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L’attaccante che non segna

Perché Giroud è fondamentale per la Francia anche se non ha ancora fatto gol.

È il 45° minuto della finale del Mondiale 1998 tra Francia e Brasile, e il risultato è di 1-0. Un lancio lungo di un difensore francese e l’incredibile buco di un brasiliano liberano Stéphane Guivarc’h, con la maglia numero 9, solo davanti a Taffarel. Guivarc’h ha 27 anni, in carriera ha sempre giocato in Ligue 1 e non ha mai segnato una rete nella Coppa del mondo. Ha sui piedi l’occasione del raddoppio, ma la sua fretta di tirare si trasforma in una conclusione di sinistro poco elegante che il portiere devia in angolo. Sul corner, battuto da Petit dalla stessa posizione del vantaggio segnato da Zidane, la palla arriva sempre a Guivarc’h sul secondo palo. Il tentativo di dribbling su Dunga è sgraziato, il numero 9 del Bleus perde l’equilibrio e cade da solo dopo il cross, ma il pallone termina comunque in calcio d’angolo. E, questa volta dall’altra bandierina, Zidane segna di testa il gol del 2-0 per la Francia futura campione del mondo.

Quel minuto è la sintesi del Mondiale di Guivarc’h, scoordinato ma efficace, silenzioso ma fondamentale. Nei 268 minuti giocati ci sono 16 tiri di cui solo tre in porta, zero gol segnati e una coppa alzata al cielo di Parigi. Delle quattro squadre semifinaliste quest’anno in Russia, l’unico centravanti che non ha ancora trovato la rete è proprio quello della Francia, Olivier Giroud, anche lui con il numero 9 sulla schiena come Guivarc’h. Oggi Guivarc’h ha 47 anni e non ci sta a passare per carneade: «Chi diceva che la Francia giocava senza punta centrale non capiva niente di calcio». Allo stesso tempo, quindi, non può che difendere, se non addirittura rivedersi in lui, Giroud: «Avevo il suo stesso ruolo. Come lui, ero capace di proteggere la palla spalle alla porta e di far salire la squadra».

Il 45′ di Francia-Brasile e la doppia occasione per Stéphane Guivarc’h

Il Mondiale di Olivier Giroud è iniziato al 70′ della prima partita. Francia e Australia erano bloccate sull’1-1 e il 4-3-3 dei Bleus, con Griezmann centrale e Mbappé e Dembélé ai suoi lati, non riusciva a scardinare la difesa dei Socceroos. Giroud è entrato e Deschamps è passato al 4-2-3-1. Dieci minuti dopo, una sua sponda ha liberato l’inserimento centrale di Pogba, che con un pallonetto toccato da Behich ha segnato il gol della vittoria. Anche nel match successivo, quello contro il Perù, Giroud è stato decisivo per la rete del definitivo 1-0 siglata da Mbappé: il suo tiro di sinistro è stato deviato da un difensore, ha scavalcato il portiere e l’attaccante del Paris Saint-Germain lo ha comodamente appoggiato in rete da due passi.

Dalla seconda sfida in poi, la Francia si è sempre schierata con il 4-2-3-1 e Giroud non è più stato sostituito. L’ex Pallone d’Oro Jean-Pierre Papin ha definito il suo lavoro «invisibile», il ct Deschamps e il terzino sinistro Lucas Hernandez hanno usato parole molto simili per elogiare la punta del Chelsea («È quando non c’è che ci rendiamo conto di quanto possa essere utile», il primo; «Quando Giroud manca, si sente», il secondo) e Youri Djorkaeff, titolare al fianco di Guivarc’h nella finale del 1998, ha indovinato la sua previsione fatta dopo la partita con l’Australia: «Dagli ottavi di finale, giocheremo con Giroud titolare».

