravanti. Se, tra gli attaccanti a inizio ciclo, Scamacca è di gran lunga il numero nove italiano più forte in fraseggio, in rifinitura e nel coordinarsi e Raspadori è una punta atipica, mobile, con un ventaglio enorme di soluzioni tecniche, Retegui sembra un centravanti molto più stilizzato, pare certi versi quasi anacronistico. Le abilità che, vedendolo giocare, rubano davvero l’occhio sono principalmente il colpo di testa – già esibito nell’incornata di pura potenza contro Malta – e la capacità di resistere fisicamente alla marcatura dei difensori alle spalle e alle varie situazioni di gioco che sfociano in duello corpo a corpo.

Contro l’Inghilterra, dopo un paio di occasioni in cui si è visto anticipare da Maguire, ha preso le misure ai suoi marcatori e ha iniziato a vincere duelli, a nascondere il pallone all’ombra del suo corpo, riuscendo persino a far espellere Shaw lasciando sfilare il pallone verso la profondità. Definirlo un centravanti di manovra rende l’idea solo restringendo un po’ il campo: tecnicamente non possiede grandi mezzi, a partire dal primo controllo, ma si è sempre offerto come punto di riferimento di uscite più dirette, sia venendo incontro per sponde e appoggi veloci, sia lottando in mezzo ai centrali, ingaggiando duelli fisici, spizzando per gli esterni. La sua tecnica è circoscritta e istintiva: con la porta di fronte, non ha ancora sviluppato doti di rifinitura particolari, né colpi straordinari nel traffico. Le sue migliori giocate di qualità, in questo senso, sono controlli a seguire, o situazioni in cui riesce a girarsi agilmente con la palla al piede e lanciarsi in progressione, aiutandosi anche con il fisico.

Il Tigre, la squadra in cui gioca in prestito dal 2022, si schiera abitualmente con il 4-2-3-1 e pratica un calcio basato sul possesso, garantendo un rifornimento costante di cross dalle fasce, ma riuscendo anche a ribaltare continuamente il campo in transizione. Avere calciatori in grado di imporre una superiorità atletica quando il campo si allunga – succede molto spesso e molto presto, nelle partite di Primera División – è spesso una delle chiavi per avere successo nel campionato argentino, e Retegui in questo senso è stato sempre determinante per la sua squadra: pur non avendo il primo passo di Colidio, l’ex Inter che gli gioca alle spalle, ci fraseggia e spesso ne raccoglie le sponde, la sua progressione è potente e diventa ancor più efficace se l’avversario prova ad agganciarsi a lui usando il fisico, grazie a una resistenza al contatto che ricorda quella di un giocatore di hockey su ghiaccio, ancor più che su prato, lo sport che, come il padre, ha praticato da bambino prima di scegliere il calcio.

Mateo Retegui è un attaccante che ha come habitat naturale gli spazi aperti, dove può cercare l’allungo, usare il suo fisico possente per duellare con il marcatore, ma anche nascondere alcune imprecisioni tecniche. I due gol segnati nelle sue due prime partite con la Nazionale, in fin dei conti, raccontano bene che tipo di attaccante è: in quello contro l’Inghilterra, anche se smarcato, mostra l’ottima capacità di incrociare sul secondo palo, e più in generale la freddezza davanti alla porta, scegliendo soluzioni sia di potenza che di precisione, sia col destro che col sinistro, sia da media distanza che in area. Quello contro Malta, invece, indica la nicchia in cui eccelle, ovvero il colpo di testa, con cui ha segnato dieci dei quaranta gol realizzati nella sua carriera di club. Lo stacco esplosivo e la potenza con cui esegue ogni giocata aerea danno la sensazione che voglia spaccare la porta, ma in realtà sono solo una parte della sua bravura in questo fondamentale: contro il River Plate, ad esempio, ha trovato la rete allungando un cross sul secondo palo con una spizzata molto furba. In generale, sa alternare torsioni a cercare l’angolo e violente incornate frontali.

Conosciamo un po’ meglio Mateo Retegui

Insomma, Mateo Retegui sembra esaltarsi nella dimensione più corporale del gioco, nelle dimostrazioni di forza, ha una fiducia piena nella sua potenza e nella sintonia solidissima con il gol, una sintonia che inizialmente ha faticato a trovare (all’Estudiantes e al Talleres, le prime due squadre a cui lo ha prestato il Boca Juniors, ha segnato soltanto otto gol totali in due stagioni) e che in questa fase della sua carriera sembra venirgli naturale, al punto da accompagnarlo anche nell’esordio con l’Italia. La continua ricerca della porta, anche in situazioni proibitive, è la diretta conseguenza della sue caratteristiche ma non pregiudica il suo modo di stare in campo: Retegui è intelligente e sempre presente quando deve interagire coi compagni, ed è naturalmente predisposto in maniera estrema al sacrificio, che si tratti di offrire costantemente una linea di passaggio in profondità attaccando lo spazio, di pressare i portatori o lottare tra in mezzo ai difensori per ripulire un pallone.

In Argentina, la capacità di trasformare ogni palla alta in un pericolo e di precludere l’anticipo a chiunque o quasi, quando viene incontro con l’uomo alle spalle, sono le doti, insieme all’istinto e alla potenza che sprigiona in area, che lo hanno reso uno dei giocatori più interessanti del campionato, e che potranno essere utili anche in Italia, dove quel tipo di punta, al di là della Nazionale, viene spesso ricercato. Roberto Mancini, nella conferenza stampa tra la partita con l’Inghilterra e quella contro Malta, riferendosi a Retegui, ha detto qualcosa di molto simile al commento di Pep Guardiola dopo aver allenato la prima volta Julián Álvarez: «Lo seguivamo da tempo e forse non ci abbiamo visto male». Lionel Scaloni, in sostanza, ha detto che che l’Argentina per quel ruolo è coperta e non sarebbe stato corretto precludergli di giocare l’Italia, visto che non avrebbero potuto garantirgli un posto nell’Albiceleste. È una sliding door particolare, forse qualcosa di simile a una bocciatura, tenendo conto che Scaloni ha sempre gestito le proprie convocazioni con un approccio molto sperimentale, peraltro simile a quello di Mancini, che in questo caso ne ha approfittato. Probabilmente, Mateo Retegui non sarà il giocatore che interromperà la lunga assenza di un numero nove d’élite dalla Nazionale italiana, né – al momento – è un calciatore più forte, in senso assoluto, di Scamacca e Raspadori. Ma è un tipo di centravanti che può ritagliarsi un ruolo specifico e di impatto: le punte giovani hanno tutte delle caratteristiche atipiche, lui invece è più tradizionale, è abile ad attaccare la profondità, vince i duelli in area di rigore ed è dominante dal punto di vista fisico. Tutte caratteristiche che all’Italia, in questo momento momento storico, mancano in maniera evidente.