La sponda per il gol vittoria di Pogba contro l’Australia

Giroud contro l’Uruguay ha toccato la palla 49 volte, ma lo ha fatto solo due volte in area di rigore. Basta questo dato per commentare quello che è stato finora il Mondiale del numero 9 francese, un paradosso tra i soli sette tiri (in porta: zero) e i sei passaggi chiave (primo nella rosa di Deschamps), tra cui spicca l’assist per il 4-2 di Mbappé contro l’Argentina. Soprattutto, Giroud è il transalpino che ha ingaggiato il maggior numero di duelli aerei in Russia, 31, vincendone quasi uno su due (15 contro 16). Cercando il suo nome tra le foto di Getty Images ci sono praticamente solo colpi di testa e la prestazione negli ottavi di finale è il manifesto del suo torneo: lotta su ogni pallone, gioca di sponda spalle alla porta liberando i compagni, difende il pallone alla bandierina ma, quando si trova in area con un po’ di spazio per tirare, prima sbaglia il controllo e poi trova solo l’esterno della rete con un sinistro di prima intenzione.

Già nel 2016 Oscar Cini su Undici scriveva che «nel sistema di gioco di Wenger, Giroud rappresenta il collante perfetto, il tipo di giocatore che riesce a creare connessioni e legare i movimenti in velocità con i vari Sanchez, Walcott, Cazorla o gli inserimenti silenziosi di Ramsey. (…) Di sovente l’ex Montpellier si abbassa per fare da perno intorno a cui far girare il resto dei movimenti offensivi della squadra, come un pivot dalle spiccate doti tecniche capace di giocare per sé ma di essere, al contempo, fondamentale per gli altri». Le sue caratteristiche non sono cambiate in questi anni. Nei giorni scorsi, Deschamps ha sottolineato: «È vero che non ha ancora segnato − e ripeto, ancora − ma è importante per la nostra squadra e per il nostro stile di gioco. (…) Olivier è sempre molto generoso e non si lamenta quando si tratta di lavorare sodo. Può non essere spumeggiante come altri giocatori, ma la squadra ha bisogno di lui in ogni partita. Anche quando non segna, è utile in attacco, sulle palle alte e in difesa. Fa molte cose durante la partita e i compagni traggono beneficio dalla sua presenza perché attira su di sé le attenzioni dei difensori».

La partita di Giroud contro l’Argentina

L’analisi di The Pride of London non parte invece dalle qualità offensive di Giroud, bensì dalla sua importanza in fase di pressing: «Quando le squadre avversarie impostano l’azione dalla difesa, Giroud applica diversi livelli di pressione. Se Griezmann o Mbappé si uniscono al pressing, corre verso l’ultimo difensore o verso il portiere. Altrimenti si ferma, pronto per ripartire in contropiede». Anche L’Équipe ha evidenziato come sia la «prima lama del pressing dei Bleus». L’esempio più lampante arriva dai quarti di finale. Al 61′, sull’1-0, Lloris cerca la sua testa con un rilancio con i piedi. L’ennesima sponda (alla fine del match con l’Uruguay di Godín e Giménez saranno sette i suoi duelli aerei vinti, la miglior prestazione in cinque gare) riesce a metà, perché Cristian Rodríguez recupera palla a centrocampo. Giroud lo rincorre sulla fascia sinistra e per due volte sporca il passaggio dell’avversario in maniera decisiva, perché poi arriva Pogba che ribalta il fronte dell’azione e dà il la al raddoppio di Griezmann dalla distanza.

Con 31 gol in 79 presenze con la maglia della Nazionale, la punta del Chelsea non è però solo “l’attaccante che non segna”. Nella classifica dei marcatori all time della Francia è al quarto posto a pari merito con Zidane e davanti a loro ci sono tre mostri sacri come Thierry Henry, Michel Platini e David Trezeguet. Ma il Giroud di questo Mondiale è tutto nelle parole dette in conferenza stampa dopo Francia-Uruguay: «Quando sei un attaccante come me, devi sempre giocare per i tuoi compagni di squadra. È ovvio che preferirei avere occasioni e segnare, ma se posso creare spazio per gli altri, cerco sempre di scegliere l’opzione giusta per la squadra. È la cosa più importante. Quando la Francia ha vinto il Mondiale nel 1998, credo che Dugarry segnò un solo gol e Guivarc’h neanche uno. Non mi interessa non fare gol se poi diventiamo anche noi campioni del mondo. Se gioco, è perché l’allenatore pensa che io possa essere utile alla squadra. Ho un compito da svolgere». Lo sa, e lo fa.

Il recupero di Giroud su Cristian Rodríguez